Manoscritto ritrovato da Alfonso Fioravanti in data 28/11/1905 presso Zignano, in una casa di proprietà di un membro dello staff universitario di Pisa deceduto nel 1827, il cui nome sembra sia stato cancellato dagli annali.
Parte I – Il Ritrovamento
02/05/1827
Non oso nemmeno esprimere l’entusiasmo che sto provando in questo momento, io umile studente di archeologia portato finalmente in una spedizione sul campo.
Il mio professore è ormai un provetto viaggiatore con decennale esperienza di scavo. È un onore poterlo accompagnare. Sicuramente la mia discendenza da antenati autoctoni della zona ha influito sulla scelta della mia presenza in loco, ma poco importa.
Ho potuto ascoltare una conversazione molto interessante prima della partenza tra il mio professore e il suo collega del dipartimento di Storia in cui accennavano che si tratta di una potenziale scoperta epocale che potrebbe chiarire alcuni punti sulle antiche civiltà eneolitiche.
Oggi siamo partiti con tutta l’attrezzatura per procedere e assistere alle fasi dello scavo e in giornata potremmo già mettere mano ai primi ritrovamenti. Non sto più nella pelle ormai.
Giunti presso Novà, nel comune di Zignano, ci dirigiamo verso il sito del ritrovamento del tutto fortuito e possiamo iniziare ad intravedere la testa delle Statue-Menhir.
È un’opera meravigliosa nel suo complesso, di tipo antropomorfo, doveva essere una raffigurazione molto comune alle popolazioni pre-protostoriche dell’Europa a partire dal III millennio. Secondo gli studi effettuati finora, per secoli queste statue sono state distrutte in quanto considerate lasciti di divinità pagane e non esiste una documentazione certa su quante ne siano state rinvenute fino al XVIII secolo. Oggi tenteremo un’estrazione dopo aver scavato tutt’intorno per evitare in ogni modo di danneggiarla, continuerò il resoconto al termine della giornata.
Dopo una giornata completa dedicata all’escavazione del reperto possiamo affermare quanto segue:
La statua raffigura con tratti stilizzati un essere umano, in questo caso con quelle che sembrano mani conserte verso il centro del corpo, e stringono quello che rappresenta un pugnale sotto di esse, verosimilmente identificando un guerriero. La testa è larga ad arco a forma di U, con un accenno di fori per gli occhi. È stata chiaramente vittima di una forma di iconoclastia perché ha lacuna nel basamento palesemente danneggiato in tempi antichi.
La mia opinione come quella del professore è che la statua-stele sia una sorta di rappresentazione di divinità o di antenati eroicizzati. La zona non è né un insediamento né una necropoli, visto che non ci sono altri ritrovamenti collegabili, ergo potrebbe essere stata un’area ritenuta sacra oppure un punto focale per celebrazioni e a ricordo di qualcosa. Al termine di questa giornata non posso fare a meno di trarre le più fantasiose conclusioni anziché riflessioni di carattere scientifico. L’ora è tarda e devo decisamente riposare le mie stanche membra. È stata una giornata meravigliosa.
Parte II – La Visione
03/05/1827
È stata una notte estremamente anomala e ricca di sogni contornati da stranezze e momenti inquietanti. Difficilmente ricordo un sogno l’indomani, ma stavolta mi è rimasto impresso come lingue ardenti di fiamma invisibile sulla mia pelle e nella mia memoria. Un sogno vissuto in prima persona, e forse è per questo che mi è restato particolarmente impresso.
Ricordo un cielo terso al pari di un cristallo d’un azzurro perfetto, il sole non troppo caldo ma decisamente piacevole al contatto con la pelle. Non indossavo le mie normali vesti ma ero quasi nudo, se non per una pelliccia di animale sulla schiena, mani e piedi ignudi e completamente sporchi di terra, ma nonostante questo non provavo nessun tipo di paura per malattie o quel senso di sporco, era come se fosse perfettamente normale. Dopo aver contemplato la maestosità del cielo mi sono dedicato all’assoluta bellezza dell’ambiente che mi circondava. Colline e pianure completamente verdi che pareva di essere in un Eden. La sensazione che provavo quando respiravo era identica a quella che ti dona il respirare sulla cima di un’alta montagna, ma rimanendo molto al disotto del livello del mare.
Che razza di visione è mai questa? L’impressione di essere a casa è fortissima, ma allo stesso tempo mi pare di non esser qui. Non posso fare altro che incamminarmi e provare a scoprire qualcosa di più su quello che sto vivendo adesso.
