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Il fantasma di Azzurrina

Nella seconda metà del XIV secolo, nel castello situato a Montebello, in provincia di Rimini, nell’entroterra romagnolo, abitava la famiglia di Ugolinuccio, Signore nel 1375. La serenità donata a questa famiglia fu definitivamente, rovinosamente distrutta dalla tragica scomparsa di Guendalina Malatesta, soprannominata Azzurrina. La sua scomparsa rimane un mistero ancora oggi.
La piccola nacque albina e per questo fu accusata di stregoneria e destinata ad una morte atroce.
Pur di nasconderla e darle una speranza, i genitori non la facevano uscire dal castello e all’interno di questo la piccola era sempre piantonata da due guardie. Vano fu anche il disperato tentativo della madre di coprire i capelli della bimba con delle soluzioni naturali che, a causa della mancanza di pigmentazione dovuta alla malattia, lasciavano soltanto un velo azzurro nella candida chioma.
Ma Azzurrina non rimarrà un semplice e sbiadito ricordo del passato, ella diventerà una tra le più famose presenze dei nostri giorni. Il 21 Giugno dello stesso anno, la bimba scomparve misteriosamente nei sotterranei del castello. C’era un violento temporale e la palla con cui giocava la bambina rotolò giù nelle segrete, fino a raggiungere una stanza adibita a dispensa/ghiacciaia. Le guardie non ebbero timore visto che il cunicolo non aveva uscite. Ma dalle segrete si sentì gridare. Le guardie corsero subito in soccorso della piccola, ma non trovarono nessuno. La bimba era sparita. Quello fu il suo ultimo giorno.
Nel 21 Giugno dell’anno 1990 la troupe televisiva RAI girò un documentario all’interno del castello, e senza saperlo registrò una voce. La voce era flebile, leggera. Era come un pianto confuso tra i rumori di un lontano temporale, non ci furono dubbi: era la voce della bambina scomparsa, la stessa di cui si narra anche in una cronaca del ‘600, custodita all’interno della biblioteca del castello. Era la voce di Azzurrina.
L’università di Bologna iniziò subito degli studi approfonditi e riuscì nell’anno 1995 sempre durante il solstizio a catturare ancora il leggero lamento che si diffondeva tra le mura del castello. Questa volta la voce era più limpida e si sentì chiaramente chiamare “mamma”. Registrarono anche il rumore della palla che rimbalzava e il ritocco delle campane. Nello stesso giorno dell’anno 2000 la stessa università, registrò ancora i lamenti della piccola. Si affermò dunque senza titubanza che quei lamenti appartenevano ad Azzurrina, la bimba scomparsa ben settecento anni prima che nella ricorrenza quinquennale della sua scomparsa si aggira nel castello giocando con la sua palla alla ricerca della sua famiglia.
Facendo un salto indietro si scopre che nel 1989, dunque, l’anno prima della prima intercettazione, il castello fu ristrutturato dagli eredi Giunti, per creare una sorta di museo con visite guidate. Si trovarono delle gallerie sotterranee, che furono murate per proteggere dai saccheggi i tesori e gli averi della famiglia. Tutte le stanze furono riaperte, tranne una. Durante la ristrutturazione, si accorsero che una stanza non era più accessibile. Danneggiare le mura che circondano quest’atrio significherebbe mettere in pericolo tutto il castello. Nessuno sa cosa contenga all’interno, ma si pensa che Azzurrina possa essere scomparsa proprio in questo luogo. Ma i misteri a Montebello non finiscono con Azzurrina. La piccola infatti si rivela solo ogni cinque anni, ma altre presenze meno timide animano giornalmente le mura del castello.
Si dice che durante le visite guidate molte persone stiano male, in preda ad improvvisi stati di ansia e svenimenti. Molti dei turisti sentono passi e voci accompagnare la guida. Altro elemento interessante è una panca color rosso sangue, dove vi è raffigurata una donna incinta all’interno di una tenda. La panca ha più di mille anni, eppure si mantiene in perfetto stato e il suo sfondo rosso sembra essere stato tinto con il sangue. Quest’oggetto fu un dono portato da una delle crociate. Esso originariamente serviva al controllo demografico. Quando il popolo da cui fu presa arrivava ad un numero prestabilito di abitanti, le donne partorienti venivano legate sulla panca con le gambe e le braccia legate, in maniera tale da impedire loro di partorire e condannarle, insieme al feto, a morte certa, non prive di terribili agonie. Nella stessa stanza dove si trova quest’oggetto, il custode, che quella sera era impegnato nelle pulizie, sentì dei rumori e quando si voltò una donna scalza camminava sul soffitto, fissandolo. La donna era a testa in giù e la sua lunga chioma sfiorava il pavimento. A rendere più credibile il racconto dell’uomo vennero in aiuto le impronte della donna rimaste indelebili sul soffitto. Solo ora, a distanza di anni iniziano a sbiadirsi, scomparendo lentamente.
Che queste presenze siano reali o una trovata dei Giunti per incrementare le visite rimane un mistero, l’unica cosa certa è che per quest’anno, 2005, durante il periodo del solstizio, a nessuno sarà concesso avvicinarsi al castello. L’università di Bologna ha bloccato le visite per meglio studiare il fenomeno. Nel frattempo, medium e contattasti di tutt’Italia giurano di essersi messi in contatto con la bambina, chi tramite la scrittura automatica, chi tramite visioni, ma nessuno di essi è ancora riuscito a ridarle la pace.

