Pandora è la luna del pianeta Polifemo, appartenente al sistema stellare
Alfa Centauri. L’anno è il 2154 e una compagnia interplanetaria
terrestre, la RDA, vuole sfruttare appieno i giacimenti minerari
presenti nel suo sottosuolo. Pandora è una pianetino ricoperto da
foreste pluviali e abitato da alieni umanoidi alti 3 metri e dalla pelle
bluastra chiamati Na’vi che vivono in pace e armonia con tutti gli
altri esseri viventi, animali e vegetali. Dal momento che l’aria del
pianeta non è respirabile gli esseri umani creano degli avatar, degli
ibridi genetici tra umano e Na’vi che le persone possono controllare a
distanza mediante un collegamento neurologico che si innesca grazie a
una sorta di stato comatoso raggiungibile all’interno di apposite
capsule. Quello che la RDA cerca è l’unobtanium, un particolare
cristallo ferroso dotato di un enorme campo magnetico che potrebbe
diventare la definitiva soluzione per i problemi energetici che
attanagliano il pianeta Terra del futuro. Il più grande giacimento di unobtanium del pianeta, però, si trova proprio sotto il principale insediamento Na’vi
di Pandora e, siccome la via diplomatica portata avanti dalla
dottoressa Grace Augustin non è servita a farli sgomberare, la RDA si
rivolge direttamente all’esercito del comandante Quaritch per passare
così alle maniere “forti”. Intanto Jake Sully, un ex marine invalido
costretto su una sedia a rotelle, viene chiamato per sostituire il
fratello gemello (uno scienziato morto in un incidente) alla guida del
suo avatar (solo lui può visto che hanno lo stesso codice genetico). Il
comandante Quaritch gli chiede di reperire più informazioni possibili
sul popolo Na’vi al fine di poter semplificare al massimo
l’operazione militare incombente. Sully riesce ad entrare a far parte
(in maniera rocambolesca), sotto forma di avatar, della tribù aliena
(durante una spedizione andata male) e riesce così ad accedere alle
informazioni e ai segreti più nascosti di quel popolo. L’ex marine, dopo
aver capito lo spirito e le usanze di quegli alieni e dopo essersi
innamorato di Zoe, la figlia del capotribù, inizierà però a maturare una
coscienza e a cambiare lentamente opinione riguardo la missione
militare in atto, divenendone uno strenuo oppositore. Ma la macchina
senza scrupoli della RDA e dell’esercito si sono ormai messe in moto…
Vincitore di tre premi Oscar (miglior scenografia, miglior fotografia,
migliori effetti speciali); due Golden Globe (miglior film drammatico e
miglior regista) e due Bafta Awards (miglior scenografia, migliori
effetti speciali) Avatar doveva essere il film dell’anno, ma ha
rischiato di trasformarsi in un clamoroso flop, complice anche l’esiguo
numero di statuette vinte all’ultima cerimonia degli Oscar. Sebbene io
abbia affermato più volte che non è il numero di Oscar a determinare la
qualità di un film, non posso esimermi dal dire che l’ultima fatica di
James Cameron stupisce solo per gli effetti speciali, impressionanti
grazie all’uso della tecnologia digitale che ha consentito di non andare
oltre i già pazzeschi costi di produzione (circa 240 milioni di
dollari). Il progetto Avatar era già nei pensieri del regista dal lontano 1996, ma decise di dedicarsi completamente alla realizzazione di quel Titanic
che da lì a due anni sarebbe uscito nelle sale riscuotendo un successo
esorbitante. Nel 2005 Cameron tornò a parlare di un ipotetica
realizzazione cinematografica di un celebre manga che lo aveva da
sempre appassionato, Alita, l’angelo della battaglia (Gunm - Battle Angel Alita, 1991) di Yukito Kishiro: il film si sarebbe dovuto chiamare Project 880,
con protagonista un ex marine di nome John Sully. Qui i Na’vi sarebbero
stati addestrati come forza lavoro al servizio degli umani ormai
ridotti in condizioni pietose, costretti a cibarsi di alghe in un
pianeta ormai privo di vita e completamente ricoperto da industrie.
Dopo varie modifiche alla sceneggiatura nacque l’odierno Avatar, concepito da Cameron per essere visto in 3D.
