Ipotesi sopravvivenza di Mick Jackson

Il film più onesto mai girato sulla guerra nucleare

Che spoglia l’umanità di ogni pretesa di grandezza, riducendola a creature che scavano nel fango per un pezzo di pane contaminato

Ipotesi sopravvivenza (Gran Bretagna 1984)
Regia: Mick Jackson. Soggetto e Sceneggiatura: Barry Hines. Fotografia: Andrew Dunn, Paul Morris. Montaggio: Donna Bickerstaff, Jim Latham. Scenografia: Christopher Robilliard. Costumi: Sally Nieper. Trucco: Carol Gibbs, Derek Lloyd, Jan Nethercot, John Humphreys. Effetti speciali: Peter Kersey. Effetti visivi: Graham Brown, Peter Wragg. Produttori: Mick Jackson, Graham Massey, John Purdie, Peter Wolfes. Casa di Produzione: BBC. Titolo originale: Threads. Durata: 112’. Genere: Drammatico, Apocalittico, Postapocalittico, Guerra. Paese di Produzione: Gran Bretagna - 1984. Interpreti: Karen Meagher (Ruth Beckett), Reece Dinsdale (Jimmy Kemp), David Brierley (Mr. Kemp), Rita May (Mrs. Kemp), Nicholas Lane (Michael Kemp), Jane Hazlegrove (Alison Kemp), Henry Moxon (Mr. Beckett), June Broughton (Mrs. Beckett), Sylvia Stoker (nonna Beckett), Harry Beety (Mr. Sutton), Ruth Holden (Mrs. Sutton), Ashley Barker (Bob), Victoria O'Keefe (Jane), Paul Vaughan (narratore).



Ipotesi sopravvivenza (titolo originale Threads), diretto da Mick Jackson nel 1984, non è semplicemente un film: è un trauma collettivo trasformato in pellicola. Prodotto dalla BBC durante l'apice della tensione nucleare degli anni '80, resta a oggi una delle rappresentazioni più spietate, scientificamente accurate e devastanti di un’apocalisse atomica.

A quarant'anni di distanza, questo film continua a essere il termine di paragone per il genere post-apocalittico.
Il film adotta uno stile semi-documentaristico, quasi clinico. La narrazione si concentra sulla città industriale di Sheffield, in Inghilterra, seguendo inizialmente la vita quotidiana di due giovani, Ruth e Jimmy, che stanno pianificando il loro futuro dopo una gravidanza inaspettata.
Il titolo originale, Threads (fili), si riferisce alla complessa rete di connessioni sociali, economiche e tecnologiche che tiene in piedi la civiltà. Il film mostra quanto questi fili siano fragili: mentre i protagonisti si occupano di mobili e matrimoni, sullo sfondo (tramite radio e TV) sentiamo scorrere notizie di un’escalation militare tra USA e URSS in Iran. La trasformazione della società civile in uno stato di emergenza è descritta con una precisione burocratica agghiacciante. A differenza delle produzioni hollywoodiane (come The Day After), Threads non cerca di edulcorare l'impatto. Quando le testate nucleari colpiscono il Regno Unito, la regia di Jackson esplode in un realismo brutale: vediamo persone letteralmente paralizzate dal terrore, l'urina che scorre sulle gambe, il calore che scioglie le bottiglie di latte e brucia la carne. L'uso di fermo-immagine e il sonoro distorto amplificano il senso di shock. Non c'è eroismo, solo una sorda e improvvisa cancellazione della modernità.

La parte più innovativa e terrificante del film è la sua estensione temporale. Threads, infatti, non si ferma ai primi giorni dopo l'esplosione, ma prosegue per dieci, venti anni dopo. Il film illustra graficamente concetti scientifici come l'inverno nucleare, il fallimento dei raccolti a causa della mancanza di luce solare e della distruzione dello strato di ozono (che causa cecità e tumori della pelle). Uno degli aspetti più originali è mostrare come la generazione nata dopo l'attacco perda la capacità di parlare correttamente, regredendo a un dialetto stentato e primitivo, poiché l'istruzione è scomparsa. La civiltà torna a un livello medievale, dove il cibo è l'unica valuta e la vita umana non ha più alcun valore intrinseco.

