La redazione GHoST segnala l'uscita del romanzo I Beati Paoli di Luigi Natoli in una nuova edizione edita da Dario Flaccovio Editore. Disponibile in libreria dal 12 giugno è il capolavoro di Luigi Natoli (William Galt) nella versione integrale pubblicata nel 1949. Per la collana “I classici siciliani”, il volume ha la prefazione dell'arch. Adriana Chirco e un’interessante veste grafica.
Sul palcoscenico della Palermo del 1713, dei suoi vicoli oscuri e dei suoi splendori, si dipana la storia di Blasco da Castiglione e dei tanti personaggi di Natoli: dal torbido Raimondo della Motta alla passionale donna Gabriella, dallo “sbirro” Matteo Lo Vecchio alla dolce e ingenua Violante, fino al misterioso Coriolano della Floresta. Sempre con la presenza invisibile e costante dei Beati Paoli in un succedersi di vicende trascinanti, al limite tra realtà storica e feconda fantasia. Ma chi sono i Beati Paoli? Vi è un fondo di verità nelle affascinanti e tragiche gesta che coinvolgono gli adepti di questa setta tradizionalmente intesi quali paladini votati alla difesa dei più deboli? Forse la vera storia dei Beati Paoli è ancora da scrivere.
Ma, come afferma Adriana Chirco, I Beati Paoli di Luigi Natoli è un romanzo “storico” che, al di là della verosimiglianza con personaggi e vicende realmente accadute e storicamente documentate, resta un delizioso affresco della Palermo settecentesca, assolutamente riconoscibile anche ai nostri giorni.
I Beati Paoli, anno: 2015, pagine: 704, codice isbn: 978-88-579-0476-4, Editore: Dario Flaccovio Edizioni.
L'autore
Luigi Natoli (1857-1941). Definito come “l’ultimo degli scrittori tipicamente popolari”, ha scritto una trentina di romanzi (il più famoso è “I Beati Paoli”) e numerosissime novelle, alcuni dei quali firmati sia con lo pseudonimo di William Galt che, successivamente, di Maurus. A soli tre anni viene recluso, insieme a tutta la famiglia, nel carcere della Vicaria vecchia a Palermo, perché la madre aveva vestito i figli con la camicia rossa per salutare l’arrivo di Garibaldi in Sicilia. I beni di famiglia vengono confiscati e distrutti. La ristrettezza economica che ne deriva lo perseguiterà sino ai suoi ultimi giorni, ma contribuirà allo sviluppo in lui della più radicata e convinta libertà di pensiero. Autodidatta, già diciassettenne collabora col Giornale di Sicilia; a 23 anni insegna italiano nei ginnasi. Offre aiuto e protezione anche a un giovanissimo Michele Catti, fuggito da casa, che porterà con sé a Roma. Costretto a girare in lungo e in largo l’Italia, da Roma – dove si ferma tre anni – si reca a Pisa, da Nuoro a Napoli, e dovunque lega con l’ambiente letterario. Diventa amico di De Roberto, Capuana, Salvatore Di Giacomo, Pitrè, per citarne solo alcuni. Laico e anticlericale convinto, lavora indefessamente e coltiva la sua passione per la cultura e la storia, in particolare quella siciliana, dividendosi tra gli impegni di lavoro – indifferibili anche per via della famiglia molto numerosa – e la frequentazione costante di archivi storici e biblioteche. L’assiduo e intenso studio della storia della Sicilia e delle vicissitudini che l’hanno da sempre travagliata determina in lui la nascita di un sentimento profondo verso la sua terra che permea tutta la sua scrittura, non venendo mai meno nella sua produzione letteraria. Dai due matrimoni (la prima moglie morirà molto giovane; la seconda, Teresa Gutenberg, figlia di quello che sarà il suo editore, condividerà attivamente il suo percorso letterario) nasce una numerosissima progenie. Educa i suoi figli sulla base dello stesso atteggiamento culturale messo in pratica da sempre anche verso i suoi alunni e ispirato alla rettitudine morale, che si può attuare essendo fedeli ai principi di rispetto verso tutto (anche le diverse fedi politiche) e tutti, di lealtà e di onestà. Avviene così che i suoi figli, uniti dalla stessa formazione, finiscono con l’avere convinzioni politiche tutte diverse tra loro, e tutte vissute con grande fervore. Il rifiuto opposto a Mussolini e al regime fascista gli costa la messa all’indice di alcuni libri e addirittura l’allontanamento dall’insegnamento. Ma sino all’ultimo respiro Luigi Natoli si opporrà ai soprusi. E al prete che, nei suoi ultimi giorni di vita, gli promette di togliere i suoi libri dall’indice a patto che ritratti il libro su fra’ Diego La Matina – in cui narra come le malversazioni tra i dominatori spagnoli e il clero determineranno la condanna del frate al rogo da parte dell’Inquisizione – oppone il suo diniego più fermo, invitandolo a riferire ai suoi superiori che “la storia non si può ritrattare o coprire con un velo. Ed un tale potere non l’ho né io né il papa”(1) . La sua ricca produzione letteraria gli darà grandissima fama, ma non gli procurerà alcun beneficio economico.
Nel suo testamento scrisse: “Dal mio lavoro non cercai la parte commerciale, ma solo la gioia che mi procurava”(2).
Fonti:
(2) Elena Malaguti, Luigi Natoli, in www.letteraturadimenticata.it/Natoli.htm