Grazie, Marlon

Grande Marlon Brando... E chi non ricorda l’interprete straordinario di tantissimi film a volte anche scabrosi ma sempre di intensa e elevata qualità artistica dove l’attore trasmetteva la sua carica passionale per l’arte, la giustizia degli uomini in cui credeva, ma la cosa che più mi ha colpito è stata la lezione che ci ha lasciato che riguarda il grande pubblico ma che riveste un significato particolare per coloro che sono ammalati di "Indianite" come me.
Marlon era un grande estimatore delle culture native americane, grande sino al punto di fare rilevanti scelte politiche concrete di sostegno alla causa. Insomma, si sporcò le mani, giocò seriamente a fare "l’indiano"; non come tanti, forse troppi, che scimiottano i nativi. Ai nativi americani serve sostegno politico e spesso economico. Questo ha fatto Marlon: dal rifiuto a ritirare il premio Oscar inviando una donna nativa: dall’acquisto di terre poi restituite agli stessi nativi; alla partecipazione alla grandiosa Marcia dei Trattati Infranti nel 1972; senza dimenticare le donazioni di introiti cinematografici. Marlon si rifiutò anche di celebrare a modo suo la presunta scoperta dell’America.
"Cinema: Marlon Brando, via il mio nome da film su Colombo, testuali parole di un titolo tratto da una agenzia A.N.S.A. del 92: sì proprio l’anno della grande abbuffata celebrativa.
Marlon nel 1992 chiederà che il suo nome sia rimosso dai titoli del film "Cristoforo Colombo: la scoperta". Motivo: il navigatore viene mostrato sotto una luce troppo positiva".
In un’intervista l’attore fece un’analisi precisa: Cristoforo Colombo è stato direttamente responsabile della prima ondata di distruzione e genocidi delle popolazioni native del Nord America".
Agli scettici potrà sembrare strano che l’attore figurasse nel cast di quel film. Brando si è sentito tradito dal produttore che gli aveva promesso che Colombo sarebbe stato presentato nel film "come l’essere veramente malvagio che era". Decisamente commerciale fu la risposta. Il produttore disse che dal film era stata tolta, tra l’altro, una scena dove si mostrava una ragazza bruciata viva nell’olio bollente. "Non volevamo fare un film dell’orrore" spiegò il produttore. Forse non pensava o faceva finta di non sapere quale orrore iniziò con quel funesto 12 ottobre 1492. Il film con protagonista Tom Selleck destinato ai botteghini dell’autunno dell’epoca prevedeva un impegno di Brando per dieci giorni di lavorazione e nonostante il compenso elevato (5 milioni di dollari) l’eterno ribelle si impegnò a fondo per far togliere il suo nome dai titoli. Il messaggio è immediato e provocatorio, tipico di Brando.
A Denver, nel 2005, in un corteo di nativi a cui seguirono molti arresti, campeggiava un enorme striscione molto chiaro: "Christofer Columbus. The America’s first terrorist".
Ma le azioni dell’attore partono da lontano. Marlon Brando era amico di Clyde Warrior, uno dei progenitori del movimento "Red Power" che diede il via al National Indian Youth Council. Marlon Brando, inoltre diede forte sostegno all’occupazione di Alcatraz. Dal 20 novembre 1969 all’11 giugno i nativi americani trasformarono l’isola di Alcatraz nel crogiuolo del movimento per i diritti degli indigeni. Creò una generazione di attivisti, tra loro Richard Oakes, Wilma Mankiller e John Trudell. Brando, con altre celebrità, fornì appoggio materiale e visitò l’isola in uno show di solidarietà.
Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente John Trudell nel gennaio del 2006. Un fiero capo sioux Lakota. Venne appunto a Torino per una sua unica esibizione accompagnato dai suoi fedelissimi "Bad dog". John è un musicista straordinario e riesce a comunicare tutta la sua essenza di uomo che ha ritrovato la pace dopo quella immane tragedia che lo ha visto protagonista e che lo accompagna fin dal momento che perse in un incendio (pare doloso e compiuto indovinate da chi?) la moglie, la suocera e i suoi tre figlioletti.
Nonostante questo tremendo dolore che avrebbe lacerato qualsiasi essere umano trasformandolo in una maschera di odio e di vendetta, John Trudell perseguì invece un percorso costellato di musica, poesia, di scrittore sensibile e attento tanto da meritarsi la stima e l’ammirazione di straordinari musicisti come Bob Dylan e tanti altri.
Quella sera ho ascoltato non solo un’artista della fiera e gloriosa tribù Lakota, che ci deliziava con un folk-blues straordinario, ma un testimone e portatore di pace che riusciva a far scendere nel nostro animo la saggezza che tanto lo distingueva e la sofferenza sua si riuniva in un unico abbraccio che il pubblico presente ha colto all’unisono.
Ritornando a Brando credo che mai nessun attore fu impegnato nella difesa dei diritti indigeni. Sostenendo il movimento degli anni sessanta e settanta contribuì a consegnare alla storia quelle incredibili pagine di rivolta. Grazie, Marlon... ovunque tu sia.

(tratto da Hunkapi)

A cura di Jean la Plume