Anno 1982. Sopra il cielo di
Johannesburg giunge un’astronave gigantesca. Il colosso, però, invece di
atterrare o muoversi, rimane ferma immobile a parecchi metri da terra, sopra la
città. Dal momento che per parecchio tempo non accade nulla gli uomini decidono
di entrarvi. Una volta aperti i portelloni la visione è agghiacciante:
moltissimi alieni sono stipati nelle cabine, malati, sporchi e denutriti. Visto
che l’astronave non sembra in grado di ripartire gli alieni vengono fatti stare
sulla terra, in un distretto separato dalla città degli uomini. Il Distretto 9.
Col passare del tempo, però, gli umani sopportano sempre meno i comportamenti
degli alieni (giudicati invadenti e caotici) e quindi il governo sudafricano
decide di spostarli in un’altra zona, più distante dal centro. Il timido
funzionario Wikus Van De Merwe viene incaricato di sgomberare il campo
profughi, ma si troverà di fronte a una fastidiosa serie di problemi, primo fra
tutti uno strano liquido nero sequestrato ad un alieno che lo stava fabbricando
di nascosto. La boccetta che lo conteneva, infatti, scoppierà in faccia a
Wikus, facendo iniziare così nel suo corpo una sorta di mutazione genetica.
District 9, diretto nel 2009 da Neill Blomkamp, è stato un vero caso
mediatico ricevendo ben quattro nominations all’Oscar, tra cui quella per
“miglior film”. Film la cui immagine e fama ebbe modo di svilupparsi grazie ad
un tam tam in rete alquanto accattivante, a partire dal sito internet al quale
si poteva accedere da umani o da alieni.
Blomkamp, sudafricano, aveva già collaborato con Peter Jackson (che lo aveva
adocchiato ai tempi del suo King Kong,
grazie al suggerimento di un suo collaboratore) nel cortometraggio Crossing the Line (2007), e in altri
lavori, come l’adattamento cinematografico del videogioco Halo, progetto in seguito abbandonato.
District 9 è un film senza dubbio interessante, anche se in realtà
non molto originale. Innanzitutto il tema della difficile integrazione tra
umani e alieni richiama tantissimo quello di Alien Nation, film del 1988 diretto da Graham Backer, da cui fu
tratta anche una serie TV (e di moltissimi altri sotto-casi che questa tematica
ovviamente è in grado di offrire). Il caratteristico stile documentaristico che
domina in quasi metà delle scene sembra poi seguire la scia del successo del
controverso e forse mai pienamente apprezzato Cloverfield (id. 2008) di appena un anno prima. Vi è inoltre una
chiara ripresa degli inserti giornalistici tipici di Paul Verhoeven (vedi Robocop – id. 1987 - o Starship Troopers – Starship Troopers, Fanteria dello spazio, 1987) la cui vena ironica
contribuisce a donare al tutto un senso di leggerezza a tratti quasi
necessario.
Un prodotto simpatico e interessante, insomma, che fa riflettere in
modo alternativo sulla questione dell’integrazione e della tolleranza. Il
setting di Johannesburg è ovviamente emblematico, sebbene risulti essere
un po’ troppo didascalico.
Voto: Buono