Nuova Scena Rock Salernitana


Salerno Anno Zero: La Nuova Scena Rock Salernitana
Un reportage sulla "Nuova Scena Rock Salernitana". Termine coniato dal sottoscritto per una serie di articoli, interviste e live report pubblicati su vari periodici locali.
  
Era sulla bocca di tutti ma nessuno aveva il coraggio di pronunciarlo ad alta voce. Era nei discorsi di tanti ma, per paura o forse per disillusione, si tentava si sussurrarlo piano, in modo che soltanto in pochi potessero esserne testimoni. Con questa citazione dal vago sapore Fightclubiano (dal noto film del regista americano David Fincher) possiamo sbilanciarci e annunciare che il tempo dei proclami e dei fatti è finalmente giunto: a Salerno e provincia è nata una nuova scena musicale fatta di giovani e meno giovani, di coraggiosi e di folli, di idee e di progetti. Più di una volta mi erano giunte voci flebili di una sorta di rinascita della musica rock, nei suoi vari generi, nell’interland salernitano e non solo con l’organizzazione di festival, concerti e happening in vari posti nevralgici, adatti ad un certo tipo di proposta. Armato di taccuino e penna (le armi del buon giornalista) mi sono inoltrato in un sottobosco culturale fatto di centri sociali nell’estrema e degradata periferia metropolitana (vedi l’asilo politico) fino a locali fumosi e sconosciuti sotto le viscere della rumorosa Piazza Largo campo (uno su tutti il locale di musica dal vivo underground denominato Iroko ove il fine settimana si esibiscono la maggior parte delle band presenti in questo articolo). Alla fine sono entrato in contatto con un mondo ricco di colori e sfumature diverse che avevo incontrato, per ora, solo in città emancipate come Roma o Milano. Insomma c’è una scena che palpita, che vive, che si rigenera giorno dopo giorno e che muove i suoi passi sicuri con la portata di un bulldozer in mezzo ad un campo minato fatto di incertezze e ostacoli. E’ la Nuova Scena Rock Salernitana. Direi subito di iniziare a fare qualche nome in modo da stuzzicare e interessare i nostri lettori. La prima band che da subito mi ha colpito in positivo sono i 3rd, un quintetto proveniente da Salerno formatosi nel 98 dalle ceneri di una band storica degli anni 90, i Delirio. I nostri propongono un modern rock ricco di influenze diverse che vanno dal Grunge di Seattle al pesante Thrash metal sempre di scuola americana. Di recente si sono esibiti anche sul famoso canale tematico Rock Tv sulla piattaforma Sky. Sicuramente un gruppo in forte ascesa. Sul sito www.3rdweb.it troverete notizie anche sul loro ultimo cd intitolato “D-Day”. Stessa sorte benigna è toccata ai compaesani Kernel Zero, che proprio in questi mesi hanno pubblicato il nuovo lavoro “3 hours of silence before death” su un’etichetta discografica giapponese. Il quintetto si presenta soprattutto dal vivo in maniera agguerrita mischiando generi pesanti come l’HC e il Metal guadagnandosi una schiera di estimatori non solo nel sud d’Italia ma anche all’estero visto che proprio questa estate partiranno per un tour europeo con varie date. Fabio Calluori è un chitarrista di grande spessore artistico e tecnico. Il suo estro creativo viene messo a disposizione di due progetti musicali ormai di caratura internazionale come Heimdall e Nude. Gli Heimdall sono un classico gruppo Heavy Metal dalle forti tinte epiche e ossianiche. Il