Percorro molti passi in una direzione verso l’ignoto, non comprendendo bene dove io sia. Solo una cosa interrompe il mio cammino, un forte battito di tamburi, un’eco che risuona in questa valle di puro niente ma che riesce a farmi battere il cuore al suo sinistro ritmo.
Arretrare o fuggire? La paura dell’ignoto attanaglia il mio cuore ma la brama di sapere mi spinge sempre e comunque avanti, e adesso voglio sapere cosa sia questo battito, questo ritmo che sa di ancestrale.
Arrivo verso un rialzamento che si affaccia su una valle molto più piccola del panorama attuale che pareva sconfinato. Il rumore di quei tamburi si fa sempre più nitido e cautamente mi affaccio. Vedo qualcosa ma non capisco.
La paura mi attanaglia e, notando un grande sasso, lo prendo e lo spingo con tutte le mie forze sull’orlo della rupe per poterlo usare come nascondiglio in piena luce e poter provare a sbirciare da sopra.
Vedo qualcosa di strano ma che non riesco a metabolizzare, sento qualcosa di oscuro che non riesco a comprendere. Riapro gli occhi e sono nel mio letto grondante sudore e paralizzato come dopo il più nero degli incubi.
Ormai è quasi l’alba e lascio perdere qualsiasi tentativo di addormentarmi, sarebbero tentativi vani. Il cuore batte come lo scalpitare di uno stallone in corsa e le tempie mi pulsano allo stesso ritmo. Attendo in quiete, seduto, che sia il momento di partire alla volta dello scavo ma non posso riportare quanto ho visto nel sogno.
Ormai è nuovamente sera e dopo una breve cena frugale, vista l’assenza di appetito che mi ha accompagnato per tutto il dì, mi limito a ingurgitare quanto mi è necessario per avere forze bastevoli per l’indomani.
La giornata di lavori allo scavo è stata a dir poco bizzarra e quasi blasfema nel suo complesso. Abbiamo ritrovato sotto il suo scarno alcuni frammenti di pietra di grandezza medio piccola, dello stesso materiale ovvero arenaria, che inizialmente non avevano molto da dirci, fino a che non abbiamo iniziato una blanda prova di restauro.
Siamo riusciti ad assemblare i pezzi, restituendo così quasi la completezza al basamento. L’eccitazione era grande, fino a che uno di noi, la persona che aveva assemblato i frammenti, non è stato colto da un ictus improvviso ed adesso è in coma all’ospedale più vicino senza sapere se si riprenderà. Non finisce qui questa successione di eventi bizzarri: per prendere aria mi sono fatto una lunga camminata fino ad arrivare all’apice più alto dove si può vedere il punto dello scavo e ho notato qualcosa che mi ha fatto accapponare la pelle, il masso del mio sogno. Esattamente quel masso che ho spostato per nascondermi. Giuro su Dio e su mia madre, era proprio quello. Dopo un momento di terrore ho realizzato che probabilmente avevo già visto quel masso e l’ho portato con me nei miei sogni.
Certo, deve essere andata così.
Parte III – Negli Eoni
04/05/1827
Giuro che non sto impazzendo.
Non ho idea di come finirà tutto questo ma sono sicuro, come l’onnipotente esiste, che io sono completamente sano di mente. Quello che sto vedendo e che credo di aver scoperto non è frutto dei deliri di un pazzo ma la più antica delle verità.
Come faccio a saperlo? Io sono un uomo di scienza e credo nei fatti ma quello che gli angeli mi stanno mostrando è chiaramente un avvertimento per non cadere preda nelle mani degli Antichi.
Ho fatto un altro sogno così reale da lasciarmi più di un segno, non solo nella mia anima ormai stanca.
La prima cosa che mi lascia una maligna sensazione addosso è che il sogno è ripreso esattamente dove si era interrotto la volta scorsa e quando l’ho realizzato mi si è spalancata una finestra su orrori antichi della memoria dell’uomo. Una voce vessava la mia mente, non era umana e nemmeno la lingua usata apparteneva a un linguaggio conosciuto in antichità, ricordava un gorgoglio blasfemo proveniente da abissi ignoti. Mentre quella cacofonia invadeva il mio apparato uditivo non sono riuscito a trattenere le mani dal coprirmi le orecchie.
Non so nemmeno io quale coraggio mi abbia spinto ad osservare quanto stava avvenendo oltre la pietra che mi nascondeva, so solamente che non potrò fare a meno di ricordare per sempre quell’orrore.
Venti esseri preumani dai tratti scimmieschi e nudi come il Creatore li ha fatti che suonano litanie blasfeme su quei tamburi, mentre uno di loro coperto di pelli sta incidendo sulla pietra quell’essere.