a cura di Barbara  

Back To The Goblin 2005


Pure leggende viventi, splendido esempio di tecnica e qualità, in bilico tra rock/progressive purissimo e pop, tornano in pista i grandiosi Goblin (considerati da noi fans, e non solo, la band migliore del mondo), pronti a trascinarvi nell’estasi e nell’incubo ad un tempo con questo nuovo capolavoro: otto gioielli strumentali, intarsiati di buio e splendore, eseguiti con lo stesso talento e spessore che li contraddistingue da sempre: un potente muro di suono propulso dagli arditi castelli ritmici di Marangolo e Pignatelli, speziato dai riff turbinanti e dagli assoli ruggenti sfoderati dalla chitarra di Morante, e pittato dalle tastiere magniloquenti di Guarini.
Talento, fantasia, sound cristallino, questo è quanto vi aspetta in Back To The Goblin 2005!!!
Emozionante, passionale, eccitante, profondo (questa volta non "rosso")... potrei continuare all'infinito: questo è, a mio modestissimo parere e senza mezzi termini, il miglior cd di rock/progressive uscito in Italia da tempo immemore, intenso dal primo all’ultimo secondo, destinato a fare sfracelli in patria e altrove.

 
Track List
1 - Victor (2:30)
2 - Dlen Dlon (5:11)
3 - Bass Theme in E - (4:15)
4 - Hitches (5:32)
5 - Japanese Air (6:57)
6 - Sequential Ideas (5:58)
7 - Lost in the Universe (5:20)
8 - Magic Thriller (4:57)
 
Sito ufficiale: http://www.goblinhome.com

a cura di Demetrio Cutrupi 

Devilman - serie OAV di Tsutomu Iida

OAV  1 -  LA  NASCITA
Immagini della sigla di testa: in un tempo lontanissimo, la Terra era abitata da esseri luminosi e alati che vivevano in pace e armonia. La quiete viene però interrotta dalla nascita di esseri mostruosi e aggressivi che iniziano a seminare morte e distruzione: i demoni. Gli esseri luminosi sono costretti così ad ingaggiare una lotta furibonda e sanguinosa dall’esito più che mai incerto.
Prologo: un gruppo di esploratori, ai giorni nostri, viene massacrato da un demone da loro risvegliato accidentalmente durante una ricerca sulle cime dell’Himalaya. Una nuova era ha così inizio.
Passano alcuni anni: Akira Fudo è il figlio di due degli esploratori morti durante la tragica esplorazione sull’Himalaya ed è un ragazzo timido, insicuro e sensibile. Divenuto orfano, viene ospitato dalla famiglia Makimura, all’interno della quale avrà un rapporto particolare con la figlia maggiore Miky, sua coetanea. Un giorno fa la sua comparsa Ryo Asuka, un amico d’infanzia di Akira, un giovane misterioso e molto deciso che chiede al protagonista di seguirlo perché deve rivelargli un fatto sconvolgente: i demoni, gli antichi abitanti della Terra, si sono risvegliati e sono decisi più che mai ad eliminare tutti gli esseri umani (considerati poco più che parassiti) per poter così tornare ad essere i padroni assoluti del pianeta. L’unica soluzione per poterli fermare è unirsi ad uno di loro, al fine di assimilarne i tremendi poteri. Per poter far ciò è necessario annullare la coscienza umana, la stessa che impedisce al male di pervadere completamente lo spirito delle persone nelle situazioni più estreme: ed ecco che allora i due ragazzi si recano in una discoteca piena zeppa di delinquenti, resi ancora più violenti dallo scorrere dell’alcool. Anche Akira e Ryo si ubriacano e così facendo si rendono vulnerabili all’influenza demoniaca che pervade interamente loro e parte della gente in sala. Akira e Ryo ingaggiano una rissa: il generale senso di rabbia e violenza provoca la mutazione dei più violenti che si trasformano in mostri deformi. Anche Akira subisce la stessa sorte, assumendo le fattezze di un uomo-diavolo alato, spaventoso e pieno di rabbia che compierà un devastante massacro di demoni sulla pista da ballo. Akira ormai non sarà più lo stesso: è iniziata la spietata caccia ai demoni del terribile Devilman.

