E finalmente il gran giorno arrivò: Martin Scorsese Premio Oscar alla regia. Certo, sono arrivati anche i premi come miglior film, miglior montaggio (Thelma Schoonmaker) e miglior sceneggiatura non originale (William Monahan ha attinto dal film hongkonghese Infernal Affairs). Ma la notizia è stata ovviamente l’illustre prima volta del regista Newyorkese, pilastro della New Hollywood, che nella sua pluridecennale carriera aveva solamente collezionato una sfilza di nomination, divenendo così il protagonista di un’inspiegabile e ridicola “ingiustizia cinematografica”.
Senz’altro un bel film, summa dei topoi scorsesiani (protagonisti disadattati e sopra le righe; dialoghi che colpiscono, così come la violenza genuina), con autocitazioni non da poco (il cinema porno e i fumi di una Boston dal retrogusto newyorkese, memori di Taxi Driver; le flessioni in cella di Di Caprio, omaggio a De Niro ne Il promontorio della paura).
Una pellicola solida, quadrata, avvincente ed
emozionante che tiene incollati alle poltroncine dall’inizio alla fine.
Ma… Sì, c’è un MA. Viene un po’ da storcere il naso pensando che l’Oscar
sia arrivato proprio con The Departed e non con reali colpi di genio innovativo come Taxi Driver o con saggi di “maestria registica” come Quei bravi ragazzi o Il promontorio della paura (so di dare giudizi un po’ facilotti, ma è quel che penso). The Departed
è oggettivamente un prodotto di grande qualità, ma a tratti Scorsese
sembra esasperare il suo stesso stile con scene di violenza talmente
forti e dialoghi così deliranti che emerge un senso del grottesco di
Tarantiniana memoria. E Jack Nicholson si trova perfettamente a suo agio
in questo folle turbine di spie, sospetti e sparatorie, nei panni di un
Costello che incarna tutta la follia dei suoi personaggi più celebri,
da Jack Torrance (Shining, 1980) a Jocker (Batman,
1989). Peccato che anche lui, con la sua bella maglietta con scritto
“Irish” e le mani sozze di sangue raggrumato, sia un po’ la caricatura
di se stesso. Chi invece si comporta alla grande è la coppia Damon/Di
Caprio, due facce della stessa medaglia, così simili, ma nel contempo
così diversi: spietato dalla faccia d’angelo il primo; tormentato, ma
inarrestabile il secondo. Da sottolineare una prestazione eccellente di
Martin Sheen (nei panni del paterno capitano Queenan) e di Alec Baldwin
(il capitano della Special Investigation Unit) un po’ appesantito, ma
sempre d’effetto.
La colonna sonora è azzeccatissima e vanta anche la presenza della mitica Let it bleed dei Rolling Stones, canzone dal titolo emblematico che descrive al meglio, in chiave sonora, l’atmosfera Hard Boiled del film.
La colonna sonora è azzeccatissima e vanta anche la presenza della mitica Let it bleed dei Rolling Stones, canzone dal titolo emblematico che descrive al meglio, in chiave sonora, l’atmosfera Hard Boiled del film.