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I Cavalieri dello Zodiaco di Keiichi Satō

Micene di Sagitter, cavaliere d’oro del Sagittario, salva una neonata dalla furia omicida di due suoi compagni, Capricorn e Gemini, durante una battaglia combattuta nel cielo. La bimba è la reincarnazione di Atena e, proprio per questo motivo, il Grande Sacerdote vuole eliminarla per continuare ad esercitare indisturbato il suo potere al Grande Tempio per molto tempo ancora. Sedici anni dopo la piccola bambina è diventata Isabel di Thule, una giovane facoltosa che porta con sé il cognome e le ricchezze ereditate dal suo defunto nonno – ovvero l’uomo che la trovò nelle braccia del morente Micene all’interno di una grotta nell’Himalaya. Nel giorno in cui le viene rivelato di essere la reincarnazione della dea la ragazza subisce un attacco da parte di un misterioso cavaliere. In suo aiuto accorrono però i Cavalieri di Bronzo, Pegasus, Sirio, Crystal e Andromeda, addestrati durante tutti quegli anni per proteggerla dal male. Il Grande Sacerdote è tornato e la ragazza, con il sostegno dei suoi difensori, è decisa ad affrontarlo a viso aperto. Per poterlo incontrare, però, bisogna prima attraversare le Dodici Case presiedute ognuna dai corrispettivi Cavalieri d’Oro, la più alta casta di Saint esistenti.
 
Uscito in anteprima in Italia al Lucca Comics 2014 – dopo la prima ad Annecy dell’11 giugno, e quella in Giappone del 21 giugno – I cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio (聖闘士星Saint Seiya: Legend of Sanctuary) è sicuramente uno dei film più attesi dagli appassionati di anime, in questo 2015. Dopo la coraggiosa missione (quasi) impossibile di accontentare anche la falange più estremista dei puristi dell’animazione giapponese di tutto il mondo con Capitan Harlock – Il film (Uchū kaizoku – Captain Harlock, 2013), la TOEI si lancia in un’altra sfida altrettanto pericolosa, ovvero la realizzazione in computer grafica di una delle serie simbolo della Japan Animation a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. E tanto per rendere la faccenda ancora più rischiosa, il regista Keiichi Satō – insieme con il suo sceneggiatore Tomohiro Suzuki – decide di dirigere quello che, senza dubbio, è considerato il capitolo più amato – e da un punto di vista oggettivo anche il più avvincente e articolato – dell’intera serie originale. Va da sé che la grandiosa corsa alle Dodici Case dello Zodiaco si sia trasformata quindi in una sorta di gigantesco campo minato, pieno di insidie e pericoli nascosti dietro ogni angolo. Non rimanendo a disquisire più di tanto sulla scelta in sé di condensare in appena novanta minuti le vicende che, nella serie TV, si svolgono invece in 73 episodi – distribuiti all’incirca in due mesi e mezzo di trasmissioni, per un totale approssimativo di 35 ore di visione – rimane da analizzare un prodotto che, nell’ottica di essere un lungometraggio tratto da un serie (manga o anime), va preso per quello che è, e cioè un sunto con all’interno tutta una serie di inevitabili amputazioni e contrazioni del caso. Non è ovviamente possibile essere esaurienti in novanta minuti così come lo si è in 35 ore, eppure la sceneggiatura di Suzuki e le tecniche visive di Satō sono da incorniciare per la loro capacità di trasmettere, almeno a grandi linee, l’affascinante spirito che contraddistingueva l’opera originale. Il ritmo è sostenuto e gli incastri perfetti delle vicende – peraltro piuttosto fedeli a quelle della serie – donano fluidità e scorrevolezza alla narrazione che infatti non presenta grandi zone d’ombra – eccezion fatta per la decisione di non menzionare neanche a parole la Terza Casa dei Gemelli, di dipingere Cancer come una specie di Piero Pelù sotto gli effetti degli acidi e di eliminare il cavaliere dei Pesci con così tanta fretta da far sembrare il tutto quasi ridicolo. Il restyling delle armature per mano dello stesso Masami Kurumada dona al film una sorta di legittimazione autoriale, ponendolo così in stretta relazione con (quasi) tutti i prodotti precedenti del marchio Saint Seiya – e il caso italiano si pone ancora più in continuità col passato, vista la presenza di praticamente tutte le voci originali del doppiaggio degli anni ’80, sotto la sapiente direzione di Ivo “Pegasus” De Palma, un’ottima mossa commerciale che va a braccetto con l’esigenza quasi fisiologica da parte dei fan italiani di non perdere quello che è passato agli annali come l’adattamento dei dialoghi più estemporaneo e tuttavia più azzeccato della storia degli anime in Italia. Le (molte) critiche sterili di chi, dopo la visione, ha scoperto l’acqua calda esclamando: “Non c’è paragone con la serie” denotano, purtroppo da parte del pubblico, una triste condizione di scarsa familiarità con le dinamiche di adattamento delle numerose serie TV nei corrispettivi O.A.V. – basti pensare alle innumerevoli licenze poetiche in Ken il Guerriero: il film (1986) o a quelle costituenti la base su cui si sono da sempre costruiti gli episodi di Dragon Ball (e altre serie) dedicati al mercato home video. Perché se ci si sforzasse di vedere questo film in chiave O.A.V., allora magari risulterebbe più facile ammettere che è un buon prodotto, forse addirittura il meglio che si potesse ottenere da una versione ridotta di un capitolo così importante della serie sui cavalieri. Scelgo di non pronunciarmi sui numerosi aspetti marginali che sono tuttavia diventati, ahimè, le principali fonti di discussione del dibattito tra i fan: il cavaliere di Scorpio impersonato da una donna; l’assenza di Dokho della Bilancia; le nuove e baroccheggianti versioni delle armature e, dulcis in fundo, la tediosa quanto inutile e sterile diatriba tra i sostenitori del doppiaggio italiano storico e quelli che invece avrebbero optato per delle voci nuove, più giovani, più adatte all’età dei protagonisti – come se l’unico argomento degno di essere trattato fosse quello dell’adattamento.
Da vedere.
  
