Bring Her Back di Danny e Michael Philippou

Sceneggiato con il gusto per la suspense

Da vedere solo se preparati e amanti del cinema del terrore più viscerale

Bring Her Back - Torna da me (Australia, Usa 2025)
Regia: Danny Philippou, Michael Philippou. Soggetto e Sceneggiatura: Bill Hinzman, Danny Philippou. Fotografia: Aaron McLisky. Montaggio: Geoff Lamb. Musica: Cornel Wilczek. Scenografia: Vanessa Cerne. Costumi: Anna Cahill. Effetti: Michael Max Hughes, Tiam Riach. Trucco: Kevin Carter, Jac Charlton, Paul Katte, Nick Nicolau, Megan Tiltman, Larry Van Duynhoven, Mariel McClorey. Produzione: Samantha Jennings, Michael Philippou, Danny Philippou, Daniel Negret, Salman Al-Rashid, Kristina Ceyton. Interpreti: Sally Hawkins (Laura), Billy Baratt (Andy), Olga Miller (Macia), Brian Godfrey (Ivan), Brendam Bacon (Anton), Ben Jacobs, Sophie Wilde, Bree Peters. Titolo Originale: Bring Her Back. Genere: Horror. Durata: 104’. Oaesi di Produzione: Australia, USA - 2025. Distribuzione: Eagle Pictures. Vietato minori anni 14.

Secondo film per i gemelli Philippou, nati ad Adelaide, in Australia, dopo il successo globale di Talk to Me (2023), cinefili fin da bambini, youtuber, creatori di corti horror dal taglio comico e collaboratori in Babadook di Jennifer Kent. Bring Her Back è un horror davvero inquietante che racconta le vicissitudini di un fratello e una sorella dopo la morte improvvisa del padre, affidati a una turpe megera, sconvolta dalla morte della figlia, in preda al delirio di riportarla in vita. Sally Hawkins è una perfetta Laura, donna demoniaca che - nascosta dietro una parvenza di dolcezza e rispettabilità - ha rapito un bambino e lo sta trasformando in un mostro cannibale per collaborare alla resurrezione in vita della figlia, nascosta nella ghiacciaia del giardino. Nel turpe progetto di Laura la ragazzina ipovedente avuta in affidamento dovrebbe morire annegata in piscina per riportare in vita la figlia morta in identico modo. Il fratello rappresenta un ostacolo del quale liberarsi, accusandolo di maltrattamenti da lei stessa creati. Non andiamo oltre con la trama, perché il film vive di grande suspense e gode di un ritmo invidiabile, anche se è consigliato solo per stomaci forti, vista la veridicità delle sequenze horror. Siamo di fronte a un vero e proprio cinema dell’orrore innovativo, la parte soprannaturale è modesta, legata ad alcune sequenze in cui il figlio crede di vedere il fantasma del padre e a dei riti satanici inquietanti. Tutto il resto rientra nella sfera dell’orrore possibile, racconta una mente distrutta dopo la morte di una figlia e un lugubre progetto, da portare a compimento, costi quel che costi. Fotografia cupa e inquietante (McLisky); scenografia minimale (Cerne) in una casa di campagna, teatro claustrofobico della vicenda, con pochi esterni; attori molto bravi, non solo la protagonista, anche i ragazzini se la cavano bene, guidati da due maestri del nuovo horror australiano. La maschera del bambino rapito è terribile, un volto sfigurato, la follia dipinta negli occhi, denti aguzzi, stomaco debordante e scatti d’ira incontrollabili, da vero demone. Il secondo tempo della pellicola vive un crescendo di orrore che cala lo spettatore in un mix di necrofilia e satanismo con sequenze inaspettate di violenza estrema. Horror plausibile, proprio per questo ancor più terrificante, capace di angosciare e sconvolgere fino in fondo lo spettatore.  La pioggia domina la scenografia del film, l’acqua è l’elemento da cui tutto è nato (la morte in piscina), nel quale tutto dovrebbe risorgere, in ogni caso dove tutto finisce. Il film è sceneggiato così bene da Danny Philippou (che collabora con Bill Hinzman), che chi guarda la pellicola non immagina cosa potrà accadere nella scena successiva. Il montaggio di Geoff Lamb è sincopato, non spreca neppure un istante dei 104’ di pellicola, tutti essenziali alla comprensione della storia. Gli effetti speciali horror sono fantastici, si pensi alla sequenza in cui il bambino rapito si infila un coltellaccio tra i denti e cerca addirittura di mangiarlo. I registi raggiungono lo scopo prefissato di rendere inquietante la visione, creano un ambiente malsano in cui lo spettatore precipita fino al termine della pellicola, senza via di scampo. Horror vero, persino eccessivo, da vedere solo se preparati e amanti del cinema del terrore più viscerale. In ogni caso un buon film, girato alla perfezione, sceneggiato con il gusto per la suspense e accompagnato da una colonna sonora disturbante (Wilczek).

A cura di Gordiano Lupi



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