Gli appassionati del cinema catastrofico o, per dirla con gli americani, del disaster-movie, non possono non conoscere il nome di Irwin Allen, che di questo sottogenere è considerato uno dei maestri. In veste di produttore, ha infatti realizzato alcuni film indimenticabili, come L’avventura del Poseidon (’72) di Ronald Neame, Ormai non c’è più scampo (1980) di James Goldstone e, soprattutto, L’inferno di cristallo (’74) di John Guillermin, forse il miglior disaster movie mai realizzato. Per il quale, oltretutto, il contributo di Allen non si limita all’aspetto produttivo, avendo diretto personalmente molte delle sequenze più spettacolari. Totalmente suoi sono invece il sottovalutato Lo sciame – Swarm (’78), coinvolgente mix di catastrofismo e animali (in questo caso insetti) assassini, e L’inferno sommerso (’79), seguito de L’avventura del Poseidon. Nato a New York nel 1916 e morto a Santa Monica nel 1991, ha cominciato la sua carriera producendo il noir psicologico Una rosa bianca per Giulia (’50) di John Farrow (altro regista oggi purtroppo poco ricordato); sempre nell’ambito del noir dirige il suo primo film di finzione, Spionaggio atomico (’55). Già dal successivo, L’inferno ci accusa (’59), Allen si avvicina al genere fantasy, che nel decennio successivo caratterizzerà la sua attività. È negli anni Sessanta che dirige i suoi film migliori: Mondo perduto (’60), dal romanzo di Conan Doyle, tripudio di avventure e mostri preistorici, il bellissimo Cinque settimane in pallone (’62, dal romanzo di Verne) e, l’anno precedente, Viaggio in fondo al mare (’61). La vicenda di quest’ultimo si può racchiudere in poche righe. Per cause misteriose le fasce di Van Allen si incendiano e rischiano di uccidere ogni forma di vita sulla Terra. L’ammiraglio Nelson sa come salvare il pianeta e a bordo del suo supersommergibile, comincia un rischioso viaggio intorno al globo. Il capitano Nelson, interpretato dal grande Walter Pidgeon, tipico gentleman di stampo anglosassone, è chiaramente ispirato a tanti personaggi creati da Jules Verne e Conan Doyle, caparbi e solitari, a cominciare ovviamente dal capitano Nemo. La vicenda di Viaggio in fondo al mare, però, non è tratta da un romanzo di Verne ma è, invece, interamente frutto della fantasia di Allen, sceneggiatore insieme a Charles Bennett (e dalla stesso soggetto verrà poi nel 1964 sviluppata la serie televisiva omonima). Si può dire che con questo film il produttore/regista getti le basi di quello che sarà il suo genere preferito, il catastrofico/avventuroso. Rispetto ai suoi titoli più famosi degli anni Settanta, qui però prevale decisamente l’avventura, anche se non mancano scene di distruzione del pianeta. Dominano il desiderio di creare situazioni di grande spettacolarità e di inventare scenografie e sfondi suggestivi piuttosto che materializzare incubi apocalittici. La splendida sequenza della lotta con la piovra gigante, tra le tante, testimonia da una parte la cura che Allen metteva nella realizzazione degli effetti speciali, davvero sorprendenti considerata l’epoca, ma anche, e soprattutto, la precisa volontà di proporre, con una certa dose (indispensabile) di ingenuità, un corrispettivo cinematografico delle fantasmagoriche avventure (fanta)scientifiche della narrativa. Dopo questi titoli, annoverabili tra le gemme di quel genere/non genere (travalicante i generi, in realtà) che ci piace definire Sense of Wonder (a costo d’essere etichettati come nostalgici, oggi sempre meno praticato), il decennio per il produttore/regista si chiude con La città degli acquanauti, altra fantasia sottomarina diretta per la televisione. Alla televisione Allen ha inoltre regalato alcune splendidi serial, manco a dirlo, fantascientifici, tra i quali Kronos, Lost in Space e La terra dei giganti, oltre al film per la tv Capitano Nemo: missione Atlantide (1978) di Alex March.
a cura di Roberto Frini