Scomparso lo scrittore Jerome David Salinger. Da decenni viveva isolato. Il suo libro più famoso «Giovane Holden», uscito nel '51, vende tuttora decine di migliaia di copie.
Il
91enne J.D. Salinger — «La Garbo della letteratura», come l’ha
ribattezzato il «New York Times» — si è spento nella sua casa di
Cornish, nel New Hampshire, dove viveva da auto recluso da più di
cinquant'anni. L'annuncio della scomparsa è stato dato dal figlio Matt.
La conferma è poi giunta dall'agente, secondo cui il decesso è avvenuto
«per cause naturali, senza dolore alcuno».
Jerome
David Salinger era nato a Manhattan il primo gennaio 1919, figlio di
Sol Salinger, un ebreo di origini polacche che operava nel commercio di
carni, e diMarie Jillich, di origini metà scozzesi e metà irlandesi.
Quando si sposarono, la madre di Salinger cambiò il proprio nome in
Miriam e si convertì all'ebraismo; J. D. non seppe che sua madre era
convertita fino al giorno del suo bar mitzvah. Dopo le scuole superiori
s'iscrive alla New York University che abbandona nella primavera del
1937 per imbarcarsi su una nave da crociera. In autunno si fa
coinvolgere nell'azienda del padre, che lo spedisce nella filiale della
sua ditta a Vienna. Riesce a scappare un mese prima dell'annessione da
parte della Germania nazista, quando la sua stessa vita improvvisamente è
in pericolo. Tornato in America, frequenta il corso di scrittura della
Columbia University, e nel 1940 pubblica il suo primo racconto. L'anno
dopo inizia un'appassionata relazione con Oona O'Neill, figlia di Eugene
O'Neill, che però non esita a mollarlo per Charlie Chaplin. Nel 1942
parte come soldato alla volta dell'Europa, dove partecipa allo sbarco ad
Utah Beach nel D-Day e alla battaglia delle Ardenne. Assegnato al
controspionaggio, è tra i primi a entrare nei lager tedeschi. «È
impossibile non sentire più l'odore dei corpi bruciati, non importa
quanto a lungo tu viva», la figlia Margaret ricorda di avergli sentito
dire. Anche in guerra non smette mai di scrivere e, al ritorno, inizia a
collaborare con il «New Yorker».
Il giovane Holden
(edito in Italia da Einaudi), manifesto della ribellione giovanile da
ormai tre generazioni, esce nel 1951 e riscuote un immediato successo,
anche se le prime reazioni della critica furono negative. Dopo la
pubblicazione di Nove Racconti nel 1953, J. D. Salinger si ritira a vita
privata difendendo la propria privacy con un’ostinazione quasi
patologica, sino a raggiungere un isolamento da eremita. Da allora le
notizie su di lui si fanno frammentarie e contraddittorie. Di certo si
sa che ha collezionato ben tre mogli: la tedesca Shula, da cui divorzia
nel 1945 dopo solo otto mesi; la studentessa Claire Douglas, da cui ebbe
due figli, Margaret e Matt e l’attuale, Colleen O’Neil, sposata
nell’88. Nel 2000, sua figlia Margaret, con l’aiuto della madre Claire,
pubblica l’autobiografico «Dream Catcher: A Memoir» (edito in Italia da
Bompiani con il titolo L’acchiappasogni) dove fa a pezzi il padre
descritto come un sadico, capace di terribili violenze psicologiche sui
familiari più stretti che, avrebbe «costretto a vivere da prigionieri
virtuali». All’indomani della sua scomparsa resta il mistero dei suoi
inediti. Un’amante che aveva avuto negli anni Sessanta, finita la
relazione, disse che Salinger scriveva regolarmente e aveva completato
almeno altri due romanzi. Pare mettesse un segno rosso sui manoscritti
che si potevano pubblicare così come sono e uno blu su quelli da
revisionare.