Dopo essere stato impegnato nell'ultimo decennio con il ciclo SpiderMan,
Sam Raimi torna al suo primo vero amore, l’horror, quello che lo ha
fatto conoscere al mondo intero, e nel farlo, dopo le sue ultime
esperienze di ‘genere’ come The Gift e L’armata delle Tenebre, Raimi realizza un altro capolavoro dei suoi, Drag Me To Hell. Ventotto anni dopo La Casa (aka Evil Dead)
il vecchio e inossidabile Sam torna a farci divertire e spaventare con
un altro dei suoi folli Luna Park dell’orrore, dove ogni delirante
follia non solo è possibile ma è la benvenuta.
Con una sceneggiatura scritta a quattro mani con il fido fratello Ivan, il progetto Drag Me To Hell
in realtà è un’idea di Raimi rimasta nel cassetto per quasi dieci anni
ispirata a una storia che sua madre gli raccontava da bambino per farlo
stare buono durante i viaggi in automobile.
Dunque il buon vecchio Sam, attraverso la sua casa di produzione di genere Ghost House Pictures
si stacca per un attimo dalle mega produzioni vincolate a rigide regole
da rispettare per riabbracciare così una produzione low budget sulla
quale avere totale carta bianca.
A dimostrarlo
il film stesso, a volte talmente ironico e volutamente demenziale da
risultare semplicemente geniale. L’umorismo che ha reso gli horror di
Raimi unici nel loro genere torna a farsi vedere e sentire, dall’inizio
alla fine, in una pellicola dove a palesarsi è il divertimento provato
dal regista stesso nel girarla.
La trama, tanto semplice quanto
efficace per questo genere: Christine è un'impiegata all'ufficio
prestiti che per ottenere una promozione deve mostrare le sue capacità
al suo capo. Pertanto nega un'ennesima proroga di rimborso prestito
richiesta da un'anziana gitana che per vendetta getta su Christine una
terribile maledizione. Da quel giorno la vita di Christine diventa un
inferno. Disperata chiede ad un veggente di aiutarla a liberarsi del
demone che si è impadronito della sua anima ma ogni tentativo risulta
vano. Infine Christine scopre che l'unico modo che ha per salvarsi è
quello di trasferire la sua maledizione su di un'altra persona, ma
l'impresa risulta più ardua del previsto.
Da questa base nasce e si sviluppa Drag Me To Hell, in un
vortice di trovate registiche di primissimo livello, intervallate da
situazioni splatter al limite della sopportazione e da situazioni
comiche che vi faranno letteralmente sganasciare dalle risate. Raimi
gioca, si diverte a prendere e a prendersi in giro, reinventando
nuovamente il genere, come solo lui probabilmente riesce a fare.
La sua macchina da presa nei frequenti momenti di frenesia sembra come impazzita e non mancano quindi le carrellate alla Evil Dead,
così come le inconfondibili scene con audio iperrealistico, o le sue
inquadrature sghembe con movimenti di macchina virtuosistici, e poi
ancora demoni bavosi, animali spiritati e parlanti, diluvio di liquidi
organici e gag splatter quasi da cartone animato.
A seguirlo, in questo delirante viaggio verso l’Inferno, la giovane e convincente Alison Lohman, letteralmente sottoposta ad ogni tortura possibile, con Justin Long nei panni dello scettico fidanzato e la straordinaria Lorna Raver
in quelli dell’inquietante Sylvia Ganush. A bizzeffe le scene da vedere
e raccontare, per un film che nel suo complesso merita immediatamente
l’etichetta di ‘cult movie’, come già successo ad altri indimenticabili
titoli di Raimi. Nell’andarlo a vedere un unico consiglio… preparatevi
più a ridere che a spaventarvi, anche se mescolando il tutto non potrete
che esaltarvi dinanzi ad una simile lezione di cinema.
La speranza a
questo punto è che Sam non ci faccia aspettare altri anni prima di
tornare al suo genere, l’horror (in teoria non dovrebbe accadere, c’è La Casa 4 dietro l’angolo!). In caso contrario, detto sinceramente e senza troppi peli sulla lingua, che l’Uomo Ragno vada pure in pensione, perché privarci di questo folle, delirante, esilarante e geniale Raimi è un’assoluta ingiustizia.