Voto: buono

a cura di Giorgio Mazzola
  

Archivio GHoST (soundtrack) - Joan Lui

Joan Lui (Adriano Celentano - 1985)

Tracklist:
L'uomo perfetto; Sex Without Love (Canta Rita Rusic); Il tempio; Mistero; Lunedì; Qualcosa nascerà; Splendida e nuda; L'ora è giunta; La prima stella (Canta Claudia Mori).

Bonus Track:
Prologo edizione sovietica, Suite movie 1; Suite movie 2; Suite movie 3.
   

Titolo disponibile in Archivio GHoST
Codice: S00012

       

Archivio GHoST (soundtrack) - Rocky

Rocky (Bill Conti - 1977)

Tracklist:
Gonna Fly Now (Theme From Rocky); Philadelphia Morning; Going The Distance; Reflections; Marine's Hymn Yankee Doodle; Take You Back (Street Corner Song); First Date; You Take My Heart Away; Fanfare For Rocky; Butkus; Alone In The Ring; The Final Bell; Rocky's Reward.

Titolo disponibile in Archivio GHoST
Codice: S00009


   
    

Interstellar di Christopher Nolan

In un ipotetico futuro non troppo lontano, l’umanità ha quasi consumato le risorse del pianeta Terra. La popolazione mondiale è scesa sensibilmente e, come se non bastasse, le piante e le coltivazioni sono devastate da una tremenda malattia – detta “piaga” – che ha momentaneamente risparmiato solo il mais, come unica fonte di nutrimento vegetale.
Nel frattempo, nella fattoria di Cooper – un ex ingegnere e pilota convertito alla più utile agricoltura, come molti in quel periodo – si verificano alcuni incidenti misteriosi. Nella cameretta di sua figlia Murphy, infatti, cadono in continuazione i libri dagli scaffali e la piccola crede che i responsabili siano alcuni fantasmi che si aggirano da quelle parti. In realtà Cooper, da imperturbabile scienziato qual è, intuisce che in realtà la camera di sua figlia è soggetta ad alcune anomalie gravitazionali. Si accorge inoltre che gli spazi della libreria lasciati vuoti dai libri caduti a terra, se decifrati con un codice binario, rappresentano delle coordinate che identificano un luogo non lontano da casa sua. Decide così di raggiungerlo – seguito di nascosto da sua figlia – e, giunto lì in piena notte, viene immediatamente preso in consegna da alcuni agenti. Cooper si trova infatti in una base segreta della NASA, nella quale ormai da molto tempo si sta lavorando a un progetto di esplorazione dello spazio, alla ricerca di nuovi pianeti abitabili da cui far ripartire l’umanità – dato che per la Terra ormai non sembra più esserci speranza. Cooper, essendo un ex ingegnere e pilota di navicelle spaziali, viene scelto come capogruppo di una delle spedizioni assieme ad atri scienziati, diretta verso un wormhole  apertosi nei pressi di Saturno che li condurrà in prossimità dei pianeti candidati a sostituire il pianeta Terra.
   
