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Un ragazzo sveglio di Stephen King


Todd Bowden, tredicenne californiano, scopre che nella sua città si nasconde, col nome di Arthur Denker, il comandante del campo di sterminio di Patin, Kurt Dussander.
Invece di denunciare il criminale di guerra, Todd andrà a bussare alla sua porta, non per estorcere denaro, ma per sentire dalla bocca di chi l’ha vissuta come carnefice, la storia dell’Olocausto.
Superate le prime diffidenze, tra i due s'instaura un legame perverso, ponte che unisce la morbosa curiosità del ragazzo al passato di Dussander. Passato che pian piano contamina la vita di Todd: i suoi voti calano, i rapporti con gli amici e con le ragazze si assottigliano, la menzogna diventa il suo pane quotidiano. Emerge la sua indole violenta e Todd, da studente modello, si trasforma in un implacabile assassino a caccia di barboni.
Nel finale la bilancia sembra tornare in equilibrio: Dussander prossimo all'estradizione in Israele, Todd smascherato e visto per ciò che è, un mostro dagli occhi azzurri e dai capelli biondi.
Un ragazzo sveglio è uno dei quattro racconti di Stagioni Diverse, una delle più note raccolte di Stephen King.
In questa storia la mostruosità si annida nella quotidianità che ognuno di noi potrebbe vivere.
Il “mostro” è un ragazzo di buona famiglia, che nella vita può ambire ai più alti successi e che nel suo cammino troverà tutte le porte aperte.
Eppure in questo “ragazzo sveglio” è nascosta una metà oscura, un’ombra che grazie al vecchio tedesco avrà la meglio su tutto il resto: pagina dopo pagina emerge la lenta metamorfosi. La trasformazione in un essere capace di atti indicibili e di provare sentimenti ripugnanti. Capace di celare a tutti la sua vera natura, offuscata con abilità per far credere a chi gli sta intorno che lui, Todd Bowden, è un tipico “bravo ragazzo”.
Ho letto per la prima volta questo racconto quando avevo quattordici anni, compiaciuto per essermi imbattuto un'altra buona storia di King.
Letta per la seconda volta oggi, dopo quasi vent'anni, sono riuscito a percepire l'effettiva forza di questa storia, dove il “male”, quello qualunquista di cui ha parlato Hannah Arendt ne La banalità del male, si nasconde dietro la faccia sorridente di un ragazzo che incarna tutti gli stereotipi dell’adolescente americano. Un ragazzo che nasconde dentro di sé quell’oscurità, frutto però della luce, dalla quale ci ha messo in guardia Joseph Conrad in Cuore di Tenebra. Le tenebre che tallonano il benessere, la ricchezza e che possono dare alla luce un frutto maligno come Todd Bowden, o i tanti uomini e donne che hanno lavorato attivamente nei campi di sterminio o negli uffici del Terzo Reich.
Nel 1998 Un ragazzo sveglio è stato portato sul grande schermo, con il titolo L’allievo, di Bryan Singer. Nel cast sono presenti, oltre a Joshua Jackson e David Schwimmer (il Ross di Friends) Ian McKellen nel ruolo di Dussander e Brad Renfro in quello di Todd.
Sebbene il film sia di discreta qualità, non può reggere il paragone con il racconto: mentre nell'opera di King la mostruosità di Todd, il suo lato oscuro è descritto con abilità inaudita, nel film diventa un mero elemento del personaggio di Todd.
Punto di forza del lungometraggio è il finale, dove il regista è riuscito a mostrare quello di cui il ragazzo è capace pur di ottenere ciò che vuole.
Da leggere e, perché no, da vedere.
     
a cura di Stefano Milighetti