Uno dei primi romanzi splatterpunk
Gli autori ricercano l’essenza pura del racconto
Un romanzo che renderà reali i vostri peggiori incubi. (George A. Romero)
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Ho riletto con piacere In fondo al tunnel (The light at the end) di John Skipp e Craig Spector , uno dei primi romanzi splatterpunk e manifesto/caposaldo di questo genere letterario che nasce negli USA nella seconda metà degli anni 80, chiudendosi già nei primi 90, e arriva in Italia qualche anno dopo la sua nascita. John Skipp e Craig Spector sono i fondatori e i teorici dello splatterpunk, noti non solo per diversi romanzi, scritti in coppia o singolarmente, ma anche per aver curato la fondamentale antologia Il libro dei morti viventi.
Pubblicato negli USA nel 1986, questo romanzo è stato proposto prima da Mondadori, nel 1992, con il titolo Maledizione fatale e successivamente da Einaudi nel 1997 con il titolo In fondo al tunnel, tradotto da Maria Barbero Piccoli. È stato ristampato da Fanucci nel 2016 con la stessa traduzione.
Lo stile è sintetico, semplice senza essere banale. Gli autori ricercano l’essenza pura del racconto. Di derivazione cinematografica (Skipp e Spector sono anche sceneggiatori - Il corvo, Nightmare 5), la narrazione si dipana in un montaggio serrato degli eventi che non lascia scampo al lettore e lo coinvolge completamente. Il ritratto di New York è all’insegna di un vivido allucinato iperrealismo. Il clima afoso e soffocante, descritto dagli autori e il cielo perennemente plumbeo anche di giorno provocano nel lettore un ulteriore senso di oppressione. La città, e in particolare l’interno della metropolitana, sono un’immensa verminosa bara in cui dorme il moderno vampiro e al tempo stesso il suo principale territorio di caccia quando egli si sveglia. Le strade sono nominate una per una; i personaggi attraversano i vari quartieri di New York, anche se si muovono principalmente nel Village, seguendo la sua topografia da incubo, prigionieri di un’immensa e opprimente gabbia che non lascia scampo ai suoi abitanti.
L’umanità che abita la metropoli statunitense è descritta con toni cinici, fortemente nichilisti e pessimisti. La maggior parte dei suoi cittadini è chiusa egoisticamente nei propri mondi e risponde unicamente a istinti e desideri, privi di sensibilità, empatia o compassione. Anche nelle vite dei personaggi più positivi predominano senso di solitudine, tristezza e disperazione.
Nella descrizione iperrealista di un’umanità senza speranza di riscatto, priva del favore di dei benigni così come della possibilità di un cambiamento sociale se non attraverso la violenza giustizialista e vendicatrice, traspare, a prescindere da quali siano le idee politiche di Skipp e Spector, uno spirito vagamente reazionario.
Il vampiro storico, di origine europea, di cui non viene detto il nome ma neanche data una descrizione fisica, per far capire chiaramente, in un’operazione che è anche di metanarrativa, che si tratta di un topos letterario, con i suoi ottocento anni di vita, arriva a New York e compie una strage all’interno di un vagone della metropolitana, per poi sparire e tornare nel vecchio continente, non prima di aver passato il testimone al giovane Rudy Pasko, che, vampirizzato, diventa il villain del romanzo. Il mostro dagli otto secoli di vita farà una sortita nella seconda metà dell’opera.
Rudy Pasko è un vampiro urbano, specchio delle angosce, delle idiosincrasie, delle sofferenze e di tutto quanto più oscuro permea la vita di una metropoli.
Da umano, sorta di punk antipatico, egoista e indifferente ai sentimenti altrui, diventa l’emblema del male metropolitano da vampiro.
Coloro che lo fronteggiano, e che perlopiù soccombono nel tentativo, sono persone comuni (studenti e lavoratori) che si ritrovano a contatto con eventi straordinari.
