Vigliacchi! Il mio j’accuse al mondo degli adulti di Amelia C.
“Io non voglio più provare vergogna, non voglio avere sensi di colpa. Voglio che il mio desiderio sondi l’insondabile, ciò che è impossibile governare, l’eccedenza che non può essere tenuta al guinzaglio. Io voglio espormi al rischio della vita pienamente. Avrò paura ma non avrò paura di avere paura. Non voglio sacrificarmi sull’altare del pensiero di questa società che non riconosce il mio io incerto, dubbioso e forse anche narciso.”
La copertina di questo libro, insieme alla descrizione dello stesso, mi incuriosisce. La noto in un post sul profilo di Marco Philophat, fondatore e direttore della casa editrice Agenzia X, con cui il libro è uscito. È un post della stessa Amelia C. Lascio un commento affermando che condivido quello che dice e le chiedo l’amicizia su Facebook perché mi sembra una persona interessante. Scopro che ha diciassette anni e ciò non fa scemare il mio interesse anzi lo aumenta.
Raymond Radiguet, a chi, magari per invidia, gli rinfacciava il fatto di aver scritto Il diavolo in corpo tra i sedici e i diciotto anni, rispondeva: “Tutti i grandi scrittori hanno composto i loro primi capolavori a sedici annui; i più grandi sono quelli che sono riusciti a farlo dimenticare”. Jim Carrol in The basketball diaries, pubblicato in Italia con il titolo di Jim entra nel campo di basket diceva: “Sono solo un ragazzino ma ho visto il vostro gioco.”. Jim aveva scritto il suo libro tra i tredici e i sedici anni. Questa frase appare nell’ultima parte del libro che era proprio il suo diario. Fu elogiato da Jack Kerouac.
Credo che Raymond, Jim e Amelia, che non si droga come invece faceva Jim, in una ipotetica altra dimensione spazio temporale, avrebbero potuto fare una bella chiacchierata irriverente sul mondo degli adulti.
Compro l’ebook e lo leggo, dopo aver inforcato gli occhiali da lettura, in tre, quattro ore di notte, tanto mi prende. Nel silenzio totale, io, il kindle e il vecchio nokia senza sim che uso abitualmente per prendere appunti. Le poche informazioni che Amelia da di sé nella nota introduttiva mi intrigano. La citazione da Le belle bandiere di Pier Paolo Pasolini, intellettuale in realtà mai capito in fondo dallo estabilishement, tanto meno dai “compagni”, mi affascina. Pasolini esalta i ragazzi generalmente pieni di iniziativa e voglia di fare e condanna gli adulti conformisti e apatici. Ovvio che si tratta di generalizzazioni, in genere sbagliate ma, in questo contesto, giuste. Pasolini, provocatorio e irriverente, uomo libero dagli schemi politici e culturali, era un vero rivoluzionario. E Amelia C. parte da quello spirito “anarchico” e rivoluzionario. Adopera la generalizzazione come strumento di rivolta apocalittica.
Parliamo con calma ora del suo J’accuse agli adulti.
Amelia C. riporta le accuse generalmente rivolte ai ragazzi. Sempre attaccati allo smartphone, fuori dal mondo reale, etc. Che cos’è la realtà? chiede Amelia C. E ha ragione. Io lo pensavo a vent’anni e lo credo tutt’ora. La realtà, intesa come dimensione unica valida per tutti, non esiste: ci sono tante realtà quanto ogni individuo. Ognuno ha la sua sala cinematografica dove proietta il proprio film. E reale e virtuale non sono in contrasto tra loro: chi ha il diritto di dire cosa è la realtà. “E’ reale solo il mondo delle idee” dice Amelia C., citando Platone. E non è l’unico filosofo che cita. Che la realtà non sia solo quella fisica lo sanno/sapevano gli sciamani ma in realtà lo sanno anche gli adulti che si rifugiano in realtà virtuali fatta di reality show, programmi idioti e cronache avvilenti. Il bambino sa che i suoi sogni sono reali. Per questo teme gli incubi più degli adulti. L’adolescente sa che i fumetti che legge e i film che guarda sono dimensioni altre. Ma crescendo si dimentica.
