
Premio oscar 2009 alla
miglior fotografia, miglior sonoro, miglior montaggio, miglior
sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora, miglior canzone (Jai Ho),
miglior regia (Danny Boyle), miglior film; e quattro Golden Globe
(miglior film drammatico, miglior sceneggiatura, miglior regia, miglior
colonna sonora). Con tutti questi premi e con i vertiginosi incassi in
tutto il mondo (quasi 160 milioni di dollari finora) The Millionaire pare proprio essere il caso cinematografico di quest’anno.
Una storia funzionale, efficace, strutturata in modo intelligente e con
una fotografia attenta a cogliere il vero spirito del film attraverso i
colori accesi e quasi violenti tipici delle pellicole indiane di
trent’anni fa (le stesse in cui recitava l’attore preferito di Jamal)
con i protagonisti che si battono contro le ingiustizie e che cercano di
trionfare nonostante tutte le difficoltà. Un film che parte con un
taglio quasi documentaristico (molto vicino a City Of God
, 2004), ma che poi imbocca una strada più rassicurante, fatta di
incroci ed eventi un po’ inverosimili che trasformano il tutto in una
sorta di fiaba che possa in qualche modo veder trionfare un lieto fine
sempre sperato.
Un ottimo film che Boyle dirige con un montaggio
frenetico utile a descrivere in maniera chiara e inequivocabile i
turbini emotivi in cui getta ogni volta i suoi personaggi (Trainspotting
– id. 1996- insegna). Ed ecco che allora, grazie alla splendida
colonna sonora, tutto il film sembra diventare un gigantesco videoclip
(complice anche l’uso frequente dello “step-printing”, tecnica molto
amata da Wong Kar Way – Hong Kong Express, 1994, per citarne
uno) in cui musica e immagini si sostengono l’una con le altre per poter
esprimere al meglio gli stati d’animo e le situazioni in continua
evoluzione (ancora, aleggia prepotente la presenza di Trainspottting), per poi arrivare al bellissimo e corale omaggio finale alla prolifica industria di Bollywood.
Una bella favola dunque, un sogno raccontato attraverso le immagini
tremende che Jamal ha visto nel corso della sua ancora breve e
travagliata vita; perché il fascino del film sta tutto in questa
dualità: l’estremo realismo da una parte e la leggerezza
dell’inverosimile succedersi degli eventi dall’altra; una vita, i
sentimenti, il dolore, i ricordi, tutti riassunti nelle suggestioni
evocate nelle 15 domande di un semplice quiz televisivo. Perché forse è
vero che la vita è crudele, ma è bello pensare che ognuno di noi stia
vivendo qualcosa di più intenso e meno banale. I sogni sono lì, davanti a
noi: bisogna solo riconoscerli quando si travestono da qualcos’altro e
saperli leggere in maniera corretta.
Vorrei
sottolineare l’ottima prova del giovanissimo Dev Patel nei panni di
Jamal, un interpretazione intensa e verosimile che conferma il talento
dell’attore già osservato nel telefilm britannico Skins, a mio parere uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi cinque anni.
Giudizio: quasi ottimo.
a cura di Giorgio Mazzola