Incubo a seimila metri di Richard Matheson

Un’orrenda creatura che cerca di danneggiare l’elica di un aereo in volo; una telefonata notturna che proviene dal cimitero; la paranoia che ogni mattina assale un lavoratore quando sale sull’autobus; l’ossessione di un ragazzino per Dracula di Bram Stoker; un uomo che, lentamente, scompare dalla faccia della terra.
Sono questi i temi di alcuni dei diciassette racconti che costituiscono “Incubo a seimila metri”, incredibile raccolta firmata da Richard Matheson, scrittore americano nato nel 1926 ad Allendale, New Jersey.
Definito da Ray Bradbury come “uno degli scrittori più importanti del XX secolo”, Matheson è autore di romanzi e racconti che vanno dal western al fantasy, dal giallo all’horror. Ha inoltre scritto le sceneggiature di alcuni dei film tratti dai racconti di Poe e quella del primo film di Steven Spielberg. Dalle sue opere sono stati tratti film di successo e, proprio dal racconto che da’ il titolo all’opera, un fortunato episodio della serie Ai confini della realtà ed un’esilarante puntata de I Simpson.
Riscoperto dagli amanti del genere horror per l’avvincente romanzo Io sono leggenda, dal quale è stato tratto l'omonimo film con Willie Smith, Matheson è stato colui che meglio di chiunque altro ha capito l’importanza di raccontate sì storie fuori dall’ordinario, ma con protagonista la gente comune, storie ambientate nei luoghi che ognuno di noi frequenta quotidianamente, allontanandosi in questo modo dal cliché gotico dell’antico castello sperduto chissà dove.
Punto di riferimento di Stephen King, Matheson ha appassionato, e tuttora appassiona, intere generazioni di lettori, riuscendo a intrufolarsi negli animi e questo perché, parola di King, Matheson riesce a dare quanto di meglio possa donare uno scrittore: il desiderio irrefrenabile di “leggerlo ancora”.
Da leggere quanto prima.

a cura di Stefano
      

Lasciami entrare di Tomas Alfredson


Quando un film horror è un capolavoro sull’amore, ecco il nuovo film di Tomas Alfredson
Dimenticate Twilight e qualsiasi altro film di vampiri abbiate mai visto.
Dimenticate film pieni di effetti speciali e vampiri bellocci dark e dandy. Questa pellicola è essenziale, cruda nella sua scenografia ristretta e a tinte cupe, ambientata in una Svezia nevosa, rigida nella sua poca spettacolarità, ben diversa dai tanti scenari americani a cui ci siamo abituati.
Il film è ambientato in un sobborgo di Stoccolma sommerso dalla neve. Vengono rappresentati bisogni semplici, basilari: mangiare, bere, dormire, amare qualcuno. E oggetti semplici: non ci sono cellulari, macchine di lusso, abiti firmati e battute orecchiabili quanto scontate. «Te lo dico subito, non posso essere tua amica». Molti grandi amori cominciano cosi’. Quello di Eli e Oskar però non è un amore come gli altri.
Perché entrambi hanno 12 anni, anche se come precisa lei «non ricordo più da quanto». Perché Oskar è perseguitato dai bulli della scuola, mentre Eli, così fragile in apparenza, è forte e decisa. E perché, come scopriremo poco a poco insieme ad Oskar, Eli deve bere sangue umano per vivere.
Nel mondo dei protagonisti Eli e Oskar si lotta per sopravvivere e a volte nemmeno ci si riesce.
  
Che differenza tra i vampiri patinati e trendy di Twilight e la piccola Eli. Magra, solitaria, selvaggia, la piccola Eli si rifugia insieme ad Hakan in uno sperduto sobborgo di Stoccolma.
Eli non ha freddo, non sopporta la luce e ha uno strano odore. Ha bisogno di sangue per sopravvivere e non seleziona le sue prede.
L'incontro con Oskar, anche lui un sopravvissuto magro, pallido, figlio di genitori separati cambierà le vite di entrambi.
Oskar scopre un sentimento nuovo, Eli lo aiuta ad affrontare i suoi problemi. Ognuno dei due permette all'altro di entrare nel suo mondo. Si innamorano, di quell'amore pulito e totale come sanno esserlo solo certi sentimenti infantili.
Non mancano così i momenti toccanti, mai forzati ma sempre genuini e in grado di rilasciare emozioni spontanee e veritiere. 
  