  
OAV  2 -  L’ARPIA  SILEN
Dopo la fusione con il demone Amon, Akira non è più lo stesso ragazzo timido e insicuro di un tempo: la nuova condizione in cui si trova lo ha reso schivo e cupo, con dei cambiamenti evidenti anche sul fisico e sull’espressione del volto. Nel mezzo della notte viene richiamato dal demone Jinmen, lo stesso che aveva trucidato i suoi genitori sull’Himalaya. Lo scontro fra i due avviene nel sottosuolo di Tokyo e la lotta risulta problematica per Akira: Jinmen, infatti, possiede un guscio nel quale è solito incastonare i volti delle sue vittime, le quali però rimangono ancora vive e dunque agonizzanti. Tra queste Akira scorge sua madre ed è forte la paura del ragazzo di farsi vedere da lei trasformato in un demone. Ma Devilman riesce ad avere la meglio sulle paure del giovane, riuscendo così ad annientare Jinmen. Akira è però visibilmente turbato perché, assieme al nemico, ha di conseguenza ucciso i suoi genitori definitivamente.
Non passa molto tempo e una nuova minaccia incombe direttamente dal mondo demoniaco: l’arpia Silen, un demone dalle fattezze di una bellissima donna-uccello, invia sulla Terra Gelmer e Agwel al fine di uccidere Devilman. L’uomo-diavolo esce però vittorioso dallo scontro contro i due demoni e si appresta ad affrontare la malvagia arpia. Ha così inizio una battaglia interminabile, che si sposta dai grattacieli di Tokyo ai boschi nella periferia della città e nella quale Akira sembra avere la peggio. Quando Devilman giace a terra morente tutto sembra ormai compromesso, ma uno sconvolgente finale darà un brusco e imprevedibile scossone alla storia prendendo in contropiede anche lo spettatore più preparato.

  
Quando si parla di horror, all’interno del mondo dei manga e degli anime, è inevitabile che l’attenzione si focalizzi su Devilman, forse l’opera più controversa di Go Nagai, il creatore dei più celebri “robottoni” degli anni Settanta (Goldrake, Mazinga…).

Devilman nacque come manga nel 1972 e fu trasposto poco tempo dopo in versione animata dalla Toei Doga con il nome di Debiruman, ottenendo uno strepitoso successo in madrepatria. La serie TV giunse in Italia solo undici anni dopo, nel 1983, e, come quasi sempre accadeva, fu criticata aspramente per la violenza delle immagini e per i contenuti giudicati immorali e devianti per i giovani telespettatori.
Se la seria TV si allontanava parecchio dal manga (sia per la trama che per la caratterizzazione dei personaggi) gli OAV si mantengono fedeli all’idea originale che Go Nagai aveva pensato per il suo fumetto e, ovviamente, appaiono differenti dalla serie TV. Gli OAV di Devilman furono prodotti rispettivamente nel 1987 e nel 1990 dalla collaborazione della Dynamic Planning, della Kodansha Video e della Emotions, per la regia di Tsutomu Iida e giunsero per la prima volta in Italia nel 1992, distribuiti  dalla ormai scomparsa Granata Press e riproposti nel 1996 dalla Dynamic Italia. Originariamente gli OAV furono pensati come una trilogia (e questo è confermato dal finale inconcludente del secondo film), ma i titoli rimasero solamente due, con il terzo mai completato, a causa di vari dissapori e litigi all’interno delle case di produzione e, soprattutto a causa della scomparsa nel 2003 del character designer Kazuo Komatsubara per un tumore.

