La morte di Laura Antonelli

Fa riflettere il fatto che dinanzi alla morte di un’attrice (non necessariamente) anziana e (per i più svariati motivi) un po’ decaduta (vedi Lilli Carati), si sprechino gli elogi funebri e i commenti iperbolici, ma soprattutto intrisi di pietismo morboso. Anche da parte di chi non se la filava quand'era in vita e nel massimo dello splendore. È successo, ovviamente, per Laura Antonelli, scomparsa giovedì 25 giugno: abbiamo letto e ascoltato una serie di banalità sottolineate senza vergogna. Ad esempio che “disse no a Hollywood”, sparato a caratteri cubitali dagli stessi quotidiani che, in un altro articolo, pubblicizzano una pessima serie televisiva americana. Per non parlare della triste retorica di certi miseri talk-show che in genere fanno sciacallaggio da anni sulle povere vittime di brutali omicidi. Laura Antonelli è stata una donna stupenda e di discreta bravura. Però tra i film che l’hanno vista protagonista quelli davvero buoni si contano sulle dita di una mano. Non tanto Malizia di Samperi (regista che l’ha fatta diventare una star e ne ha segnato, nel bene e nel male, la carriera) o Divina creatura di Patroni Griffi, che sono i più celebri. Piuttosto Trappola per un lupo di Chabrol, Passione d’amore di Scola nonché, ma solo in parte, Gli sposi dell’anno secondo di Rappenau e L’innocente di Visconti. Non malvagi, e certo memorabili per la sua bellezza, Venere in pelliccia di Dallamano e Il merlo maschio di Campanile. Per il resto la ricordiamo volentieri in alcuni episodi di Sessomatto di Dino Risi e nei tutto sommato divertenti Mi faccio la barca di Corbucci e Viulentemente mia di Vanzina. Ma, e lo si potrebbe scrivere a proposito della maggior parte delle attrici italiane (comprese le splendide trentenni che oggi lavorano nelle fiction e sulle quali nessuno si sogna di scrivere articoli elogiativi), i film migliori della sua carriera sono quelli che non ha interpretato.