“Noi siamo diversi” dice Amelia e aggiunge che gli adulti non fanno il minimo sforzo per capire i ragazzi. Scrivono libri e fanno conferenze e predicano sull’amore e l’eguaglianza ma alla fine reiterano comportamenti xenofobici, omo e transfobici e sono pederofobici e pedofobici. Hanno paura dei loro figli: come i bambini ne Il villaggio dei dannati, li pensano come una comunità di tutti uguali; predicano il diritto di esprimersi e lo sviluppo individuale, ma quando un adolescente prende una strada che non capiscono, questo li sconcerta e si rintanano nelle loro gabbie mentali. Continuano a predicare dall’alto di fragili pulpiti. Ma l’apocalisse è qui e ora e i ragazzi lo sanno. Il nostro mondo e già finito e un altro sta nascendo e non sapppiamo come sarà e perché dovremmo poi? L’errorre commesso da tutti i rivoluzionari e stata la programmazione. Ma, diceva Vincenzo Sparagna in un editoriale di Frigidaire, rivista anni 80, in cui spesso lui condannava la critica ipocrita e ambigua che già allora (è un mantra che si ripete) gli adulti muovevano ai giovani: “’Noi non sappiamo come sarà il mondo migliore che costruiremo”. Utòpia si trasforma nel suo contrario se si pensa troppo a come sarà il mondo nuovo: ci basti sapere che è già nato.
I futuristi non avrebbero condannato la velocita dei nostri tempi e la possibilità di accesso a milioni di contenuti, interessanti o meno che offre il web. In contraddizione tra loro? Sicuramente. Ma siamo sicuri che la bibblioteca di Babilonia non contenese punti di vista differenti e contraddittori? Non è forse vero che per conoscere la storia bisogna leggere da punti di vista differenti? Sì, voi adulti lo sapete e lo predicate ma non lo fate: predicate bene e razzolate male. E quando giudicate i giovani siete orrendi. Ma basta poco. Ricordate la vostra adolescenza e i vostri vent’anni ma ache i quindici e i quattordici. L’adolescente è, per sua natura, un ribelle senza causa, un rivoluzonario senza programmi, un esploratore di zone liminali ed esperienze al limite. Molti accendono il fuoco della rivolta da giovani. E lo spengono da adulti. A parte i pochi che ricordano: gli anarchici veri e i vecchi comunisti, come lo zio che Amelia ricorda con affetto.
Personalmente io non dirò mai a un giovane come deve cambiare il mondo. Loro lo sanno già e la rivolta e già in corso: viva l’anarchia che già c’e. Lottiamo oggi perché il mondo diventi una grande zona liminale: luogo di incontro reale e non di confronto inutile e sterile. Prima ascoltate i ragazzi e poi parlate loro. Sto generalizzando? Certo. Lo faccio apposta come fa apparentemente Amelia che cita Pasolini e ricorda il vecchio zio comunista. E, se pensate che questa sia una contraddizione, mi spiace per voi ma non state capendo. Il punto e proprio questo: i ragazzi non sono tutti uguali cosi come gli adulti: tutti quanti noi veniamo ridotti a numeri di statistiche ma non lo siamo. L’essere umano è Unico, uno splendido organismo olistico che quando pone mente e corpo in equilibrio può sfidare gli dei. E quando entra in connessione con altri esseri Unici, allora si crea veramente una società libera che non voglio nemmeno chiamare anarchica perché la parola. Anarchia perde valore quando viene ingabbiata nelle definiizioni. Il vero anarchico smette di esserlo nel momento in cui si definisce tale. Sto delirando? E lasciatemi delirare. Sono pazzo? Forse, e allora?