Rudy Pasko, nella sua condizione di vampiro, acquisisce la sensibilità percettiva di una persona sotto l’effetto costante di sostanze psicotrope. Luci, movimenti, rumori sono amplificati nella sua mente. Non solo. Avverte anche l’odore del sangue. Che accende il suo desiderio. Come, da umano, relazionava egoisticamente con i suoi simili, da vampiro è interessato unicamente alla fisicità degli umani e al loro essere prede.
Rudy Pasko non si trasforma in pipistrello ma in topo.
Non di meno acquista poteri sovrannaturali, telepatici e ipnotici, dei quali, non è del tutto consapevole e che usa quindi a livello istintivo, che gli consentono, per esempio, di entrare nella mente del gatto di una sua ex o di entrare nei sogni delle sue potenziali vittime o far vedere loro delle allucinazioni.
Caratteristica dello splatterpunk, oltre alla rappresentazione estrema delle scene di violenza, è anche la raffigurazione realistica e dettagliata delle scene di sesso.
Come avviene, per esempio, in uno dei nutrimenti di sangue di Rudy Pasko ai danni di una ragazza durante un rapporto sessuale. Queste caratteristiche resteranno e verranno ampliate dalla seconda ondata, più recente, definito ormai hardcore horror, di questo movimento letterario di cui In fondo al tunnel è il capostipite.
In In fondo al tunnel i luoghi di culto sono deprivati di energia e i preti non possono niente contro il vampiro Rudy Pasko. Ma le armi della classica letteratura gotica (croci, acqua santa, specchi e quanto altro) sono ancora utili.
La metropolitana è il suo rifugio e, almeno inizialmente, il principale territorio di caccia. Rudy la conosce a memoria: le sue gallerie, i suoi anfratti più oscuri e gli orari in cui è frequentata dagli esseri umani.
La metropolitana, i cui treni collegano le strade e i quartieri di New York, arterie della città i cui treni trasportano giorno e notte i suoi abitanti senza speranza al lavoro, al luogo di studio, o ad altre destinazioni o su cui viaggiano senza meta.
La metropolitana, dove trovano rifugio senzatetto, alcolizzati, tossici, emarginati di ogni tipo.
La metropolitana che trasuda disperazione e dove vengono commessi frequentemente atti di violenza che svaniscono davanti agli omicidi terribili di Rudy Pasko.
Il romanzo procede a ritmo serrato, tranne in alcune sezioni, raccontandoci, nell’ultima parte, i tentativi di una banda improvvisata di cacciatori di vampiri di eliminare Rudy Pasko utilizzando l’armamentario tipico composto da croci, acqua benedetta e pallottole d’argento fino al finale che non riveliamo per non spoilerare, anche perché, pur trattandosi di un libro già edito tre volte in Italia, qualcuno potrebbe ancora non averlo letto.
Per concludere, dico che In fondo al tunnel non è precisamente un capolavoro e tanto meno è un’opera letteraria completamente riuscita. La potrei definire anche acerba. Del resto i suoi autori, all’epoca, avevano poco più di vent’anni. Per esempio Skipp e Spector avrebbero potuto evitare lungaggini in alcuni punti. Altresì lo stile sintetico/visivo di derivazione prettamente cinematografica, alla lunga (sono circa 350 pagine) finisce un po’ per stancare. Supera, però, bene o male, la prova del tempo e resta un buon romanzo e, soprattutto, conserva tutta la sua importanza di capostipite di un genere letterario che ha voluto inserire drasticamente e crudelmente, senza mezze misure e con intenti anche eversivi, la realtà sociale nell’horror rendendolo più viscerale possibile per i tempi (seconda metà anni ottanta).
GLI AUTORI
Scrittori, sceneggiatori e musicisti, John Skipp e Craig Spector sono i fondatori del movimento letterario splatterpunk. Promotori di un modello di scrittura modellato sull’iperrealismo del cinema horror americano degli anni Ottanta e Novanta, insieme hanno pubblicato numerosi romanzi di genere horror e fantasy.
In fondo al tunnel
Autori: John Skipp, Craig Spector
Traduttore: Maria Barbero Piccioli
Editore: Fanucci
Pagine: 344
Codice ISBN: 9788834731390
Prezzo di copertina: 16,90 €



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