Devilman è un anime che si potrebbe definire “dell’orrore” con uno stile (per quanto riguarda gli OAV) marcatamente splatter, con sangue scarlatto che scorre a fiumi e scene di violenza sadica. Ma non sarebbe giusto ridurre la vicenda dell’uomo-diavolo solamente ad un insieme di combattimenti sanguinolenti e volgari. La storia ruota soprattutto attorno al protagonista Akira Fudo, ai suoi tormenti interiori e alla sua personalità fortemente ambigua di demone a caccia di demoni. Molti autori hanno trattato della personalità dei protagonisti degli anime che più che mai si sono avvicinati alla reale rappresentazione della natura umana, fatta di lati buoni e malvagi allo stesso tempo. Devilman è forse uno dei casi più espliciti di questo genere: Akira è timido e buono, mentre Devilman, sebbene sconfigga i demoni per salvare la Terra, non può essere considerato un eroe positivo, sia perché è lui stesso un demone, sia perché prova un gusto e una gioia malsana nel vedere uccisi i suoi nemici. E’ questa una delle caratteristiche più problematiche (per noi occidentali) delle produzioni giapponesi: il non potersi mai fidare pienamente dell’eroe, il non poterlo mai considerare pienamente affidabile. La linea di confine tra bene e male risulta sempre impercettibile, nebulosa, disorientando non poco lo spettatore che, ad esempio, nel caso dell’ultimo scontro fra Devilman e Silen, potrebbe trovarsi nel dubbio se prendere le parti di Silen (torturata barbaramente dall’uomo-diavolo) o di Devilman (che deve pur sempre salvare il pianeta). Di conseguenza i finali saranno quasi sempre amari e lasceranno un alone di dubbio che difficilmente potrà essere eliminato.

Devilman è caratterizzato da un’animazione fluida e da una grafica eccellente rispetto alla serie TV. Il character design fu affidato all’ormai defunto Komatsubara, che ebbe lo stesso ruolo in Capitan Harlock di Leiji Matsumoto, e fu direttore delle animazioni in Goldrake Ufo Robot e Mazinga (di Go Nagai), ma anche in Galaxy Express 999 (ancora di Matsumoto) e in Nausicaa di Hayao Miyazaki, per citare i più celebri.
Le musiche (piene di pathos e talvolta molto ritmate) sono affidate a Kenji Kawai, che curerà qualche anno più tardi la suggestiva colonna sonora di Kokaku Kidootai (Ghost In The Shell).

   
Errata Corrige del 14/06/2006
Devo rettificare quanto avevo comunicato nella recensione degli OAV di Devilman. Pare infatti che il terzo capitolo della trilogia sia stato finalmente ultimato in Giappone nel 2000 con il titolo di Amon, Apocalypse Of Devilman, distribuito dalla Dynamic Planning e dalla Bandai Visual e della durata complessiva di circa trenta minuti.
Aspettate però a saltare di gioia: l’attesissimo capitolo finale della saga dell’uomo-diavolo è tuttora inedito in Italia e non si sa ancora quando (e se) arriverà nel nostro paese. Nel frattempo non ci resta che incrociare le dita e sperare che la faccenda vada in porto.
Mi scuso per aver dato un’informazione errata nella recensione, ma tenersi sempre aggiornati non è sempre facile.


Devilman
Titolo originale: Debiruman.
Luogo e anno: Giappone, 1987, 1990.
Regia: Tsutomu Iida.
Genere: Animazione, horror.


a cura di Giorgio Mazzola
     

L'alba dei morti viventi di Zack Snyder

Regia di Zack Snyder - Usa 2004, con Sarah Polley, Ving Rhames, Jake Weber, Mekhi Phifer, Ty Burrell, Michael Kelly.




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Non si deve profanare il sonno dei morti di Jorge Grau

Regia di Jorge Grau - Italia, Spagna 1974, con Ray Lovelock, Arthur Kennedy, Christine Galbo, Giorgio Trestini, José Ruiz Lifante.






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1997: Fuga da New York di John Carpenter

Regia di John Carpenter - Usa 1981, con Kurt Russell, Lee Van Cleef, Donald Pleasence, Isaac Hayes, Ernest Borgnine. [cg-1.2]






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La casa di Sam Raimi

Regia di Sam Raimi - Usa 1981, con Bruce Campbell, Sarah York, Betsy Baker, Ellen Sandweiss, Richard DeManincor. [cg-1.1]






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