Amelia C. non è fuori dalla “realtà”. Vigliacchi non è il libro scritto da una disadattata solipsistica: infatti ci sono riferimenti all’aggressione Israeliana al popolo palestinese, aggressione che, come dice giustamente Amelia C. va oltre il legittimo principio di autodifesa. E Amelia C. parla anche della guerra russo-ucraina. Chi scrive pensa che tutte le bandiere siano oscene, tutte le patrie gabbie e gli dei siano sempre falsi. Il popolo palestinese dovrà liberarsi dal giogo israeliano prima e da quello di Hamas dopo. Ucraini e russi dovranno imparare a convivere in pace lontani dalle ossessioni di potere dei loro rispettivi governanti.
Amelia C. sa essere anche ironica e scrive molto bene: usa un linguaggio chiaro e ritmico. Cosi come non censura niente del proprio pensiero. Usa le parole come fossero proiettili e le frasi come mitra. Bisognava “portare l’attacco al cuore del sistema” ricordate? Dico a voi che avete vissuto i settanta. Sì, ma per poi replicare gli stessi schemi politici e sociali e culturali. Allora state fermi che è meglio. Non fate niente. Silenzio. Ascoltatevi e ascoltate. Parlate con gli emarginati, con i pazzi, con i disadattati.
Amelia C., con il suo stile incendiario, tirato come una lunga canzone trap, che alterna periodi brevi e altri lunghi armonicamente, affronta tuuti gli argomenti possibili. Usando anche l’ironia. Dalla scuola dove si fa finta di insegnare, al divorzio e alle ipocrisie di chi resta insieme nonosttante le incomprensioni. Ma anche le famiglie allargate sono ipocrite, secondo Amelia C. e anche sesondo me. Il libero amore istituzionalizzato. Amelia C dice che non fa uso di droghe ma condanna l’ipocrisia e l’ambiguitta degli adulti che ne hanno combinate di cotte e di crude e molti di loro continuano a farlo.
Quindi tocca al sesso. Gli adulti sono incapaci di accettare che la società adesso, sul piano sessuale, è fluida, che le identità di genere sono sorpassate, che per molti giovani non ha più senso definirsi maschi e femmine ma neanche omosessulai o eterosessuali. Aggiungo io che anche il discorso sul rispetto della diversità di genere rischia di essere istituzionalizzato, pietrificato dai media tradizionali. “Beato chi è diverso, essendo egli diverso” diceva Sandro Penna. Non è beato chi va nei salotti televisivi a istituzionalizzare la diversità.
E poi tocca alla pornografia che, dice giustamente Amelia C., è consumata soprattuto dagli adulti che, miserandi ipocriti e ambigui, mettono in guardia i ragazzi dal guardarla.
Insomma, cari adulti, coetanei miei, smettete di predicare da pulpiti e palchi tanto le parole come rappava Mondo Marcio spesso “non servono a niente”.
Piuttosto leggete questo libro illuminante e rivelatore/liberatorio che, ne sono sicuro, in molti di voi, porterà alla luce quello che già contenete in maniera embrionale o semi embrionale.
Qualcuno dirà che questa non è una recensione vera e propria e avrà ragione. Che magari ogni tanto ho confuso la voce di Amelia con la mia e anche qui, chi lo dirà non avrà torto. Amelia C. accende il fuoco e io lo raccolgo senza paura di bruciarmi.
E voi?
L'AUTRICE
Mi chiamo Amelia C. ho 17 anni. Ho I capelli rossi. Vivo nel nord Italia, frequento un liceo classico. Non ho social, se non il profilo Facebook aperto per l’uscita di questo libro, perché so che gli adulti a cui rivolgo il mio j’accuse usano quella piattaforma.
Nessuna altra caratteristica di riconoscimento intendo rendere nota.
A cura di Luca Bonatesta
Vigliacchi! Il mio Je accuse al mondo degli adulti
Autrice: Amelia C.
Editore: Agenzia X
Codice ISBN: 979-1281438323
Pag. 144
Prezzo: edizione cartacea: 12 €; ebook 6,99 €