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Camminava sospesa nel vuoto, senza nome, senza volto; metteva le mani avanti, ma svanivano nel vuoto.
Era iniziato tutto per caso, se esiste il caso…
A chi le stava vicino, dava una strana sensazione di freddo intenso, un brivido nella schiena, un’oscurità densa e pesante, quasi tangibile, percepibile come un buco nero, in mezzo ad un cielo stellato.
Le si era aperta la terra sotto ai piedi ed era precipitata giù, sempre più giù, nel tunnel dell’infinito passato senza inizio, perdendo la fede in quello che era ed aveva vissuto.
Aveva perso la memoria di se e guardava il mondo senza colori, in bianco e nero, come una vecchia foto sbiadita.
Ogni tanto si domandava dove fosse e chi fosse veramente, se la sua vita esisteva davvero o era solo un brutto sogno, in attesa che qualcuno venisse a svegliarla.
Le avevano dato un nome, ma non lo ricordava.
Compariva con la nebbia e scompariva col sole, nascondendosi nell'ombra di chi le camminava vicino, trasformandosi in un mostro famelico alla ricerca di anime dannate ed esseri che non avevano mai vissuto.
Credeva che l’oracolo le avesse indicato la strada per la fede, se pur invisibile, da qualche parte doveva essere finita.
Aveva perso il tempo, il suo ritmo che scorreva veloce, come il battito del cuore di un neonato, come da un treno in corsa era stata travolta via…
Provando a ricostruire il suo passaggio, tentando di impegnarsi in qualcosa di semplice come respirare, cercando semplicemente l’intuizione della vita o di far passare le cose cattive che aveva visto.
Ma nulla era cambiato.
Il mostruoso amico errante, come un randagio vagabondo, continuava a bussare alla sua porta ogni giorno o forse ogni istante.
Le lacrime cadevano copiose bagnandole il suo volto, non erano le sue, non poteva sentirle, gli occhi avevano perso la luce.
In un grande specchio, vedeva la sua immagine riflessa, ma non la riconosceva più.
Un soffio di vento, le scompigliò i capelli.
Pensando che era ancora viva, che forse c’era ancora tempo, si fermò al centro del mondo, osservandolo scorrere in silenzio, poggiando la testa di lato, quasi incredula, vide la clessidra col suo nome inciso sopra. Era stata girata per l’ultima volta, l’ultimo granello era scivolato via, la speranza sostituita dalla paura.
Una bella signora le protese una mano, dicendole con voce soave: vieni con me.
Il grande buio l’aveva presa con se e finalmente sorrise davvero.
Era tornata a casa dai suoi simili.