Inferno di Dario Argento

Rose Elliot è una poetessa di New York appassionata di storie sulla stregoneria. Un giorno compra “Le tre madri” un libro scritto da Emilio Varelli, il famoso architetto che si dice abbia conosciuto le tre madri degli inferi (Mater Suspiriorum, Mater Lacrimarum e Mater Tenebrarum) e per le quali abbia costruito rispettivamente tre dimore dalle quali si poteva accedere direttamente all’inferno. Le tre dimore si trovano a Friburgo, Roma e New York: Rose inizia a preoccuparsi, dato che la sua abitazione sembra essere proprio quella in cui risiede la più crudele delle tre madri: Mater Tenebrarum. Rose esprime queste sue preoccupazioni in una lettera che spedisce al fratello Mark, uno studente di musicologia a Roma. Nel frattempo, dopo essere giunta in un luogo misterioso indicato dal libro, la ragazza viene assalita ed uccisa da un essere terrificante.
Mark, intanto, preoccupato per la sorella e spinto dalla morte dell’amica Sara che aveva letto la lettera della stessa Rose, torna a New York per indagare sulla vicenda.
  
Recensione 1 a cura di Walter Laurenti
In un triangolo ideale, costituito da tre diverse porte che si affacciano sull'Inferno, il regista romano Dario Argento dispiega la sua visione dell'apocalisse. Friburgo, Roma e New York sono i passaggi segreti del male assoluto, dimore di orrori senza volto che uccidono solo per garantirsi l'eterno anonimato.
"Inferno" costituisce l'apice della filmografia di Argento, un horror straordinario, che mantiene inalterato il suo fascino anche dopo ripetute visioni. Il regista riesce a creare una certa inquietudine anche grazie ad un'attenta ricostruzione scenografica che rende gli edifici simili a castelli moderni con i loro passaggi segreti, oscuri e minacciosi.
Come in “Suspiria”, l'effetto visivo a volte prevale sulla logica, ma questo non compromette la riuscita del film. “Inferno” riprende molti elementi da “Suspiria”, ma li sviluppa in modo più compiuto. La storia delle tre madri, ripresa dallo scrittore inglese De Quincey e con riferimenti all'alchimia, è una delle più suggestive ed affascinanti della storia dell'horror. Qui non abbiamo un vero assassino, come nei primi film di Argento, ma delle "figure" senza volto che agiscono per ordine di una forza soprannaturale (le madri), così come gli animali (gatti e topi in particolare).
La ricerca, da parte dei personaggi del film (in particolare le figure femminili: Rose, Sara ed Elise), del segreto delle tre madri può anche essere interpretata, ad un livello metaforico, come un desiderio di autodistruzione (e questo ci è più chiaro alla fine del film).
Tecnicamente ineccepibile a livello registico, tra le scene più memorabili di "Inferno" vanno sicuramente ricordate: la discesa di Rose nella stanza sott'acqua, la scena nella biblioteca ed il duplice omicidio con il sottofondo del "Va Pensiero" di Verdi.
Un capolavoro assoluto che si avvale della straordinaria fotografia di Romano Albani e delle magistrali e indimenticabili musiche di Keith Emerson.
Giudizio: ottimo.

Recensione 2 a cura di Giorgio Mazzola
Secondo episodio della trilogia ispirata ad un passo del libro Suspiria de profundis di Thomas De Quincey, dopo Suspiria e prima del recente La terza madre. Inferno è forse il più visionario e visivamente illogico film di Argento che qui approfondisce ulteriormente la materia stregonesca immergendovisi totalmente e lasciando da solo lo spettatore a fluttuare nella materia di cui, in questo caso, sono fatti gli incubi. Un film che in tutto e per tutto segna una perfetta continuità col l’episodio precedente, Suspiria, proprio a partire dagli elementi comuni: porte che separano mondi e stati d’essere; corridoi labirintici e stanze claustrofobiche; simbologie a non finire (i gatti, i personaggi deformi, le fanciulle massacrate, le donne bellissime…). Continuità che però è solo visiva: Inferno, infatti, risulta un’opera molto più surreale e apparentemente  senza una logica narrativa, con continui e talvolta incomprensibili scambi di ambientazione tra Roma e New York, città che pian piano sembrano fondersi e confondersi sempre più con i procedere del film.
Certo è che questo film, secondo il parere del sottoscritto (che certo non intende pontificare sui lavori di un maestro come Argento) è ben lontano dalla qualità espressa in Suspiria o (qui è facile fare paragoni) in Profondo Rosso. Inferno è un film che si muove lentamente (molto lentamente) in una direzione che rimane ignota e indefinita dall’inizio alla fine, senza un legame logico tra le scene. Se però in altri film dell’orrore la mancanza di un filo conduttore nella narrazione produce un senso di smarrimento e di angoscia, in questo lavoro l’unico disagio che si prova è la terribile noia che inevitabilmente subentra nell’assistere a sequenze interminabili e insopportabilmente descrittive (il bibliotecario zoppo che tenta di affogare i gatti in acqua, reggendosi a malapena in piedi; Mark che scava il condotto per l’inferno nel pavimento…): una prova di forza e tenacia anche per i più appassionati cinefili che difficilmente storcono la bocca. La suspence semplicemente non esiste, non subentra mai, anche a causa della pessima gestione del sonoro: silenzi laddove ci sarebbe bisogno anche solo di un piccolo rumore per dare un po’ di vita a situazioni sempre troppo statiche; esplosioni di musica rock psichedelica laddove invece il silenzio avrebbe tenuto tutti col fiato sospeso. Un disastro per le orecchie che di certo non aiuta la pellicola a decollare come dovrebbe e che infatti  rimane ben piantata a terra insieme s tutti i suoi interrogativi irrisolti.
Troppo poco, insomma,  così come il tempo concesso alle performance attoriali di Gabriele Lavia ed Eleonora Giorgi.
Giudizio: sufficiente.