loro primo cd “The Temple of Theil” ha riscosso un notevole successo in paesi lontani come quello tedesco e giapponese. L’ultimo “Hard as Iron”, del 2004, ha confermato la freschezza compositiva dei nostri abbinata ad una raggiunta maturità d’intenti. Nel 2006 è da registrare invece l’abbandono dello storico cantante Giacomo Piercaldo. Straordinario l’altro progetto Dark Wave elettronico dei Nude, influenzato da band blasonate come The Cure, Mission, Bauhaus etc. con venature pop alla  Depeche Mode. La loro unica uscita del 2001 “Cities and Faces” è un piccolo gioiellino che ha come tema ispiratore proprio la città di Salerno. Per i nostri una città vuota, angosciosamente metropolitana che incute senso di alienazione e depressione fino a provocare sentimenti di ansia e disillusione. Consigliato ai lettori più attenti. Finito qui? Assolutamente no! Questa è solo la punta dell’iceberg. Ecco una lista di nomi da considerarsi incompleta: Circle of Witches, stoner rock band sullo stile Black Sabbath e i più moderni inglesi Cathedral. Naadir, un progetto che fonde il ritmo contagioso del Funk con la rabbia tellurica dell’Hc. Ancora Zat, Gruppo HC, Punk anarchico come definito dagli stessi ragazzi della band. E poi Allcool, Rifugio Zena 94, Cursed 17th, Lothlorien, Guernica, Toys Orchestra, Crawler, Malatja, La Condizione danzante, Lord’Rock tutte band attive con un cd in uscita per piccole etichette o autoproduzioni. E in provincia? Un nome su cui puntare di sicuro l’attenzione sono i da’namaste (si scrive tutto minuscolo), ensemble formato i 2/4 dal gentil sesso di provenienza Nocera Inf/Pagani. Il genere proposto è un indie rock cantato in italiano che ha come muse ispiratrici gli italianissimi Marlene Kuntz ma anche gruppi americani come Tool e Sonic Youth. Ma i da’namaste hanno uno stile tutto loro che gli ha fruttato una serie di importanti riconoscimenti in diverse manifestazioni musicali in tutta la penisola. Proprio in questi giorni dovrebbe uscire il loro nuovo cd. Cercateli sul web. Di grande interesse anche la Rock Band di Palma Campania Lord’s Rock dediti ad uno stile totalmente devoto agli anni 70 e a band storiche come Doors, Pink Floyd, Led Zeppelin. L’intervista al talentuoso batterista Salvatore, sempre in questo numero, ci aprirà le porte di una band che ha tutte le carte in regola per sfondare. E a Sarno? Una scena musicale vera e propria (di rock o quant’altro) non è mai esistito. Del resto l’assenza di locali o strutture idonee a portare avanti un progetto artistico sono sempre latitante sul territorio sarnese. Ma qualche piccolo artista individualista e coraggioso col tempo è venuto fuori anche se i risultati sono stati spesso alterni causa la scarsezza di mezzi a disposizione. Tra i più meritevoli citiamo la leggenda locale Void’daughter nati all’inizio degli anni 90 in seguito all’hype grunge della lontana Seattle .
Quindi un gruppo incondizionatamente rock, che nella indifferenza generale (tranne i più informati e curiosi come il sottoscritto) produssero un demo che li portò fino ad Arezzo Wave. Si urlò al miracolo, ma le porte della meravigliosa manifestazione Toscana si chiusero impietosamente davanti alle aspirazioni di successo dei Voids. Ma dopo tanti anni la speranza non è morta poiché la band esiste ancora con il solo Max Franco traslocato a Pisa per esigenze di vita.

