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Avatar di James Cameron

Pandora è la luna del pianeta Polifemo, appartenente al sistema stellare Alfa Centauri. L’anno è il 2154 e una compagnia interplanetaria terrestre, la RDA, vuole sfruttare appieno i giacimenti minerari presenti nel suo sottosuolo. Pandora è una pianetino ricoperto da foreste pluviali e abitato da alieni umanoidi alti 3 metri e dalla pelle bluastra chiamati Na’vi che vivono in pace e armonia con tutti gli altri esseri viventi, animali e vegetali. Dal momento che l’aria del pianeta non è respirabile gli esseri umani creano degli avatar, degli ibridi genetici tra umano e Na’vi che le persone possono controllare a distanza mediante un collegamento neurologico che si innesca grazie a una sorta di stato comatoso raggiungibile all’interno di apposite capsule. Quello che la RDA cerca è l’unobtanium, un particolare cristallo ferroso dotato di un enorme campo magnetico che potrebbe diventare la definitiva soluzione per i problemi energetici che attanagliano il pianeta Terra del futuro. Il più grande giacimento di unobtanium del pianeta, però, si trova proprio sotto il principale insediamento Na’vi di Pandora e, siccome la via diplomatica portata avanti dalla dottoressa Grace Augustin non è servita a farli sgomberare, la RDA si rivolge direttamente all’esercito del comandante Quaritch per passare così alle maniere “forti”. Intanto Jake Sully, un ex marine invalido costretto su una sedia a rotelle, viene chiamato per sostituire il fratello gemello (uno scienziato morto in un incidente) alla guida del suo avatar (solo lui può visto che hanno lo stesso codice genetico). Il comandante Quaritch gli chiede di reperire più informazioni possibili sul popolo Na’vi al fine di poter semplificare al massimo l’operazione militare incombente. Sully riesce ad entrare a far parte (in maniera rocambolesca), sotto forma di avatar, della tribù aliena (durante una spedizione andata male) e riesce così ad accedere alle informazioni e ai segreti più nascosti di quel popolo. L’ex marine, dopo aver capito lo spirito e le usanze di quegli alieni e dopo essersi innamorato di Zoe, la figlia del capotribù, inizierà però a maturare una coscienza e a cambiare lentamente opinione riguardo la missione militare in atto, divenendone uno strenuo oppositore. Ma la macchina senza scrupoli della RDA e dell’esercito si sono ormai messe in moto…

