Grindhouse - a prova di morte di Quentin Tarantino


Stuntman Mike (Kurt Russel) è uno stuntman in pensione con l’hobby di girovagare con la sua Chevrolet Nova “a prova di morte” (una macchina da set super rinforzata), alla ricerca di giovani ragazze da massacrare mediante incidenti stradali da lui stesso provocati. Una notte incrocia Jungle Julia (la più celebre DJ di Austin) e le sue compagne di viaggio, Shanna e Arlene, al Texas Chili Parlor, un locale gestito dal folle Warren (Quentin Tarantino). Il loro destino è segnato.
Passa più di un anno. Stuntman Mike è ancora alla ricerca di prede giovani e belle, ma quando prenderà di mira Zoe, Kim, Abernathy e Lee (dei veri ossi duri), le cose si metteranno davvero male per lo schizofrenico omicida. Anche Zoe e Kim sono, infatti, delle famose controfigure a Hollywood e non si arrenderanno tanto facilmente agli attacchi del loro killer.
  
Visto lo scarso successo dell’esperimento del “doppio show”  voluto da Tarantino e Rodriguez  per omaggiare una  consuetudine tipica dei b-movies americani degli anni ’70 (originariamente, infatti, il film era composto da due episodi distinti: Deathproof, diretto da Tarantino e Planet Terror, diretto da Rodriguez) il buon Quentin decise di allungare il suo episodio fino a farlo diventare un film vero e proprio, con il nuovo titolo di Grindhouse - a prova di morte.
E il risultato qual è? Beh, è un film di Tarantino in cui  Tarantino si diverte, e come spiegazione potrebbe già essere abbastanza esauriente. Grindhouse è una pellicola che esprime al massimo la vocazione manieristica del folle regista di Knoxville: se con Kill Bill aveva omaggiato i film giapponesi di samurai (i chanbara) e quelli cinesi di arti marziali (i wuxiapian e i Kung fu movies), con Grindhouse - a prova di morte il tributo è ai b-movies degli anni ’70 e in particolare proprio ai Grindhouse, il termine che contraddistingueva gli exploitation-movies, cioè i film cosiddetti “spazzatura” (horror, splatter, kung fu, thriller, spaghetti-western, sexploitation…). E infatti Tarantino realizza una pellicola che in tutto e per tutto è immersa nella tipica atmosfera grezza e violenta di quei generi che oggi verrebbero definiti con la magica formula “per gli appassionati”. 
  
E se il manierismo nei confronti di un genere low cost (eufemismo) raggiunge vette mai viste (i voluti  errori di montaggio che mozzano i dialoghi; gli improvvisi viraggi di colore, compresi degli inspiegabili pezzi in bianco e nero e i graffi sulla pellicola), non sono da meno le assurde “tarantinate”: citazioni riguardo i suoi film preferiti (più o meno esplicite) sparse in lungo e in largo, sia sulla scenografia che nei dialoghi (se siete curiosi Wikipedia ne fa un lungo elenco); dialoghi che qui raggiungono un livello di non-sense talmente assurdo che Pulp Fiction al confronto inizia a sembrare “ordinario”: interminabili piani sequenza - parlo di minuti… - in cui le ragazze dibattono di argomenti profondi quali sesso, motori, alcol e droga e, come già detto prima, di liste interminabili di film sconosciuti e improbabili che sembrano usciti dalla memoria di un cinefilo psicopatico - scusa, Quentin…). E in quanto al finale…
  
Insomma, non sarà la pellicola migliore del 2007, ma posso garantire che le forti emozioni sono assicurate, soprattutto per gli inseguimenti in automobile davvero “alla vecchia maniera” con stuntmen che rischiavano il collo (come Zoe Bell, qui nel ruolo di se stessa, che offre una performance spettacolare sul cofano di un’auto da corsa). E poi un Kurt Russel davvero in forma, nonostante l’età, rude come non lo si vedeva da tempo. Segnalo anche una bella prova delle bellissime Rosario Dawson e Vanessa Ferlito (quest’ ultima già vista nella serie CSI - New York).
  
Colonna sonora d’eccellenza che vanta estratti da Ennio Morricone (omaggio agli spaghetti- western) e T-Rex, per citarne alcuni.
 
Giudizio: molto buono. 

a cura di Giorgio Mazzola