Gianni
(Gianni di Gregorio) è un uomo di mezza età che vive a Roma assieme alla madre,
un’anziana nobildonna decaduta e vedova che lo opprime ogni giorno con le sue
richieste. I due non nuotano certo nell’oro e i debiti che hanno contratto nel
tempo aumentano ogni giorno di più. Quando l’amministratore, Alfonso, si
presenta in casa loro per riscuotere la quota delle spese condominiali, Gianni
ovviamente non è grado di pagare. Essendo però quest’ultimo pieno di debiti si
trova costretto ad accettare una sorta di favore: quello cioè di badare alla
madre di Alfonso durante la giornata di Ferragosto, in cambio della totale
estinzione di tutti i suoi debiti. Insieme alla madre, però, l’amministratore
si presenta poco dopo anche con un’altra donna, ovvero sua zia Maria. Dopo aver
accettato di malavoglia anche questa seconda presenza (e dopo un somma di
denaro come ricompensa), si presenta subito dopo il suo amico Marcello (medico
di famiglia) giunto in aiuto di Gianni che nel frattempo si era sentito male:
dopo essersi fatto raccontare tutta la strampalata vicenda (probabilmente causa
dello stress e quindi del malore) Marcello chiede al protagonista di occuparsi
anche di sua madre, dato che sfortunatamente la badante non è disponibile e lui
ha un turno di notte che lo aspetta. A questo punto Gianni è come in trappola e
si trova così a passare la giornata di Ferragosto assieme quattro donne
attempate…
Con Pranzo di Ferragosto, Gianni di Gregorio
debutta alla grande, vincendo il David di Donatello 2009 come miglior regista
esordiente e numerosi altri premi. E non c’è da meravigliarsi: il film è senza
dubbio uno dei migliori prodotti del cinema italiano degli ultimi quindici
anni, con scelte coraggiose che ne esaltano la fattura, e ne rimarcano l’autenticità
(come quella di utilizzare attori rigorosamente non professionisti, tranne lo
stesso Di Gregorio e Alfonso Santagata). Un film lento, ma esuberante;
apparentemente immobile, ma con una verve che si avverte ad ogni esilarante
scambio di battute; e, soprattutto, un film con una malinconica felicità di
fondo che tanto assomiglia alle città che si svuotano proprio nel giorno di
Ferragosto. Ottima regia, ottima sceneggiatura (tra l’altro la storia è
ispirata a un fatto realmente accaduto a Di Gregorio) e ottima alchimia tra
tutti i protagonisti.
Voto:
ottimo
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