Frontiers di Xavier Gens


Parigi, un gruppo di ragazzi, dopo una rapina, ideata con lo scopo di aiutare un’amica a risolvere una gravidanza indesiderata, vengono braccati dalla polizia, in fuga si dividono, dandosi  appuntamento in un albergo isolato dove diviso il bottino raggiungeranno il confine e quindi Amsterdam, ma i loro piani  cambieranno drasticamente,perchè si imbatteranno in una famiglia molto particolare che gestisce l’albergo  e che utilizza i clienti per soddisfare le loro particolari abitudini alimentari.

Il registro che Xavier Gens,  già regista del buon action Hitman, vuol dare, fin dai titoli di testa a questo survival horror è politico, la violenza e la follia come figlie di una dissoluzione dei valori a favore di un inprinting ideologico che partorisce solo idee deformi, cosi come i figli nati dalla violenza degli uomini membri  di questa folle famiglia “alternativa” su donne, vittime inermi, allo scopo di perpetuare una razza eletta  che di “puro” ha ben poco.
La famiglia  convenzionale deformata nello specchio della pazzia forse spaventa non poco Gens che ci mostra, attraverso il suo sguardo, un amore filiale e familiare affogato nel sangue e nel cannibalismo, atto estremo di affiliazione e rito propiziatorio, carne umana come feticcio, simbolo del dominio e della sottomissione, come Hooper a suo tempo con Non aprite quella porta ci aveva mostrato.
    
L’ispirazione alla  “famiglia della motosega” è palese in ogni fotogramma, così come l’amore per le citazioni sottolinea l’intera pellicola in cui ogni spettatore dal neofita al piu’ smaliziato cinefilo potrà pescare in  pellicole di genere degli anni ’70 e ’80.
Qualcuno potrà affermare che il senso di già visto pervade tutto il film, è vero, ma la rilettura dinamica e visivamente estrema delle iterazioni famiglia/elemento estraneo vengono sviluppate con un senso visivo fresco e al contempo rodato, e con un entusiasmo visivo di raro stile, quasi da poter accomunare l’estro registico di questo ragazzo francese ai primi Raimi e Jackson, senza avere però l’autoironia e il sarcasmo di questi ultimi, ma questo non è elemento indispensabile in pellicole del genere.
Basti ricordare il sequel del cult Non aprite quella porta ed il repentino cambio di registro di Hooper che quasi cartoonizzò la famiglia cannibale, spiazzando gli spettatori, ma mostrando un gusto per l'humour nero che avrebbe in seguito fatto scuola (ne è un esempio Stuart Gordon con il  suo Re-animator).
In Frontiers  è  proprio una mancata e approfondita  caratterizzazione dei personaggi della famiglia, nonno nazista a parte, che rappresenta forse il punto più debole dell’operazione, certamente la bravura degli attori sopperisce alla bidimensionalità di alcuni personaggi, ma l’affidarsi ad una sottolineatura dei caratteri più fisica che psicologica, toglie spessore agli stessi rendendoli poco memorabili. 
  
Per gli amanti del gore e dello splatter non mancheranno scene d’antologia, e sangue ad ettolitri, nella scena finale l’impatto è veramente notevole, anche grazie all’interpretazione di un cast fatto di giovani talenti Karina Testa su tutti eroina mai sottomessa e combattiva tanto quanto il genere richiede.
La fotografia, definita dallo stesso regista “rugginosa”, riesce a trasmettere un senso forte di claustrofobia e a trasudare cromaticamente l’aspetto più viscerale e viscido delle inquietanti  ambientazioni.
In conclusione Frontiers risulta un'ottima pellicola di genere, non assurge a capolavoro, ma lascia il segno, almeno ad un livello più viscerale, ammirevole il tentativo di dare una connotazione politica al racconto, ma lasciata Parigi, e accolti nella nuova  famiglia tutto il prologo si perde nel sangue e nella violenza cupa e senza freni, così da farci sorridere anche di fronte alle follie pseudo-genetiche e alla tenuta da SS del nazi-nonno, e così politica ed ideologie distorte si trasformano in una deforme caricatura che perde di spessore data in pasto al puro intrattenimento, ma almeno un messaggio rimane chiaro e violentemente nitido, una società priva di qualsivoglia valore partorisce mostri ed incubi terribilmente reali.
  
Giudizio: discreto.
    
a cura di Pietro Ferraro