A quasi cinque anni di distanza da Inception, Christopher Nolan si tuffa ancora una volta nell’insidioso genere fantascientifico, affrontandolo con quelli che ormai sono diventati col tempo i tratti peculiari della sua cifra stilistica, ovvero una sceneggiatura granitica in cui tutti gli elementi si incastrano perfettamente, effetti speciali mozzafiato e una cura particolare nella scelta delle musiche. Paragonato da molti a 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey, 1968), Interstellar è in realtà un melodramma che ingloba molti elementi individuati anche in altri film del genere, in particolare in Contact (id., 1997) e Signs (id., 2002), ai quali Nolan sembra essersi ispirato soprattutto per la sostanziosa e rilevante presenza della componente emotiva – in particolare, la costante del rapporto padre-figlia; e inoltre la situazione familiare, l’ambientazione “agricola” e la soffusa atmosfera “esoterica” tipica soprattutto di Signs. Interstellar mescola così le tematiche scientifiche già incontrate in 2001 (l’evoluzione dell’uomo; l’indeterminatezza del concetto di tempo e la possibilità di viaggiare attraverso più dimensioni) con le forti e a tratti invadenti parentesi emotive che, per forza di cose, diventano il supporto necessario per l’ottenimento di un successo commerciale sempre dichiaratamente inseguito nelle maxi produzioni statunitensi (la costante della gravità che si trasforma nella forza dell’amore, così immutabile e resistente a qualsiasi cambiamento; la geniale rappresentazione dello spazio tempo – incarnato dalla raffigurazione estetica della libreria che si ripete all’infinito – che si esplicita grazie al viaggio all’interno del buco nero, viaggio che diventa inesorabilmente la tangibile proiezione visiva del più affascinante, misterioso, ma anche angosciante trapasso nell’Aldilà). Il sentimento si fonde con la fantascienza, con il chiaro intento di accontentare più palati possibile – siamo lontani dalla freddissima e respingente atmosfera di Inception – e con la piacevole (ma per altri avvilente) sensazione di aver assistito alla versione Bignami, alla riduzione “per principianti” dell’inaccessibile capolavoro di Kubrick, dato che il significato sia “scientifico” che morale del tema trattato emergono grazie anche alla capacità del regista di accompagnare lo spettatore per mano nei meandri di tematiche altrimenti troppo complicate. Nolan si riconferma così il regista chiarificatore,  colui il quale non inventa nulla, ma che chiude tutti cerchi lasciati aperti nei film dai quali attinge avidamente.
Le musiche di Hans Zimmer (candidato all’Oscar) sono semplicemente perfette e conferiscono alla pellicola un’aura solenne che dona ulteriore spessore alla vicenda.
Da vedere.

Voto: quasi ottimo. 

a cura di Giorgio Mazzola

Archivio GHoST (software) - Inkscape 0.48.1-2

Inkscape 0.48.1-2 (programma di grafica vettoriale) 
  • Licenza: Opensource
  • Sistema operativo: Windows XP/Vista/7/8
  • Requisiti minimi: Pentium - 512 MB di Ram
  • Dimensione file: 32,9 MB
  • Leggi la recensione da qui: (attualmente non disponibile)
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Titolo disponibile in Archivio GHoST
Codice: P00010
     
            

Archivio GHoST (software) - Mypaint 0.9.1

Mypaint 0.9.1 (programma di grafica, foto-ritocco e disegno) 
  • Licenza: Opensource
  • Sistema operativo: Windows XP/Vista/7/8
  • Requisiti minimi: Pentium - 512 MB di Ram
  • Dimensione file: 7,84 MB
  • Leggi la recensione da qui: (attualmente non disponibile)
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Titolo disponibile in Archivio GHoST
Codice: P00009
     
            

Archivio GHoST (soundtrack) - Carrie

Carrie (Pino Donaggio - 1976)

Tracklist:
Theme From Carrie; I Never Dreamed Someone Like You Could Love Someone Like Me; And God Made Eve; At The Prom; Contest Winners; Born To Have It All; Bucket Of Blood; School In Flames; Mother At The Top Of The Stairs; For The Last Time We'll Pray; Collapse Of Carrie's Home; Sue's Dream.

