Lo splendore sinistro della metropoli.
Questo film non appartiene fortunatamente alla “moda” del sequel, ovvero
non nasce dal bisogno incontenibile di esplicitare, mostrare e
sfruttare quanto nel primo film veniva solo evocato (per precise ragioni
il più delle volte). In effetti si potrebbero distinguere due tipi di
sequel: il primo tipo è quello appena menzionato, che non capisce o poco
gli importa di capire che molto spesso l’inespresso di un film deve
restare tale (penso al seguito di opere come The Ring o di Blair witch project).
Questo tipo sfrutta i pruriti degli spettatori più morbosetti, quelli
per intenderci che vogliono “vedere” il più possibile, quelli che
proprio per questo hanno detestato Blair witch, che a loro dire
troppo lasciava intendere e troppo poco vedere. Il secondo tipo è
quello più fertile e più interessante, perché più umilmente continua a
raccontare, non disturbando il primo film, i cui misteri resteranno
tali. Ci possono essere ovviamente incroci interessanti, anzi
formidabili, tra i due tipi - gli alieni di Cameron per esempio - ma
credo che la distinzione possa essere mantenuta.
Veniamo al nostro.
L’opera di Boyle è un piccolo capolavoro della fantascienza
cinematografica contemporanea, uno dei film più suggestivi degli ultimi
anni. Il merito di Fresnadillo risiede nel sapiente equilibrio che
riesce a creare tra continuità e discontinuità rispetto al primo film.
Vedendolo riconosci e non riconosci, ritrovi e non ritrovi il tratto di
Boyle, che in effetti c’è e non c’è. Mi sentirei quasi di dire che
Boyle prima e Fresnadillo poi hanno creato una sorta di poetica della
desolazione urbana. Mai vista una città inquietante come la Londra del
lungometraggio di Fresnadillo, una città familiare ed al tempo stesso
assolutamente irriconoscibile. Per non parlare di altre perle visive,
che non voglio anticipare. Una città, quella deserta, tutta per te, ma
insostenibile nella sua vastità priva di vita.
Una città che sembra ormai incapace di ospitare di nuovo la civiltà,
malgrado il tentativo di ripopolazione, di cui il film è la cronaca e il
racconto. Vorrei dire il meno possibile su questo film, che non
presenta novità di rilievo sul piano del motore narrativo (il virus
della rabbia che trasforma gli esseri umani in bestie feroci). La sua
bellezza risiede nell’affresco di Londra, inospitale e al tempo stesso
abitabile come mai lo è stata, vuota e al tempo stesso minacciosa,
orribile e al tempo stesso affascinante. Il film di Fresnadillo merita
di essere annoverato tra i lavori che hanno cantato lo splendore
sinistro della megalopoli contemporanea.
a cura di Michele Alessandrelli
Fonte: Offscreen