Fra l’Adriatico e il West - Edizioni Fernandel

La redazione GHoST segnala Fra l’Adriatico e il West, il nuovo libro di Eraldo Baldini edito da Fernandel Edizioni. Una raccolta di settantasette racconti comici, brillanti e surreali, a volte dissacranti, a volte iperbolici scritti dal maestro del «gotico rurale» che in questa occasione ci offre una cifra narrativa molto diversa. Storie venate di suggestioni del grande e del piccolo schermo, di chiacchiere da bar, di cultura pop e di ricordi paesani e d’infanzia. Racconti brevi e spiazzanti che restituiscono un profilo letterario inedito dell’autore di Mal’aria, Come il lupo, Nevicava sangue e diversi altri romanzi di successo.
Ma perché proprio settantasette? Perché negli Stati Uniti, oltre alla famosissima Route 66, c’è anche una meno famosa Route 77, che per la cronaca collega Bronsville, nel Texas, a Sioux City, nello Iowa. Luoghi che richiamano i miti del West, del cinema, del sogno americano vissuto da una terra ai confini con l’Adriatico che nel bene e nel male non ha niente da invidiare al Far West, a saperla guardare e leggere nella prospettiva epica e coinvolgente, seppure marcatamente ironica, di Eraldo Baldini.
Questi settantasette racconti commentano fatti di cronaca, trasmissioni televisive, eventi sportivi, vicende vere o fantasiose; a volte sono rivisitazioni sui generis della storia, della scienza e della medicina; brani scritti con uno humor intelligente e caustico, un po’ di cinismo e uno sguardo interrogativo, scanzonato ma attento sulla realtà. Un “divertissement” che non mancherà di irretire e di far sorridere.
Fra l’Adriatico e il West, anno: 2015, pagine: 240, codice ISBN: 978-88-9860-520-0, editore: Fernandel Edizioni.
     
Un assaggio del libro
Non ero mai entrato in una clinica psichiatrica, prima. Del resto, a quanto ne so, non ne sono rimaste molte dopo che la legge ha abolito i manicomi. C’è un qualche tentativo di pretesa allegria, le pareti sono dipinte a colori pastello caldi e rassicuranti. Ma le grate alle finestre e le grida che ogni tanto arrivano dalle stanze fanno rabbrividire. Ci sono malati che camminano persi nel loro vuoto, nel loro parlare da soli.
Raggiungo la camera della persona che cerco, un uomo di circa cinquant’anni, per farmi raccontare la sua storia: so che ha spesso momenti di lucidità.
Lo trovo che sta mangiando una pesca, gocciolandosi sulla camicia. Mi squadra a lungo prima di accordarmi un po’ di fiducia, poi comincia a rispondere alle mie domande con tono ora sommesso, ora acuto e nervoso.
Si chiama Antonio Vincenzi, è (era) un antropologo. Qualche anno fa, su indicazione di un suo collaboratore, aveva raggiunto un paesino della campagna romagnola, Bagnago: gli avevano detto, e la cosa non mancava di interessarlo e stupirlo, che ci viveva un personaggio strano, assolutamente degno di una visita e di un’indagine.
Aveva parcheggiato la macchina su una striscia di sterrato, davanti a uno spiazzo erboso su cui, tra gli sguardi ammirati di alcuni uomini, rombava un enorme trattore rosso. Poi si era avviato a piedi su quella che sembrava l’unica strada del paese, a parte alcune carraie che si perdevano tra alte pareti di granturco.
Le case, vecchie costruzioni coloniche non prive di una loro bellezza, erano tutte in fila sulla via. Poi all’improvviso l’aveva vista: una tenda, un teepee, di quelli che non mancano mai nei film western. Davanti a quell’inatteso ricovero, un indiano, con tanto di penne in testa, stava fumando a occhi chiusi un calumet.
Vincenzi, prima che l’uomo si accorgesse di lui, gli aveva scattato alcune foto. Per quel giorno poteva bastare. Aveva fretta e voleva sincerarsi che la pellicola restituisse tutta l’assurdità di quella visione, voleva essere certo che fosse vero.
Era tornato alla macchina ed era corso a Milano, nel suo studio. Da lì aveva inoltrato le foto a un collega che dirigeva un museo storico dedicato ai nativi americani, a Sioux City, nello Iowa, che gli aveva fatto avere una risposta in poche ore: non c’era dubbio, quello nelle foto era un indiano Potawatomi. L’abbigliamento e i disegni sul teepee lo testimoniavano senza tema di errore.
       
L'AUTORE
Eraldo Baldini è nato in provincia di Ravenna, dove ancora vive. È scrittore, saggista e sceneggiatore. 
In campo narrativo ha pubblicato, per Frassinelli, nel 1998 Mal’aria (Premio «Fregene»), nel 1999 Faccia di sale (Premio «Serantini»), nel 2000 Gotico rurale (Premio «Settembrini - Regione del Veneto»), nel 2001 Tre mani nel buio, nel 2002 Bambine. Per Aliberti, nel 2007, insieme a Massimo Cotto, Le notti gotiche. Per Edizioni Ambiente, nel 2007, Melma. Per Einaudi ha pubblicato nel 2003 Bambini, ragni e altri predatori, nel 2004 Nebbia e cenere, nel 2006 Come il lupo (Premio «Predazzo»), nel 2008 (con Alessandro Fabbri) Quell’estate di sangue e di luna, nel 2011 L’uomo nero e la bicicletta blu (Premio Internazionale «Montefiore Conca»), nel 2012 Gotico rurale 2000-2012, nel 2013 Nevicava sangue. Per l’editore Fernandel ha pubblicato nel 2015 la raccolta di racconti Fra l’Adriatico e il West.
Suoi racconti compaiono in diverse antologie. Le sue opere sono tradotte all’estero da importanti editori. In campo saggistico ha pubblicato numerosi volumi su tradizioni e  culture popolari: ricordiamo Halloween (Einaudi 2006) e Tenebroso Natale (Laterza 2012), entrambi scritti con Giuseppe Bellosi.
Ha scritto sceneggiature e soggetti per il cinema e la televisione. Dal suo romanzo Mal’aria è stato tratto il film tivù omonimo trasmesso in due puntate da Rai Uno nel 2009. Il suo sito è: www.eraldobaldini.it