Space Sweepers di Jo Sung-hee

Trama articolata e carina

Una produzione coreana di qualità con un budget di 22 milioni

Space Sweepers (Corea del sud, 2021)
Regia: Jo Sung-hee. Sceneggiatura: Yoon Seung-min, Yoo-kang Seo-ae, Jo Sung-hee. Montaggio: Nam Na-young, Ha Mi-ra. Musiche: Kim Tae-Song. Produttore: Yoon In-beom, Kim Soo-jin. Distribuzione: Netflix. Genere: fantascienza, avventura, azione. Anno: 2021. Paese di produzione: Corea del sud. Durata: 136'. Interpreti: Song Joong-ki, Kim Tae-ri, Jin Seon-kyu, Yoo Hae-jin.

Questo film di fantascienza Koreano mi è stato suggerito da un’amica. Lo si trova su Netflix (che dopo il successo di Parasyte, e soprattutto quello di Squid game, compra tonnellate di roba da lì) e non è minimamente pubblicizzato. Perché? Non lo so. Suppongo dovessero fare pubblicità all’ennesimo documentario dove glorificano un criminale.

Il mondo non è finito, ma quasi. La Terra è ridotta male con un’atmosfera distrutta; lì i poveri vivono aspettando di prendere l’ascensore spaziale per andare a lavorare per i ricchi che dimorano su colonie spaziali. La UTS, la mega corporazione che gestisce la vita nello spazio guidata dall’Elon Muskiano Sullivan, sta progettando di terraformare Marte nei prossimi anni ed emigrare lì tutta la popolazione, con l’idea di diventare ancora più potente.
In questa situazione instabile si crea il lavoro degli spazzini spaziali. Poveracci che guidano astronavi carretta e girano l’orbita terrestre cercando relitti spaziali da trascinare e rivendere. La maggior parte di loro ha più passato che futuro, come l’equipaggio della Victory, una nave coreana tra le migliori della professione. Non navigando comunque in buone acque questi quattro (Tae-ho, Jang, Tiger Park e il robot Bubs) credono di aver fatto il colpaccio quando recuperano su un relitto una bambina che vale una cifra sconsiderata. Devono solo restituirla alla UTS o alla polizia o ai terroristi o… Sembra, infatti, che tutti siano interessati alla piccola, ma solo loro la apprezzano per la sua dolcezza. Fra adrenalinici inseguimenti, dure battaglie e una distopia spaziale scopriremo la verità.

Questo film di più di due ore è un piccolo gioiello. Dà leggere “vibe” a la Guardiani della Galassia, perché si parla di un gruppo di reietti che gira per lo spazio mettendosi nei guai e vive come una famiglia disfunzionale, ma è anche di più. C’è più profondità in questo film, meno umorismo e più dramma. I personaggi sono interessanti e ognuno di loro ha una storia che forse poteva essere approfondita di più e non sarebbe stato male (se non per il già lungo minutaggio del film). La trama è articolata e carina, prevedibile per i vari cliché (la super bambina tenera, il mega presidente malvagio, i criminali dal cuore d’oro) ma scorre veloce e non delude mai. C’è solo un momento, verso la fine, dove viene fatto un erroraccio solo per non avere il coraggio di proporre un finale veramente eroico.
Gli effetti speciali sono tra le cose più rilevanti del film. Ricordo che parliamo di una produzione coreana con un budget di neanche 22 milioni che da sonore lezioni a film che ne costano centinaia. Sinceramente non ho visto niente che mi risultasse “falso” che mi facesse dire “qui la CGI si vede molto bene”. Il robot è credibile, le astronavi sono credibili, le battaglie spaziali pure. Questo senza parlare dei concept che ci stanno dietro (l’estetica è veramente azzeccata). Tutte le scene che coinvolgono Bubs, soprattutto alla fine del film, sono eccellenti (essendo una macchina, lui passa la maggior parte del suo tempo fuori dall’astronave, con tutto quello che ne consegue).
Il film non ha un doppiaggio italiano, non su Netflix (dove io l’ho visto) almeno. Questo aiuta nel far notare anche la cura di un altro dettaglio: ci sono personaggi di molte nazionalità che parlano la loro lingua natale che poi viene tradotta agli altri dalle macchine. Quindi nel film senti parlare una grande quantità di lingue che rende l’ambientazione molto più realistica di tutte le similari (dove tutto lo spazio parla americano) anche se, tristemente, diventa un malus poiché ti ritrovi per forza di cose a leggere i sottotitoli quale che sia la tua nazionalità. Tanto per dirne una, all’inizio parlano solo inglese e io lo ascoltavo senza leggere, poi è arrivato il coreano.
Rimane un gran film che avrebbe meritato il cinema.

A cura di Marco Molendi



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