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Il divo di Paolo Sorrentino

Trama: c'è un uomo che soffre di terribili emicranie e arriva anche a contornarsi il volto con l'agopuntura pur di lenire il dolore. È la prima immagine (grottesca) di Giulio Andreotti ne Il divo.
Siamo negli Anni Ottanta e quest'uomo freddo e distaccato, apparentemente privo di qualsiasi reazione emotiva, è a capo di una potente corrente della Democrazia Cristiana ed è pronto per l'ennesima presidenza del Consiglio. L'uccisione di Aldo Moro pesa però su di lui come un macigno impossibile da rimuovere. Passerà attraverso morti misteriose (Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli) in cui lo si riterrà a vario titolo coinvolto, supererà senza esserne scalfito Tangentopoli per finire sotto processo per collusione con la mafia. Processo dal quale verrà assolto. (fonte: Mymovies).

Poco più di un anno fa Quentin Tarantino criticò il cinema italiano accusandolo di essere povero di idee, di raccontare sempre le solite storie di ragazzi in crescita, coppie in crisi e dementi in vacanza.
Il divo di Paolo Sorrentino sembra realizzato proprio per reagire alle osservazioni critiche del regista americano. Il divo è l'antitesi della decadenza del nostro cinema. Il divo è un film originale, tecnicamente e artisticamente ineccepibile, in cui tutti gli aspetti sembrano curati al meglio, dalla scelta del cast (dai protagonisti ai figuranti) alla colonna sonora e la fotografia.

  
Non una inquadratura banale, non un dialogo prolisso, non un momento evitabile, Il divo sembra il risultato di anni di lavorazione e post produzione durante i quali siano stati fatti tagli, rimontaggi e raffinamenti. Invece Il divo è solo il film di un autore onesto e intelligente, frutto di una produzione intelligente.
Il divo non è un biopic su Andreotti, ma - come è giusto che sia al cinema - il ritratto cinematografico della politica italiana di qualche anno fa attraverso il focus sul personaggio più rappresentativo.
 
La performance di Servillo (il divo di questo anno cinematografico) è talmente perfetta da far scomparire l'attore dietro la maschera. Il protagonista del film, quindi, non è l'attore e nemmeno il personaggio reale da lui interpretato ma la figura grottesca di Andreotti talmente caratterizzata da diventare una maschera della commedia dell'arte.
Andreotti - come Balanzone o Mr. Sgrooge - si muove in un contesto che di reale ha solo i riferimenti biografici e i nomi dei personaggi.
Questa virtualizzazione della realtà, come in uno scenario di second life, ricorda l'Italia degli anni '80 e '90, ma ne è soprattutto la sublimazione filmica.
Paolo Sorrentino, in definitiva, ha realizzato un ritratto di un periodo storico utilizzando i colori del cinema, le atmosfere dei gangster movies, i tempi del poliziesco e le inquadrature della commedia all'Italiana.
Paolo Sorrentino ha realizzato un capolavoro che cancella il triste passato recente del nostro cinema.
Quentin, guardalo!
 
a cura di Ferdinando Carcavallo
fonte: Kinemazone