Una sineddoche cinematografica
Un film bistrattato che non se lo meritava
Babylon (Usa, 2022)
Regia e Sceneggiatura: Damien Chazelle. Produttore: Olivia Hamilton, Marc Platt, Matthew Plouffe. Produttore esecutivo: Michael Beugg, Dave Caplan, Jason Cloth, Helen Estabrook, Wyck Godfrey, Tobey Maguire, Adam Siegel. Casa di produzione: Paramount Pictures, C2 Motion Picture Group, Marc Platt Productions, Wild Chickens Productions, Organism Pictures. Distribuzione in italiano: Eagle Pictures. Fotografia: Linus Sandgren. Montaggio: Tom Cross. Musiche: Justin Hurwitz. Scenografia: Florencia Martin, Eric Sundahl, Anthony Carlino. Costumi: Mary Zophres. Effetti speciali: Elia P. Popov, John L. Wreckworth. Trucco: Heba Thorisdottir, Arjen Tuiten. Paese di produzione: Stati Uniti d'America, 2022. Durata: 189'. Genere: Commedia, Drammatico, Storico. Interpreti: Diego Calva (Manuel), Margot Robbie (Nellie), Brad Pitt (Conrad), Jovan Adepo (Sidney), Li Jun Li (Fay), Tobey Maguire (McKay).
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Questo film è stato molto chiacchierato quando uscì, poi è passato nel dimenticatoio visti i pochissimi risultati al botteghino e gli zero premi Oscar (aveva mire altissime, invece anche le candidature erano mediocri). Eppure ricordavo che era intrigante; per fortuna una mia amica mi ha fatto notare che potevo trovarlo su Netflix.
La trama ruota attorno a diverse figure che vivono nel mondo del cinema a cavallo degli anni venti e trenta, quando ci fu una grande rivoluzione nello stesso a causa dell’introduzione del sonoro. Si tratta di un musicista di colore che viene preso a suonare per i film, di una sfrenata ragazza che diventa una diva, di un tuttofare che fa carriera e di un grande attore che cade lentamente in declino. Le loro storie, perlopiù, non si intrecciano molto, ma si toccano nel grande arabesco disegnato che è il film stesso e che parla, più della storia di una persona, di un mondo nella sua interezza.
Chazelle ci presenta una sineddoche cinematografica. Ci parla di un preciso momento storico e di alcune persone per raccontarci in generale del mondo del cinema e di come (secondo lui) funziona e si ripete. Certe volte è un giudizio estremamente distruttivo, altre volte una sperticata dichiarazione d’amore. Il film è sfrenato e decadente nella parte iniziale, con una incredibile quantità di turpiloquio (che in verità non passa mai completamente) e scene di sesso perverso e/o esplicito, tutto confezionato in una forma comica. Mano a mano che prosegue, la storia diventa interessante e quasi educativa nel narrarti il cambiamento nel mondo del cinema e come funzionava. Si passa infine a una parte tragica con la fine di quasi tutte le trame per poi, in coda, dare un barlume di speranza. Una girandola emotiva che si può permettere anche di fronte alle sue oltre tre ore di lunghezza. C’è da dire però che non stanca né annoia mai, il ritmo è serrato e quello che si vede a schermo è sempre degno di interesse.
Il cast brilla in un modo incredibile, come spesso succede in prodotti corali con molti ottimi attori. Brad Pitt (che ammetto essere uno dei miei preferiti) se la cava sin troppo bene nel ruolo del divo decadente. Margot Robbie è in stato di grazia e non per la sua rinomata bellezza, ma per una capacità notevole. Non si ferma mai, è un uragano sullo schermo. C’è una breve parte per Tobey Maguire che se la cava, ma forse poteva sembrare più matto di quanto non sia. Diego Calva è il protagonista morale della storia. Il suo personaggio è il mio preferito e lui lo veste come un guanto.
Sul piano tecnico il film ha molto da dire. Il montaggio è azzeccato e l’uso dei movimenti di macchina non sarà da Oscar (non l’ha vinto), ma è raffinato ed efficiente. Le scenografie e i costumi fanno una parte importante ricreando in modo fedele un mondo di cento anni fa.
Un film bistrattato che non se lo meritava, in parte critica feroce, in parte testimonianza dell’andamento ciclico (non a caso nel finale propone scene di grandi film che hanno cambiato tutto, come lo è stato l’introduzione del suono) del mondo del cinema, ma soprattutto grande dichiarazione d’amore che non posso che condividere.
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