Vincitore di tre premi Oscar (miglior scenografia, miglior fotografia, migliori effetti speciali); due Golden Globe (miglior film drammatico e miglior regista) e due Bafta Awards (miglior scenografia, migliori effetti speciali) Avatar doveva essere il film dell’anno, ma ha rischiato di trasformarsi in un clamoroso flop, complice anche l’esiguo numero di statuette vinte all’ultima cerimonia degli Oscar. Sebbene io abbia affermato più volte che non è il numero di Oscar a determinare la qualità di un film, non posso esimermi dal dire che l’ultima fatica di James Cameron stupisce solo per gli effetti speciali, impressionanti grazie all’uso della tecnologia digitale che ha consentito di non andare oltre i già pazzeschi costi di produzione (circa 240 milioni di dollari). Il progetto Avatar era già nei pensieri del regista dal lontano 1996, ma decise di dedicarsi completamente alla realizzazione di quel Titanic che da lì a due anni sarebbe uscito nelle sale riscuotendo un successo esorbitante. Nel 2005 Cameron tornò a parlare di un ipotetica realizzazione cinematografica di un celebre manga che lo aveva da sempre appassionato, Alita, l’angelo della battaglia (Gunm - Battle Angel Alita, 1991) di Yukito Kishiro: il film si sarebbe dovuto chiamare Project 880, con protagonista un ex marine di nome John Sully. Qui i Na’vi sarebbero stati addestrati come forza lavoro al servizio degli umani ormai ridotti in condizioni pietose, costretti a cibarsi di alghe in un pianeta ormai privo di vita e completamente ricoperto da industrie. Dopo varie modifiche alla sceneggiatura nacque l’odierno Avatar, concepito da Cameron per essere visto in 3D.
Dopo averlo fatto con Piovono Polpette, non posso che tornare a trattare il discorso riguardante il 3D anche con questo film. Sì, perché dopo aver guardato attentamente Avatar mi sono chiesto una volta per tutte quale sia il nuovo corso del cinema commerciale contemporaneo e quale sia la molla che spinge la gente a recarsi nelle sale per godersi le ultime novità da grande schermo. Lungi da me stendere un saggio, in questa sede, sulle principali tendenze della cinematografia degli ultimi 5 anni, sono comunque giunto alla conclusione che il cinema, nella sua tipica e inscindibile dualità ”opera d’arte/prodotto commerciale” ha attraversato (e attraversa tuttora) un percorso che ricorda vagamente un moto sinusoidale i cui punti di massima ampiezza rappresentano ora la massima attenzione verso il cinema come canale di attrazioni; ora come strumento principale di narrazione per vicende o racconti: la stessa differenziazione che si può trovare in un qualsiasi testo di Storia del cinema, insomma, e che riguardava principalmente le considerazioni legate al medium nei primi anni della sua nascita. In quell’epoca, infatti, la visione dei primi corti avveniva anche all’interno dei luna park, e venivano considerati quindi un’occasione di puro svago ed eccitante meraviglia (un’esperienza simile a quella che si prova quando si cammina in una di quelle case degli spettri, onnipresenti nei parchi di divertimento). L’introduzione del 3D, “miracoloso und adrenalinico” espediente per attirare la gente in sala, mi ha riportato improvvisamente indietro negli anni in cui nacque un'altra meraviglia, il Cinemascope, il sistema di ripresa anch’esso introdotto per ripopolare i cinema dopo che la TV aveva inchiodato la maggior parte del pubblico ai divani di casa propria. E’ ovvio che la gente oggi ha molte più scappatoie oltre al singolo tubo catodico (internet, videogiochi…) ed è altrettanto ovvio che l’esigenza di introdurre una sistema d’effetto che possa destare quantomeno curiosità è stata senza dubbio pressante.
Se dunque in pochi si sono accorti (o lamentati del fatto) che Avatar altro non è che una macedonia esageratamente ricca di tutta una serie di film ed esperienze già viste e già “digerite” (anche solo inconsciamente) significa che allora quel che la gente cerca al cinema oggi (mi riferisco allo spettatore medio, mediamente “ignorante”) è soprattutto una dose abbastanza sostanziosa di suggestioni che possano sostenerlo anche una volta finita la proiezione: stiamo allora vivendo in anni in cui il cinema è concepito soprattutto come attrazione e nei quali la ricerca verso soluzioni alternative per quanto riguarda le storie e i modi di rappresentazione è messa un po’ da parte (non considerando, come sempre, le solite isole felici). La mia non è una critica verso il cinema “che stupisce” e soprattutto non è uno sguardo languido e malinconico rivolto ai film “di un certo spessore” (io amo il cinema nella sua totalità), ma voglio solo esprimere la mia personale constatazione rispetto alle tendenze dei giorni nostri. E’vero che i film di maggior successo sono quelli che raccontano sempre la stessa storia (McKee insegna), ma qui Cameron, fondendo tra loro senza ritegno (vado in ordine sparso) Il signore degli anelli, Stargate, Independence Day, Pochaontas, Aida degli alberi, La principessa Mononoke, Nausicaa della valle del vento, Balla coi lupi, Robin Hood e sicuramente tanti altri ancora, dimostra non solo di avere una notevole capacità nella stesura di sceneggiature a prova di bomba, ma anche di saper applicare senza pudore il sopraccitato insegnamento dello sceneggiatore americano (mi riferisco alla frase di Robert McKee).


Se devo, quindi, esprimere il mio giudizio su Avatar devo farlo due volte:


Voto alle suggestioni: ottimo
Voto al film: (appena) sufficiente





Di seguito il trailer ufficiale in italiano:







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