Nonostante il budget televisivo, l'effetto è potente grazie alle scelte cromatiche: la fotografia, infatti, vira progressivamente verso i grigi, i marroni e il nero fuliggine, eliminando ogni colore "vitale". L'uso poi di scritte bianche su fondo nero che riportano dati statistici (morti stimate, tonnellate di detriti, livelli di radiazioni) conferisce al film un’autorità scientifica che lo rende ancora più inquietante.
Ipotesi sopravvivenza è un film difficile da guardare e impossibile da dimenticare. Non offre speranza, non offre redenzione e non offre un messaggio di "sopravvivenza eroica". Il suo unico scopo è servire da monito assoluto.
È un’opera che spoglia l’umanità di ogni pretesa di grandezza, riducendola a creature che scavano nel fango per un pezzo di pane contaminato. È, forse, il film più onesto mai girato sulla guerra nucleare. Si dice che dopo aver visto il film, l'allora Primo Ministro Margaret Thatcher rimase profondamente scossa, e il film contribuì a cambiare la percezione pubblica sulla reale efficacia dei piani di protezione civile dell'epoca.

Confronto con The Day After
Sebbene siano usciti a meno di un anno di distanza (1983 per l'americano, 1984 per il britannico), i due film presentano differenze abissali nel tono, nella struttura e nel messaggio finale. The Day After (USA) è strutturato come un classico "disaster movie" hollywoodiano. Ha un cast di primo ordine (come Jason Robards), una colonna sonora orchestrale e si concentra molto sul dramma emotivo dei singoli personaggi. Nonostante sia scioccante, mantiene una sua certa patina cinematografica. Threads (UK) adotta uno stile da falso documentario. Non ci sono eroi, non c'è musica enfatica, solo il rumore bianco della distruzione e una voce narrante fredda e clinica. Se The Day After è un film che ti spaventa, Threads è un film che ti traumatizza perché sembra "vero". The Day After si concentra sull'immediato post-attacco (giorni e settimane). Il film termina quando la situazione è disperata, ma i personaggi conservano ancora tracce della loro umanità e dignità. Threads si spinge molto oltre, coprendo un arco di 13 anni. Mostra il collasso totale non solo degli edifici, ma della specie umana. La scena finale (che non sveleremo per intero) suggerisce che non ci sarà alcuna ripresa, solo una lenta estinzione in un mondo barbarico. The Day After servì a scuotere l'opinione pubblica americana e lo stesso presidente ReaganThreads fu un attacco diretto ai piani di "Protezione Civile" del governo Thatcher, dimostrando graficamente che i consigli ufficiali (come rifugiarsi sotto i materassi) erano del tutto inutili di fronte a un attacco termonucleare su vasta scala.

Il regista Mick Jackson collaborò con scienziati del calibro di Carl Sagan (uno dei padri della teoria dell'inverno nucleare) per garantire che ogni dettaglio fosse accurato. Il film, ad esempio, mostra come le enormi tempeste di fuoco causate dalle esplosioni sollevino milioni di tonnellate di fuliggine nella stratosfera. Queste particelle non vengono rimosse dalla pioggia e creano una coltre nera che blocca la luce solare. Nel film vediamo Sheffield immersa in un crepuscolo perenne mesi dopo l'attacco. Le temperature scendono drasticamente (fino a -25°C), distruggendo ogni forma di agricoltura. Le esplosioni nucleari rilasciano ossidi di azoto che distruggono lo strato di ozono. Una volta che la cenere si deposita (anni dopo), la Terra viene colpita da radiazioni ultraviolette letali. Il film mostra i sopravvissuti anni dopo con gravi problemi di cataratta e tumori cutanei, costretti a coprirsi integralmente per evitare di essere "bruciati" dal sole tornato visibile ma diventato nemico.
Un aspetto scientifico-sociale unico di Threads è la rappresentazione dei Figli della Bomba. Le radiazioni causano malformazioni e aborti, ma il vero orrore è culturale: senza scuole, libri o una società organizzata, il linguaggio dei bambini regredisce a poche parole stentate. La scienza qui si sposta sulla psicologia delle masse e sulla perdita della trasmissione della conoscenza.

The Day After è un grido di avvertimento potente, ma Threads è la cronaca di un decesso. Se volete vedere come il mondo potrebbe finire, guardate il primo; se volete vedere cosa resta dopo la fine del mondo, il secondo è l'unica risposta possibile.


A cura di Tiziano Greco



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