Licantropia


La luna affascina e conquista chiunque si fermi ad ammirarla, che siano essi persone, animali o mostri.
E proprio nelle notti di luna piena i sopravvissuti raccontano di essersi imbattuti in creature orrende, cacciatrici di sangue dotate di forza esorbitante, metà uomini e metà lupi: i licantropi.
Fin dai tempi più antichi, si pensava che gli uomini guerrieri e gli sciamani fossero capaci di mutare la loro forma, per avvicinarla a quella di alcuni animali, per poter ottenere la loro forza, la loro agilità e il loro coraggio. Si narra che durante le loro feste pagane gli sciamani consumassero carne di lupo e venerassero l’animale come un dio. Era infatti l’animale che suggeriva al sacerdote i comportamenti e rituali. Il cibarsi della carne dell’animale era un sacramento solenne, un modo per acquistare ed assorbire una parte di divinità. Questo era un grande dono, che solo pochi potevano ottenere. Un dono che dava loro potere all’interno della comunità di cui facevano parte.
Divenire uomo-lupo comportava un cambiamento radicale non solo nell’aspetto e nell’utilizzo dei propri sensi, ma anche nell’essenza stessa della persona, nella propria personalità.
La vista, l’udito e l’olfatto acquisivano livelli mai sperati per una persona normale, l’intuito traeva in questa mutazione giovamento infinito. Ma, importante, era anche il rovescio della medaglia: aggressività animale, forza bruta, artigli taglienti come la lama di un rasoio, denti aguzzi con cui uccidere i nemici, squartandoli e divorandoli, senza lasciare loro alcuna speranza di sopravvivenza.
In questo modo il licantropo agiva indisturbato, seguito solo dall’ombra della notte, da sempre sua alleata.
 
Nella mitologia greca si parla della nascita del primo licantropo con Licaone, un re greco che sacrificò un bambino in onore a Zeus, offrendogli le sue carni. In questo modo scatenò la collera del dio e questi per punizione, lo trasformò in lupo, lasciando in lui delle fattezze umane, maledicendolo per sempre e condannandolo ad una vita di solitudine ed emarginazione.
Anche a Roma, dove veniva venerata la lupa di Romolo e Remo, esisteva il mito del licantropo. Il termine utilizzato per indicare il lupo mannaro era “versipellis”, il cui significato è “cambiapelle”. Infatti si pensava che all’interno del corpo umano crescesse il pelo della bestia e che fosse sufficiente rivoltarsi per effettuare la metamorfosi. Sempre a Roma nel I secolo d.C., Plinio affermò che i lupi mannari erano una realtà. Nella sua opera, intitolata “Naturalis Historia”, affermò che tale credenza era molto diffusa tra il popolo. Fornì inoltre particolari importanti sugli effetti del lupo e sul carattere magico della sua coda, che conterrebbe un talismano amoroso. Accusati di cannibalismo e stragi soprattutto di bambini, nel Medioevo, molte persone considerate licantropi vennero cacciate e uccise. Questo periodo storico è tristemente famoso per il suo fanatismo religioso e per la demonizzazione di ciò che all’epoca era sconosciuto.

