Gli horror di oggi non hanno stacchi di camera, l'orrore va giù dritto in gola in un solo sorso. Mentre una volta si filmava prima il coltello e poi dopo la pugnalata, ora la visione scorre in una sola inquadratura. Vediamo, grazie al digitale, la lama lenta graffiare la pelle e poi entrare nella carne, il tutto in un piano sequenza da brivido. Un esempio sono i recenti torture porn. C'è un regista però che ancora prima dell'avvento del digitale predisse tutto questo: il padrino del gore Lucio Fulci. Niente computer negli anni '80 ma effetti artigianali ritratti in inquadrature senza scatti, una su tutte Frayeurs. Il trapano che buca la testa di Giovanni Lombardo Radice. Vediamo il metallo perforare il cranio senza nessun cambiamento di immagine. Lo stesso succede in The Beyond: l'uomo mangiato dai ragni. Le bocche infernali entrano nella faccia, le zampette ispezionano la gola, i morsi strappano gli occhi e la lingua del malcapitato.
Elementi affini a Hostel si possono riscontrare nell'utilizzo della fiamma ossidrica come tortura in Contraband. Nel film con Fabio Testi, i gangsters massacrano una donna brutalmente bruciandole il volto. Anche in questo caso non ci sono tagli sequenziali ma avviene la ripresa diretta.
Mentre Dario Argento negli anni '80 e '90 fabbricava film horror, in cui frequenti erano i cambiamenti di inquadratura, Fulci sviluppava il gore. Il poeta del macabro costruiva dei quadri di sangue in piani sequenza allucinanti. L'apoteosi verrà raggiunta con The New York Ripper dove una prostituta viene orrendamente uccisa. Il rasoio piano taglia l'occhio e scende giù, inesorabile, per tutto il corpo. La formula pre-digitale continua con Touch of Death dove possiamo trovare un tripudio di gore. Il protagonista, Lester Person, sevizia delle donne e le affetta con la motosega. Dopo averle sapientemente sezionate, Person fa quello che farà negli anni a venire Anthony Hopkins con Hannibal Lecter: le divorerà.
Lucio Fulci è stato un innovatore del linguaggio. Utilizzò le regole del digitale prima ancora che esistesse.
a cura di Francesco Basso