Il verdetto di Richard Eyre

Sceneggiato secondo i crismi delle pellicole d’autore

Un film che approfondisce un carattere femminile complesso rendendolo protagonista del dramma

Il verdetto (Regno Unito, 2017)
Regia: Richard Eyre. Soggetto e Sceneggiatura: Ian McEwan. Fotografia: Andrew Dunn. Montaggio: Dan Farrell. Musiche: Stephen Warbeck. Distribuzione (Italia): BiM Distribuzione. Titolo Originale: The Children Act. Lingua Originale: Inglese. Paese di Produzione: Regno Unito, 2017. Durata: 105’. Genere: Drammatico. Interpreti: Emma Thompson (Fiona Maye), Stanley Tucci (Jack Maye), Fionn Whitehead (Adam Henry), Ben Chaplin (Kevin Henry), Eileen Walsh (Naomi Henry), Anthony Calf (Mark Berner).

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The Children Act è il titolo originale di questo ottimo film tratto dal romanzo La ballata di Adam Henry (2014) di Ian McEwan. Non ringrazierò mai abbastanza Rai 5 di esistere, un canale digitale che passa pellicole integrali (titoli di coda compresi) - senza interruzioni pubblicitarie - e subito dopo le rende disponibili su Rai Play. Ho scoperto Il verdetto grazie al benemerito canale Rai e mi sono immerso nel racconto dell’esistenza di Fiona Maye (Thompson) - una giudice londinese con problemi coniugali - che viene chiamata a decidere un caso di trasfusione di sangue su Adam Henry (Witehead), un diciassettenne affiliato ai Testimoni di Geova. The Children Act è - appunto - la legge che tutela i minori e che consente alla giudice di far praticare sul ragazzo un trattamento sanitario obbligatorio. Il momento delicato che vive Fiona - con il marito Jack (Tucci) in fuga per un’avventura dopo essere stato troppo trascurato - porta la giudice a vivere il caso in maniera emotiva, con tanto di visita al paziente in ospedale e un rapporto troppo personale che il ragazzo non avrebbe mai creduto possibile. Il problema è che Adam, una volta uscito dall’ospedale, ricerca disperatamente la compagnia di Fiona perché pensa che sia la sola persona al mondo capace di indicargli la strada giusta da seguire. Adam prova una sorta di amore intellettuale per Fiona, che si difende dalle insistenti avances grazie a un carattere irremovibile e apparentemente deciso, ma alla fine crolla, dopo un rapido bacio e una tragica notizia che non rivelo. La ballata di Adam Henry, versione romanzo, punta le sue carte sul nome del ragazzo e sul fatto che è appassionato di chitarra, strumento grazie al quale la giudice riesce a stringere un legame, intonando sul letto di ospedale una famosa ballata poetica. Potremmo definire questo lavoro come un film giudiziario, perché sono numerose le sequenze girate in tribunale, ma preferiamo parlare di cinema drammatico tout court, sceneggiato secondo i crismi delle pellicole d’autore, senza tradire le intenzioni letterarie di McEwan che si occupa in prima persona di tradurre la storia per immagini. Il verdetto è cinema dall’impianto teatrale (non è un difetto) basato in gran parte sulla recitazione degli attori - tutti bravissimi, da Thompson a Tucci, passando per il giovane Whitehead - girato quasi completamente in interni, tra rapidi campi e controcampi. Montaggio compassato e consequenziale (Farrell), con pochi flashback del passato (la vita sentimentale di Fiona), per una durata di 105’, la giusta misura per narrare una storia piccola ma complessa. Fotografia londinese nitida (Dunn), apprezzabile nelle panoramiche esterne, mentre una stupenda colonna sonora al pianoforte (Warbeck) sottolinea i momenti drammatici. Un film che approfondisce un carattere femminile complesso rendendolo protagonista del dramma. Da vedere.

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A cura di Gordiano Lupi



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