Star Wars: Episodio VII - Il risveglio della forza di J.J. Abrams

Un nuovo pericolo minaccia la Galassia: è il Primo Ordine, generato dal lato oscuro della Forza. La giovane Rey salva il droide BB-8 e scopre che in esso vi è memorizzata una parte della mappa che può rivelare dove si è rifugiato Luke Skywalker, l'ultimo degli Jedi. Alleatasi con un disertore, Finn, decide di condurre BB-8 dalla principessa Leia, che guida la Resistenza. Durante il viaggio, incontra Han Solo e Chewbacca. Insieme, si scontrano con il potente e misterioso Kylo Reno, comandante del Primo Ordine. 
Una premessa: se si va a vedere Star Wars – Il risveglio della forza spinti dall'effetto nostalgia, tanto vale lasciar perdere. Il cinema (americano/d'avventura/fantasy/di fantascienza, ma anche mainstream e d'autore), dal 1977 (anno in cui uscì Guerre stellari) a oggi,  è cambiato in maniera esponenziale (se in meglio o in peggio non sta a chi scrive stabilirlo), e probabilmente proprio con il film di Lucas ebbe inizio il mutamento. Non si può quindi mettere a confronto il prototipo, che resta sempre il migliore, seguito a breve distanza da L'impero colpisce ancora, con il film attualmente nelle sale (in quasi tutte le sale, cosa che ha fatto infuriare anche Tarantino: da quale pulpito). D'altra parte non siamo di fronte a un (qualsiasi) remake, di quelli realizzati un tanto al chilo, ma a un sequel che riprende trent'anni dopo la vicenda della Trilogia Originale, interrotta alla fine de Il ritorno dello Jedi (i film successivi, per chi non lo sapesse, raccontano in realtà l'antefatto). Sarebbe da capire quanto Lucas sia stato effettivamente coinvolto in prima persona: l'acquisizione da parte della Disney della sua casa di produzione, la Lucasfilm, potrebbe aver tolto al grande regista e produttore (tanto per dire, consacrato da Camille Paglia con l'iperbolico giudizio di “ultimo grande artista americano”) voce in capitolo nella progettazione del film. Ammettiamo in questo senso la nostra ignoranza: la questione ci appare onestamente più indecifrabile del lato oscuro della Forza. In ogni caso, la designazione di J.J. Abrams come regista non può essere equiparata alle scelte di Irvin Kershner (L'impero colpisce ancora) e Richard Marquand (Il ritorno dello Jedi), poiché l'attuale peso specifico dell'autore di Lost è senza dubbio superiore a quello dei suoi pur bravi predecessori - non a caso è anche co-sceneggiatore e co-produttore. Però va nella stessa direzione. Insomma, la sensazione è che Lucas non se la sentisse di tornare dietro la macchina da presa (per vari motivi, tra cui uno, forse decisivo, che potremmo definire affettivo) e avesse bisogno di un giovane regista specializzato in film d'azione e avventura (suoi sono Star Trek del 2009 e Into Darkness – Star Trek del 2013) che modernizzasse il tutto ma seguendo lo schema base su cui sono stati creati non solo i primi film della saga ma quasi tutte le produzioni della Lucasfilm (risultano abbastanza evidenti i rimandi a titoli come Labyrinth – Dove tutto è possibile e Willow). E bisogna ammettere che Abrams ha svolto il compito in maniera precisa, riuscendo persino ad armonizzare l'alternanza ritmi veloci/ritmi lenti, azione/introspezione (cosa non facile considerati i limiti dei cineasti d'oggigiorno). Ovviamente a un tale risultato è giunto anche grazie all'apporto in sede di sceneggiatura del maestro Lawrence Kasdan, autore degli script di L'impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi (nonché collaboratore di Spielberg per I predatori dell'arca perduta e regista di film epocali come Brivido caldo, Il grande freddo, Silverado e Turista per caso), sapiente elaboratore di complesse strutture cinematografiche che utilizzano materiali alti e bassi con uguale disinvoltura. Certo, la direzione degli attori non è delle migliori, Harrison Ford e soprattutto Carrie Fisher paiono spaesati, e questo rende meno efficace il pathos che dovrebbe emergere nelle scene di maggiore impatto emotivo (quelle in particolare nelle quali più evidenti risultano gli agganci con la Trilogia Originale: relazione sentimentale tra Han Solo e la principessa Leia eccetera). Manca, inoltre, il tocco esoterico/mistico/filosofico di Lucas, e manca l'apporto dei tanti grandi artisti che mossero i primi passi con Guerre Stellari e hanno fatto poi la storia del cinema; rileggersi i crediti e i non accreditati, please: Richard Edlund, Dennis Muren, Joe Johnston, Dan O'Bannon, Phil Tippett, Bob Keen, Ron Cobb, Rick Baker, Rob Bottin, Doug Beswick, Roger Christian, Paul Hirsch, John Dykstra, Tak Fujimoto, Ronnie Taylor, Lionel Newma, Carroll Ballard: bastano? Siamo di fronte, in conclusione, a uno spettacolo gradevole ma che vive un po' di rendita, senza cadute di tono (ed è già molto) ma anche senza particolari picchi di genialità (se non forse in quella che può essere considerata la sequenza clou, vale a dire l'incontro tra Han Solo e Kylo Ren o nel finale). Ricorda, in questo, l'altro kolossal campione d'incassi dell'anno, Jurassik World. Il cui regista, Colin Trevorrow, dirigerà non a caso il terzo capitolo della Trilogia Sequel.
     
a cura di Roberto Frini