Teatro impegnato al cinema
Forse il miglior film del regista, il più psicologico e filosofico
After the Hunt - Dopo la caccia (Usa, Italia 2025)
Regia: Luca Guadagnino. Soggetto e Sceneggiatura: Nora Garrett. Fotografia: Malik Hassan Sayeed. Montaggio: Marco Costa. Scenografia: Stefano Baisi. Costumi: Giulia Piersanti. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Produttori: Brian Grazer, Luca Guadagnino, Jeb Brody, Allan Mandelbaum. Produttori Esecutivi: Nora Garrett, Alice Dawson, Karen Lunder, Justin Wilkes. Case di Produzione: Metro-Goldwyn-Mayer, Imagine Entertainment, Frenesy Film. Distribuzione (Italia): Eagle Pictures. Titolo Originale: After the Hunt. Paese di Origine: Stati Uniti d’America, 2025. Durata: 138’. Genere: Drammatico. Interpreti: Julia Roberts (Alma Imhoff), Ayo Edebiri (Maggie Price), Andrew Garfield (Henrik “Hank” Gibson), Michael Stuhlbarg (Frederik Olsson), Chloë Sevigny (Kim), Thaddea Graham (Katie), Lío Mehiel (Alex), Ariyan Kassam (Tony), Will Price (Arthur), Christine Dye (RJ), Burgess Byrd (Thomas).
Fa un po’ strano trovarmi da solo in un cinema di provincia a vedere un film davvero ben fatto come questo e pensare che negli anni Settanta ci sarebbe stata la sala piena. Forse il miglior film del regista (anche produttore), il più psicologico e filosofico, molto vicino alle tematiche di Antonioni e Bergman su famiglia e difficile comunicazione tra uomo e donna. La pellicola è ambientata benissimo a Yale - in realtà siamo a Londra, Università di Cambridge - tra le strade cittadine, i locali e le aule scolastiche, dove una straordinaria Julia Roberts è Alma Imhoff, insegnante di filosofia. Tema di fondo le molestie sessuali, la violenza subita da una studentessa da parte di un giovane professore che ha avuto una relazione anche con Alma. Il regista non dimentica di parlare dell’amore coniugale, inserisce una figura complessa - la sola del tutto positiva del film - come Frederik (Stuhlbarg) nei panni del marito comprensivo e innamorato di Alma. Luca Guadagnino approfondisce la psicologia di una donna contesa tra la passione del momento per il giovane professore (Garfield), l’amore per la ragazzina e la fedeltà coniugale. Il regista si cala nei panni di Maggie (Edebiri) seguendo la complessa sceneggiatura di Nora Garrett che vuol tenere in sospeso fino in fondo come sia avvenuto l’episodio di violenza carnale. Non fornisce verità preconfezionate, solo materiale da dibattere, come dovrebbe fare un vero intellettuale. Colonna sonora struggente, fotografia scura, montaggio compassato (138 minuti essenziali), movimenti di macchina sopraffini che passano dal breve piano sequenza al campo e controcampo con stacco di camera come negli anni Settanta. La sceneggiatura è molto verbosa, ricca di lunghi parti dialogate, tutte piuttosto colte e raffinate, soprattutto mai inutili e per niente artificiose, come ha scritto qualche critico importante. Tra gli interpreti spicca una tormentata Julia Roberts, sempre sulla scena con il suo dolore fisico e la sofferenza interiore, in uno dei personaggi più riusciti della carriera. Molto bravo anche Michael Stuhlbarg nei panni del marito psicologo, impegnato in una recitazione da appassionato cultore di musica e da coniuge innamorato della moglie. Bene Andrew Garfield come giovane professore che seduce Alma ma ha rapporti troppo liberi con le studentesse e perde il posto per aver superato il limite, anche se lo spettatore resta con il dubbio. Ayo Edebiri è Maggie, la pietra dello scandalo, un carattere complesso e confuso, non facile da rendere sulla scena, ma sia la sceneggiatura che la recitazione lo raccontano bene in tutte le sue sfaccettature. After the Hunt è teatro impegnato al cinema, senza che sia una valutazione negativa, tutt’altro, perché la complessità di questi tempi va solo valorizzata e promossa. Assolutamente da vedere. Meglio al cinema...
A cura di Gordiano Lupi
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