I suonatori sono al centro di questo empio rito e sembrano impossessati dal ritmo prodotto, che non ha nulla di sano. Riesco ad intravedere quasi la follia dai loro piccoli occhi scuri. Lo scultore imbraccia quelli che sembrano rudimentali strumenti in pietra selce, con la bava alla bocca mentre ripete parole di qualche idioma ormai perduto degli Eoni.
Infine l’orrore manifesto: quell’essere alto più di tre metri con un corpo di forma conica e una testa ad arco, dal colore che non riesco a nominare e che non esiste nella ruota cromatica umana. Puro raccapriccio assale la mia mente mentre lo guardo, e pur non avendo occhi visibili sento che mi sta fissando, che sta scrutando dentro di me per condurmi al baratro della follia.
Urlo senza più aria nei polmoni e mi sveglio per terra, non sul letto e ben lontano dalla mia residenza. Sono esattamente dove ero nel mio sogno, a piedi nudi e con le mani sporche di terra.
So che non sono pazzo e che questo è un messaggio di Dio, devo distruggere la stele di quel demonio arrivato dagli abissi.
L’incommensurabile orrore echeggia su questa terra e forse quel simulacro è solo in attesa di essere ricordato dai popoli che l’hanno condannato all’oblio. Non posso e non voglio immaginare cosa potrebbe accadere alle masse se sapessero quello che so io.
Quel maledetto suono di tamburi rimbomba ancora oggi nella mia testa e non comprendo perché solo io sono vittima di tutto questo.
Devo avvertire tutti! Chiunque metterà mani sul mio manoscritto sappia.
Le steli sono empie preghiere votive a creature abissali, ci sbagliavamo su tutto.
Quelle parole sono un eco maledetto di civiltà preumane, distruggetele.
Distruggetele tutte.
In una nota a piè di pagina dopo quest’ultimo scritto si legge uno sbiadito
“Ho fallito, stanno per venire a prendermi.” accompagnato da alcune tracce di sangue a piccole chiazze, come schizzi di un getto.
Dopo la lettura del manoscritto Alfonso Fioravanti ha affermato di aver sognato terre prive di civiltà in ere preumane. Ha dichiarato di aver visto un volto che lo fissava in ogni superficie riflettente, dalla testa ad arco come una grande U, e di aver sentito un rumore di tamburi proveniente dallo spazio profondo. Caduto in depressione ha lasciato la vita universitaria ma è stato ricoverato all’ospedale psichiatrico di Volterra – per un raptus di follia – nel 1905, il giorno in cui un contadino che stava dissodando un pianoro per ridurlo a coltura nella zona di Pontevecchio, nel comune di Fivizzano in località Bocciari, ha per puro caso portato alla luce nove statue stele.
In data odierna i reperti riportati alla luce sono circa ottantadue, di cui la maggioranza esposta a Pontremoli, nel Museo delle “statue stele lunigianesi” allestito nel Castello del Piagnaro.
L’AUTORE
Flavio Deri è nato il 18/10/1988 a Pontedera (PI). È diventato membro del Culto Lovecraftiano nel 2003, quando ha acquistato il suo primo libro del Sognatore di Providence. Iscritto alla H.P. Lovecraft Historical Society e supporter dell’Horror Writers Association, ha sempre desiderato dedicarsi alla scrittura andando oltre la creazione di campagne di gioco di ruolo da tavolo o dal vivo. Durante la pandemia, ha partecipato a concorsi letterari per antologie, e nel 2022 ha pubblicato il suo primo libro intitolato Appunti di un Sussurro, sempre con ambientazione Lovecraftiana, oltre a rientrare in pubblicazioni come Terrorea – De Rerum Natura della Horti di Giano, nella collana Universo di Lovecraft della Esescifi, nell’antologia Chimerica della PAV Edizioni. Per la Colomò Edizioni compare nell’antologia Strani Aeoni nn. 2 e 3, Grimoria, l’Amaro in Bocca e ha curato la raccolta L’Orrido Verde. L’Ombra dietro la Miskatonic è il suo racconto lungo con la Delos Digital, si possono trovare altri suoi racconti su due numeri del progetto Racconti dal Profondo. Finalista in concorsi letterari come il TOHorror Festival, Terni Horror Festival e del Premio Esecranda.
Fiero membro del Gruppo Telegram Lovecraft Italia. Appassionato del genere Horror, ha dedicato la sua libreria personale a Lovecraft, con oltre cento volumi tra racconti, saggi, biografie, graphic novel e romanzi ispirati ai Miti.
Dal 2024 collabora con Planet Ghost con recensioni di libri e fumetti.
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