Dopo averlo fatto con Piovono Polpette, non posso che tornare a trattare il discorso riguardante il 3D anche con questo film. Sì, perché dopo aver guardato attentamente Avatar mi sono chiesto una volta per tutte quale sia il nuovo corso del cinema commerciale contemporaneo e quale sia la molla che spinge la gente a recarsi nelle sale per godersi le ultime novità da grande schermo. Lungi da me stendere un saggio, in questa sede, sulle principali tendenze della cinematografia degli ultimi 5 anni, sono comunque giunto alla conclusione che il cinema, nella sua tipica e inscindibile dualità ”opera d’arte/prodotto commerciale” ha attraversato (e attraversa tuttora) un percorso che ricorda vagamente un moto sinusoidale i cui punti di massima ampiezza rappresentano ora la massima attenzione verso il cinema come canale di attrazioni; ora come strumento principale di narrazione per vicende o racconti: la stessa differenziazione che si può trovare in un qualsiasi testo di Storia del cinema, insomma, e che riguardava principalmente le considerazioni legate al medium nei primi anni della sua nascita. In quell’epoca, infatti, la visione dei primi corti avveniva anche all’interno dei luna park, e venivano considerati quindi un’occasione di puro svago ed eccitante meraviglia (un’esperienza simile a quella che si prova quando si cammina in una di quelle case degli spettri, onnipresenti nei parchi di divertimento). L’introduzione del 3D, “miracoloso und adrenalinico” espediente per attirare la gente in sala, mi ha riportato improvvisamente indietro negli anni in cui nacque un'altra meraviglia, il Cinemascope, il sistema di ripresa anch’esso introdotto per ripopolare i cinema dopo che la TV aveva inchiodato la maggior parte del pubblico ai divani di casa propria. E’ ovvio che la gente oggi ha molte più scappatoie oltre al singolo tubo catodico (internet, videogiochi…) ed è altrettanto ovvio che l’esigenza di introdurre una sistema d’effetto che possa destare quantomeno curiosità è stata senza dubbio pressante.
Dopo averlo fatto con Piovono Polpette, non posso che tornare a trattare il discorso riguardante il 3D anche con questo film. Sì, perché dopo aver guardato attentamente Avatar mi sono chiesto una volta per tutte quale sia il nuovo corso del cinema commerciale contemporaneo e quale sia la molla che spinge la gente a recarsi nelle sale per godersi le ultime novità da grande schermo. Lungi da me stendere un saggio, in questa sede, sulle principali tendenze della cinematografia degli ultimi 5 anni, sono comunque giunto alla conclusione che il cinema, nella sua tipica e inscindibile dualità ”opera d’arte/prodotto commerciale” ha attraversato (e attraversa tuttora) un percorso che ricorda vagamente un moto sinusoidale i cui punti di massima ampiezza rappresentano ora la massima attenzione verso il cinema come canale di attrazioni; ora come strumento principale di narrazione per vicende o racconti: la stessa differenziazione che si può trovare in un qualsiasi testo di Storia del cinema, insomma, e che riguardava principalmente le considerazioni legate al medium nei primi anni della sua nascita. In quell’epoca, infatti, la visione dei primi corti avveniva anche all’interno dei luna park, e venivano considerati quindi un’occasione di puro svago ed eccitante meraviglia (un’esperienza simile a quella che si prova quando si cammina in una di quelle case degli spettri, onnipresenti nei parchi di divertimento). L’introduzione del 3D, “miracoloso und adrenalinico” espediente per attirare la gente in sala, mi ha riportato improvvisamente indietro negli anni in cui nacque un'altra meraviglia, il Cinemascope, il sistema di ripresa anch’esso introdotto per ripopolare i cinema dopo che la TV aveva inchiodato la maggior parte del pubblico ai divani di casa propria. E’ ovvio che la gente oggi ha molte più scappatoie oltre al singolo tubo catodico (internet, videogiochi…) ed è altrettanto ovvio che l’esigenza di introdurre una sistema d’effetto che possa destare quantomeno curiosità è stata senza dubbio pressante.
Se dunque in pochi si sono accorti (o lamentati del fatto) che Avatar
altro non è che una macedonia esageratamente ricca di tutta una serie
di film ed esperienze già viste e già “digerite” (anche solo
inconsciamente) significa che allora quel che la gente cerca al cinema
oggi (mi riferisco allo spettatore medio, mediamente “ignorante”) è
soprattutto una dose abbastanza sostanziosa di suggestioni che possano
sostenerlo anche una volta finita la proiezione: stiamo allora vivendo
in anni in cui il cinema è concepito soprattutto come attrazione e
nei quali la ricerca verso soluzioni alternative per quanto riguarda le
storie e i modi di rappresentazione è messa un po’ da parte (non
considerando, come sempre, le solite isole felici). La mia non è una
critica verso il cinema “che stupisce” e soprattutto non è uno sguardo
languido e malinconico rivolto ai film “di un certo spessore” (io amo il
cinema nella sua totalità), ma voglio solo esprimere la mia personale
constatazione rispetto alle tendenze dei giorni nostri. E’vero che i
film di maggior successo sono quelli che raccontano sempre la stessa
storia (McKee insegna), ma qui Cameron, fondendo tra loro senza ritegno
(vado in ordine sparso) Il signore degli anelli, Stargate, Independence Day, Pochaontas, Aida degli alberi, La principessa Mononoke, Nausicaa della valle del vento, Balla coi lupi, Robin Hood
e sicuramente tanti altri ancora, dimostra non solo di avere una
notevole capacità nella stesura di sceneggiature a prova di bomba, ma
anche di saper applicare senza pudore il sopraccitato insegnamento dello
sceneggiatore americano (mi riferisco alla frase di Robert McKee).
Se devo, quindi, esprimere il mio giudizio su Avatar devo farlo due volte:
Voto alle suggestioni: ottimo
Se devo, quindi, esprimere il mio giudizio su Avatar devo farlo due volte:
Voto alle suggestioni: ottimo
Voto al film: (appena) sufficiente
Di seguito il trailer ufficiale in italiano:
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