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Doomsday di Neil Marshall


Terzo lungometraggio per il promettente Neil Marshall ("Dog Soldiers", "The Descent") che dopo due horror, passa alla sci-fi di azione. Più che sci-fi, direi che Marhall confeziona il suo tributo a un genere specifico: il c.d. "post atomico". "Doomsday", infatti, sintetizza le varie sfaccettature di questo sottogenere proponendo uno script che ripropone – pari pari - gli elementi di forza di "1997 Fuga da New York" (area, isolata dalla civiltà, infestata da teppisti; protagonista spigoloso che viene incaricato di penetrare nell’area, per porre rimedio a un problema che minaccia l’esterno; epilogo beffardo, in cui il protagonista si prende gioco dei suoi superiori) miscelandoli con espliciti omaggi a "Mad Max II" (scena dell’inseguimento finale), "Mad Max III" (esplicito ritorno al medioevo, con combattimenti in arena), "Fuga dal Bronx" (militari con elmetti fracassati dalle mazze dei teppisti), "I Nuovi Barbari" e "I Guerrieri della Notte" (per il folkloristico ed eccessivo look dei personaggi punk) e, infine, "28 Giorni Dopo" (idea del virus che falcia l’intera popolazione, con successiva presenza di strade deserte e città disabitate) e "La Terra dei Morti Viventi" (autoblindati messi sotto assedio). Marshall, inoltre, condisce la sua sceneggiatura con un umorismo posticcio (a tratti irritante) con battute che ricordano film come "L’Ultimo Boyscout" (su tutte l’espressione: "toccami di nuovo e ti ammazzo"). Non manca qualche buco narrativo e qualche passaggio farraginoso (in linea di massima concentrati nell’ultimissima parte) e un paio di scene grottesche che stonano con tutto il resto (vedi la fine che fa il capo dei punk). Per i curiosi, si segnala la presenza di due personaggi i cui nomi sono Carpenter e Miller (rispettivamente i registi di "1997 Fuga da New York" e della trilogia "Mad Max").
  
Al di là di questi aspetti, il film si segnala per un ritmo serrato e per un indubbio gusto per i B-movies di un tempo. Come sua abitudine, l’autore inglese non lesina in sparatorie e gore (decapitazioni, amputazioni, sormontamenti e scene cannibaliche si susseguono una dietro l’altra senza lasciare niente all’immaginazione dello spettatore).
Interpretazioni sufficienti, con una Rhona Mitra ("Highwaymen", "L’Uomo senza ombra") che, promossa al ruolo di protagonista, se la cava prendendo come modello la Kate Beckinsale di "Underworld" nonché il buon vecchio Iena Plisken (con tanto di benda su un occhio). Piccolo ruolo anche per l’immenso Andy McDowell ("Arancia Meccanica", "Evilenko", "Firestarter II"), qui un po’ sprecato. 
  
Ottima la messa in scena con un mix di computer grafica (per fortuna si evitano gli abusi e si da spazio agli stunt-man come si faceva un tempo) e nebbie artificiali ricreate sul set. Very good la fotografia, il make up (bella la scena "baviana" in cui un uomo viene dato alle fiamme) e le scenografie (un po’ "fumettistiche").
Colonna sonora a tratti "carpentariana". Per nostalgici (come il sottoscritto).
 
Giudizio: buono.

a cura di Matteo Mancini