a cura di Eduardo Vitolo 

La terza madre di Dario Argento

Nei pressi del cimitero di Viterbo viene dissotterrata un’antica urna incatenata ad una bara, contenente una tunica e oggetti preziosi appartenuti alla Mater Lacrimarium, la Terza Madre (dopo la Suspiriorum e la Tenebrarum). La scoperta di questa bara risveglia la malvagia strega e la violenza estrema comincia a diffondersi in tutta la città di Roma, contagiando tutti i suoi abitanti in un totale  delirio omicida. Sarah Mandy (Asia Argento), compagna e assistente di Michael Pierce (il curatore del Museo d’Arte Antica di Roma) è braccata dalla terza Madre e quindi, con l’aiuto del fantasma di sua madre Elisa (una strega bianca uccisa dalla Mater Suspiriorum a Friburgo), dello studioso di esoterismo De Witt e del commissario Marchi  dovrà affrontarla a viso aperto.
Presente al 60mo Festival di Cannes, finalmente l’ultimo capitolo della trilogia delle madri ha visto la luce, dopo una fase embrionale durata più di vent’anni. “Il più duro dei tre”, secondo il parere dello stesso Argento, che finalmente ritrova tutta la famiglia riunita all’opera.
Giunto a questo punto mi rendo conto che non ho nulla di positivo da dire, ma proprio nulla. Con Suspiria (e ancor più con Inferno) ho assistito ad una inesorabile discesa di qualità del frutto del “genio” di Dario Argento, ma  nulla riesce a raggiungere il grado di bassezza di quest’ultima fatica, tanto attesa e celebrata. Non c’è nulla che vada, neanche un frame, niente che possa farmi pensare che quello a cui ho assistito sia un film degno di essere preso in considerazione.
Una trama masticata e sputata ormai all’inverosimile che perde di ogni sostanza di fronte all’evidente stanchezza che la permea assieme a tutta la sua imbarazzante mediocrità. Una sceneggiatura talmente povera e ridicola che sembra essere stata partorita dagli studenti di un corso di cinema delle scuole medie (Sarah figlia di strega, proprio come Harry Potter…). Personaggi ai limiti delle macchiette, che godono del loro essere banali stereotipi (la scettica che non crede alla stregoneria ma che è figlia di una strega, l’esorcista, quello che ci crede “perché non c’è solo quello che vediamo”, il figlioletto che vuole la cioccolata a letto e che viene inesorabilmente rapito…). Situazioni ai limiti della comicità spiccia, come le apparizioni della strega bianca, madre di Sarah, che vedono una Daria Nicolodi fare da guida alla figlia (“sottilissimo” gioco di metateatro) esibendosi in esilaranti emanazioni di luce propria alla Obi-Wan Kenobi. La sabba di streghe sempre più simil- bordello e con due o tre comparse a riempire gli spazi bui. “Topoi Argentei” che ormai hanno del ridicolo (la ricerca di dati nelle biblioteche in cui c’è tutto, ma proprio tutto, con tanto di voce narrante “stupendamente” esibita dalla bella Asia; la leggenda trita e ritrita delle tre madri; e poi “L’insuperabile” inserto a fumetti che fa da supporto visivo, talmente banale, superfluo ed esplicito che sembra preso dai polizieschi della Settimana Enigmistica). E poi le immancabili scene splatter (sempre gratuite e brutali) senza le quali non ci sarebbe neanche un piccolo motivo per continuare la visione del film (dato che quello è un “marchio stilistico” del buon Dario). Non riesco a passar sopra neanche alla fotografia, limpida, lucida, solare, come neanche la migliore delle fiction nostrane ha saputo esaltare: ecco che allora la famosa scena della madre che uccide il suo bambino gettandolo dal Ponte Milvio è, graficamente, “quasi bella” come le pubblicità della Barilla di vent’anni fa...
E poi la continua, persistente, fastidiosa e totale assenza di suspance, uccisa ogni minuto dal trionfo dell’esplicito, dell’illustrato e del detto, con le situazioni che devono per forza essere spiegate in ogni minimo dettaglio da voci narranti che sortiscono un effetto quasi urticante nella loro imbarazzante mediocrità. Durante la visione si ha proprio voglia di chiamare uno dei preti esorcisti/supereroi di cui il film è farcito per far uscire da Dario il fantasma malefico che l’ha rimbambito a tal punto.
Preferisco non accanirmi sulle musiche (banali, ovvie, scontate, ammazza-atmosfera, di contorno…) perché altrimenti più che una recensione questa inizia a sembrare un tiro al bersaglio…
Rimango deluso e, fatemelo dire, incazzato, persino guardando il finale, quando Sarah e il commissario Marchi riemergono dalle profondità della terra vincitori sul male, con la tetra, stupida e totalmente superflua risata della Argento che fa il verso ai finali “memorabili” di certi pretenziosi b-movie americani con velleità da Oscar (vedi Speed, Jan De Bont,  1994). 
      
Giudizio: molto scarso.