Bonus and deluxe track:
Theme from Carrie; Ashtray; And God Made Eve; The Closet; Cracking the Mirror; Calisthenics; Card Catalogue / Telekinesis; Heatwave - Martha and the Vandellas; You Can Trust Me; Pig Pen; Supper; Hanging the Bucket; Sewing; Tuxedo Shop; Pre-prom Jitters; Education Blues by Vance or Towers; Born to Have it All by Katie Irving; I Never Dreamed Someone Like You Could Love Someone Like Me by Katie Irving; At the Prom; Contest Winners; Bucket of Blood; They're All Gonna Laugh At You; School in Flames; Mother at the Top of the Stairs; The Bath; For the Last Time We'll Pray; Collapse of Carrie's Home; Sue's Dream; End Credits.

Titolo disponibile in Archivio GHoST
Codice: S00008

   
    

Il dispiacere della visione

Se Debord nei primi anni cinquanta sosteneva che il cinema era morto, oggi cosa direbbe? Mettiamola così: non sono molti i registi da cui potersi ancora attendere opere cinematografiche memorabili. Orazio riteneva che alla saggezza si debba mescolare un po’ di follia, ma sarebbe meglio intendersi su questo, perché si rischia d’essere fraintesi, essendo la follia tanto svilita, omologata e in fin dei conti dannosa se male utilizzata. Sembra in effetti che oggi giorno la saggezza sia più ostentata che reale e la follia, invece che fertile, finisca per essere coltivata come un semplice e meschino frutto dell’ottusità. Qualsiasi cineasta che volesse davvero mescolare saggezza e follia (qualunque cineasta degno di questo nome, dunque) dovrebbe negare il piacere della visione o, perlomeno, interrogarsi su tale piacere e su quanto esso possa essere perverso, socialmente pericoloso e su quanto peso “politico” potrebbe avere la sua negazione, la sottrazione al gusto odierno. In un‘ipotetica lista di cineasti dal quale aspettarsi un tentativo di porsi in opposizione al dilagante e ormai inaccettabile qualunquismo visivo (che è poi morale) non sarebbe coerente inserire Haneke né tanto meno Tarantino, ridanciano profeta di un nulla di vertiginosa stupidità, né Von Trier, né Besson, né Almodovar, rappresentanti ognuno a modo loro di un’aberrante complicità sincronica e dialettica con un pubblico che non distingue l’ora del lupo dall’ora felice. Stante la deprecabile situazione del cinema italiano, che batte ogni record nel sopravvalutare alcuni tra i peggiori registi del mondo, certo dalle nostre parti potremmo aspettarci qualcosa giusto da Nanni Moretti, Ermanno Olmi (ma accettare certi rapporti produttivi non è un buon segno), forse da Bellocchio (ancorché più al tramonto che a mezzogiorno), probabilmente da Paolo Benvenuti, De Bernardi e pochi altri.
  
a cura di Roberto Frini
  

Archivio GHoST (software) - Gimp 2.6.6

Gimp 2.6.6 (programma di grafica, foto-ritocco e disegno) 
  • Licenza: Opensource
  • Sistema operativo: Windows XP/Vista/7/8
  • Requisiti minimi: Pentium - 512 MB di Ram
  • Dimensione file: 15,03 MB
  • Leggi la recensione da qui: (attualmente non disponibile)
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Codice: P00008
     
          

Archivio GHoST (software) - Paint.NET.3.5.5

Paint.NET.3.5.5 (programma di grafica, foto-ritocco e disegno) 
  • Licenza: Freeware
  • Sistema operativo: Windows XP/Vista/7/8
  • Requisiti minimi: Pentium - 512 MB di Ram
  • Dimensione file: 6,28 MB
  • Leggi la recensione da qui: (attualmente non disponibile)
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Codice: P00007