Tra questi c’è il caso di Gilles Garnier, accusato e processato il 18 gennaio del 1573 a Dole dal giudice Henry Boguet, principale esperto di lupi mannari dell’epoca. Garnier aggrediva soprattutto bambini per poi nutrirsene.
Interessante notare che il paese di provenienza di Gilles Garnier si diceva fosse stato invaso dai lupi, ed era lo stesso luogo di origine di altri quattro uomini processati con le medesime accuse. Un altro caso di licantropia dell’epoca fu quello della famiglia Gandillion. Tutti i suoi membri furono considerati licantropi e anche in questa occasione fu il giudice Boguet a mandarli al rogo. Si narra che continuarono ad ululare e a camminare a quattro zampe anche dopo essere stati rinchiusi in cella.
Nello stesso periodo, con la “caccia alle streghe”, licantropia e stregoneria vennero sovente accomunate. A tal proposito in Francia, Italia, Svizzera e Germania numerose donne vennero accusate e, dopo aver confessato sotto tortura, barbaramente uccise.
Si diceva, infatti, che durante i sabba, le streghe potessero assumere nuova forma, come per esempio quella del lupo e di altri animali. Alcuni studi fatti in quel tempo descrivevano la procedura: la strega, o stregone, si denudava e si ricopriva con una pelle di lupo. Si ungeva il corpo con un unguento preparato con la velenosa radice di belladonna, fuliggine, sangue di pipistrello ed altri ingredienti. Infine, indossata una speciale cintura, stringeva un patto con il Demonio, che donava loro velocità e forza, necessari per sfamare la voglia di sangue e carne umana.
Una delle leggende legate alla donna-lupo nacque sempre in Europa, nel 1588. Essa narra di un uomo che riuscì a ferire un lupo mannaro e a mozzargli una zampa. Corse in paese per dare la notizia e mostrare il suo “trofeo”, quando improvvisamente si accorse di avere tra le mani una mano femminile. Tra la folla, un uomo riconobbe l’anello nel dito dell’arto amputato e corse a casa dalla moglie, trovandola mutilata ed intenta a fasciarsi la ferita ancora sanguinante.
La licantropia, nell’Europa medievale, era così diffusa da ricevere un posto d’onore anche in alcune rappresentazioni teatrali. In Francia, una novella racconta di un nobile che, ingenuamente, confidò alla propria moglie d’essere un lupo mannaro. Questa, con l’ausilio dell’amante, atteso il momento propizio, rubò gli abiti dello sventurato che, per pudore, non poté più riprendere le sue sembianze umane. Scambiato per un raro animale, venne donato al re. Poco dopo, il lupo si svelò al sovrano ottenendo la restituzione dei suoi abiti e giustizia, a discapito dell’infedele donna e del suo amante.
L’origine della licantropia, così come la sua storia, ha diverse facce.
Tra quella magica, c’è il racconto di Peter Stubbe. Vissuto in Germania, morì atrocemente il 28 ottobre del 1589, prima torturato con la ruota della tortura, decapitato, ed infine messo al rogo per mano della “Santa” Inquisizione. L’uomo, che uccise due donne incinte e 13 bambini, tra cui i suoi figli, raccontò di aver ricevuto in dono una cintura dal demonio, con la quale poteva trasformarsi in lupo ogni qual volta voleva.
Un’altra ipotesi sull’origine della licantropia, è quella della trasmissione tramite sangue o morso infetto. Si dice, infatti, che chi sopravviva al morso del licantropo sia destinato a subirne la stessa sorte.
Quella mitologica la troviamo nel racconto greco di Licaone, già esposto all’inizio di questa ricerca, mentre, quella più naturale è quella della malattia o induzione mentale. La stessa di cui si servivano gli antichi sciamani e i più valorosi e forti guerrieri per trarre forza o coraggio dal proprio io cosciente; forza che, se non gestita correttamente, avrebbe potuto dar vita a veri e propri mostri o, più propriamente, serial killer. Ad avvalorare quest’ipotesi, troviamo racconti simili in altre parti del mondo dove, al posto del lupo, si trovano altri animali: il leopardo, il coccodrillo (Africa); il tasso (Giappone); la tigre (India) e il giaguaro (America).
Quando la malattia, oltre che psicologica trovava riscontri in altre anomalie fisiche, come l’ipertricosi ad esempio (malattia per la quale una folta peluria ricopre interamente il corpo ed il viso lasciando scoperti solo i palmi delle mani e dei piedi), era facile dar vita ad un nuovo lupo mannaro. E se a questi si aggiunge la credenza popolare, il gioco è fatto. Così nascevano i colpevoli indiscussi di alcuni omicidi mai realmente risolti.
Io penso che ognuno di noi abbia il proprio lupo nel cuore, e quando la rabbia agisce incontrollata gli dona la forza necessaria a rompere le catene che lo tengono rinchiuso. La cosa importante è che esso non prenda il sopravvento, trasformandoci in pericolosi e spietati licantropi.

a cura di Manuela e Barbara