Shutter Island di Martin Scorsese

Shutter Island (Usa, 2010)

Regia: Martin Scorsese. Soggetto: Dennis Lehane (romanzo). Sceneggiatura: Laeta Kalogridis. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: Thelma Schoonmaker. Effetti speciali: R. Bruce Steinheimer, Robert Legato. Scenografia: Dante Ferretti, Robert Guerra, Francesca Lo Schiavo. Musiche: selezionate e curate da Robbie Robertson. Costumi: Sandy Powell. Trucco: Manlio Rocchetti. Paese di Produzione: Usa, 2010. Durata: 135’. Genere: Thriller, Noir, Giallo, Drammatico. Interpreti: Leonardo DiCaprio (Edward Daniels / Andrew Laeddis), Mark Ruffalo (Chuck Aule / Lester Sheehan), Ben Kingsley (John Cawley), Michelle Williams (Dolores Chanal), Emily Mortimer (Rachel Solando), Patricia Clarkson (dottoressa Rachel Solando), Max von Sydow (Jeremiah Naehring), Jackie Earle Haley (George Noyce), Ted Levine (Warden), John Carroll Lynch (Warden McPherson), Elias Koteas (falso Andrew Laeddis), Robin Bartlett (Bridget Kearns), Christopher Denham (Peter Breene), Nellie Sciutto (infermiera), Joseph Sikora (Glen Miga), Curtiss Cook (Trey Washington), Joseph McKenna (Billings).

1954. Gli agenti federali Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio) e il suo collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) si recano all’Ashecliff Hospital, un ospedale psichiatrico per criminali psicopatici situato su Shutter Island, per indagare sulla scomparsa di Rachel Solando, rinchiusa lì dentro per aver ucciso i suoi tre bambini affogandoli. I due iniziano le indagini affiancati dal dottor John Cawley (Ben Kingsley) un uomo dall’atteggiamento alquanto sospettoso e non proprio disponibilissimo a collaborare. Nel frattempo l’agente Daniels inizia a fare sogni strani con protagonista Dolores, la povera moglie morta in un incendio anni prima, la quale gli riferisce che sia Rachel che Andrew Laeddis (l’uomo colpevole di aver appiccato il fuoco) sono ancora vivi. Il giorno dopo questi spiega al collega che la vera ragione per cui si trova lì è un’altra: anche Laeddis, dopo il trasferimento in quel manicomio criminale, scomparve nel nulla: è sua ferma intenzione ritrovarlo per assicurarsi che sia rinchiuso per sempre, soprattutto per la sofferenza che gli ha causato in vita. Intanto però Daniels inizia a soffrire di pesanti emicranie e sospetta che le pillole offerte dal dottor Cawley c’entrino qualcosa. Rachel viene in seguito ritrovata, ma non risponde a nessuna domanda dell’investigatore, il quale è sempre più sicuro del fatto che quello a cui sta assistendo sia una messa in scena per fargli sviare le indagini (soprattutto dopo aver sentito un paziente che diceva che nel faro poco lontano dall’ospedale venivano fatti esperimenti su cavie umane). Tutti gli elementi portano al faro, dunque, dove il terrificante colpo di scena del finale darà una spiegazione a tutte le incongruenze della storia e agli strani incubi dell’agente Daniels.

Tratto dal romanzo del 2003 L’isola della paura, Shutter Island vede il ritorno di Scorsese dietro la macchina da presa con l’inseparabile Thelma Schoonmaker al montaggio. Un ritorno ovviamente gradito che, come nel caso de L’aviatore (The Aviator, 2004), il regista celebra con un film un po’ fuori dai suoi “soliti schemi” (affermazioni, le mie, sempre molto generiche, a tratti monolitiche – la follia è un topos scorsesiano, tanto per dirne uno). Un thriller con qua e là qualche spruzzatina di horror, un esperimento che a Scorsese riesce bene, forte soprattutto della sua sempre presente vocazione a far film in maniera e solida e quasi “artigianale”: e difatti quello che si ha di fronte è un prodotto quadrato, perfettamente funzionante e dal ritmo decisamente sostenuto. Tutte caratteristiche che lo rendono un bel film, ma non eccezionale, non un capolavoro, forse perché manca una certa scintilla di follia presente invece in altri suoi precedenti lavori.
Da sottolineare la prova magistrale di Ben Kingsley, in una parte che avrebbe potuto farlo cadere nel tranello del gigionismo e che invece ne ha esaltato le grandi capacità che tutti conosciamo. Una nota dolente per Di Caprio: non a lui direttamente (come sempre fa bene il suo lavoro), ma a Scorsese, dato che, a mio parere, la scelta dell’attore californiano è stata infelice. Il buon Leo è ancora un po’ troppo giovane per ruoli del genere e mi sembra un po’ prematuro doverlo accostare a personaggi come Hank Quinlan (A Touch of Evil, 1958), dato che la stazza di Orson Welles (sia professionale che fisica) è ancora ben distante.

A cura di Giorgio Mazzola



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