La metafora del vampiro come "diverso", come predatore, è una metafora violenta, ma mai quanto certe realtà apparentemente normali. E l'amore è l’unica e l’ultima salvezza a cui credere.
Dal romanzo omonimo dello svedese John Ajvide Lindqvist, che è anche sceneggiatore del film, uno dei migliori horror della stagione, un autentico gioiello, che “usa” il genere trasfigurandolo in qualcosa di ben diverso. Un film sull'educazione all'amore come non se ne vedevano da anni. Bello, pervaso da un'atmosfera surreale e rarefatta che esprime al meglio l'immaginario da favola nordica.
Un film che è una chiara dimostrazione che l'horror ha ancora pretese di serietà, e non si limita ai vari remake o ai teen-movies. (Fonte Globalpress)
 
Giudizio: eccellente.

a cura di  Simona Pugliesi
   

Drag Me To Hell di Sam Raimi


Dopo essere stato impegnato nell'ultimo decennio con il ciclo SpiderMan, Sam Raimi torna al suo primo vero amore, l’horror, quello che lo ha fatto conoscere al mondo intero, e nel farlo, dopo le sue ultime esperienze di ‘genere’ come The Gift e L’armata delle Tenebre, Raimi realizza un altro capolavoro dei suoi, Drag Me To Hell. Ventotto anni dopo La Casa (aka Evil Dead) il vecchio e inossidabile Sam torna a farci divertire e spaventare con un altro dei suoi folli Luna Park dell’orrore, dove ogni delirante follia non solo è possibile ma è la benvenuta.

Con una sceneggiatura scritta a quattro mani con il fido fratello Ivan, il progetto Drag Me To Hell in realtà è un’idea di Raimi rimasta nel cassetto per quasi dieci anni ispirata a una storia che sua madre gli raccontava da bambino per farlo stare buono durante i viaggi in automobile.
Dunque il buon vecchio Sam, attraverso la sua casa di produzione di genere Ghost House Pictures si stacca per un attimo dalle mega produzioni vincolate a rigide regole da rispettare per riabbracciare così una produzione low budget sulla quale avere totale carta bianca.
A dimostrarlo il film stesso, a volte talmente ironico e volutamente demenziale da risultare semplicemente geniale. L’umorismo che ha reso gli horror di Raimi unici nel loro genere torna a farsi vedere e sentire, dall’inizio alla fine, in una pellicola dove a palesarsi è il divertimento provato dal regista stesso nel girarla.
La trama, tanto semplice quanto efficace per questo genere: Christine è un'impiegata all'ufficio prestiti che per ottenere una promozione deve mostrare le sue capacità al suo capo. Pertanto nega un'ennesima proroga di rimborso prestito richiesta da un'anziana gitana che per vendetta getta su Christine una terribile maledizione. Da quel giorno la vita di Christine diventa un inferno. Disperata chiede ad un veggente di aiutarla a liberarsi del demone che si è impadronito della sua anima ma ogni tentativo risulta vano. Infine Christine scopre che l'unico modo che ha per salvarsi è quello di trasferire la sua maledizione su di un'altra persona, ma l'impresa risulta più ardua del previsto.
Da questa base nasce e si sviluppa Drag Me To Hell, in un vortice di trovate registiche di primissimo livello, intervallate da situazioni splatter al limite della sopportazione e da situazioni comiche che vi faranno letteralmente sganasciare dalle risate. Raimi gioca, si diverte a prendere e a prendersi in giro, reinventando nuovamente il genere, come solo lui probabilmente riesce a fare.
La sua macchina da presa nei frequenti momenti di frenesia sembra come impazzita e non mancano quindi le carrellate alla Evil Dead, così come le inconfondibili scene con audio iperrealistico, o le sue inquadrature sghembe con movimenti di macchina virtuosistici, e poi ancora demoni bavosi, animali spiritati e parlanti, diluvio di liquidi organici e gag splatter quasi da cartone animato.
A seguirlo, in questo delirante viaggio verso l’Inferno, la giovane e convincente Alison Lohman, letteralmente sottoposta ad ogni tortura possibile, con Justin Long nei panni dello scettico fidanzato e la straordinaria Lorna Raver in quelli dell’inquietante Sylvia Ganush. A bizzeffe le scene da vedere e raccontare, per un film che nel suo complesso merita immediatamente l’etichetta di ‘cult movie’, come già successo ad altri indimenticabili titoli di Raimi. Nell’andarlo a vedere un unico consiglio… preparatevi più a ridere che a spaventarvi, anche se mescolando il tutto non potrete che esaltarvi dinanzi ad una simile lezione di cinema.
La speranza a questo punto è che Sam non ci faccia aspettare altri anni prima di tornare al suo genere, l’horror (in teoria non dovrebbe accadere, c’è La Casa 4 dietro l’angolo!). In caso contrario, detto sinceramente e senza troppi peli sulla lingua, che l’Uomo Ragno vada pure in pensione, perché privarci di questo folle, delirante, esilarante e geniale Raimi è un’assoluta ingiustizia.

   

La paura del 2012


Il 21 dicembre 2012 è oggi associato all'idea che in tale data si verificherà un cataclisma. Questa idea è stata diffusa attraverso siti internet, libri e documentari TV. Tuttavia al momento non esiste alcuna prova scientifica che supporti minimamente una qualsiasi delle teorie catastrofiste. La previsione dell'evento apocalittico per quella data si fonda essenzialmente sulla convinzione che tale data coinciderebbe con la fine della quinta era (La nostra attuale, chiamata Età dell'Oro) secondo il calendario Maya. Infatti, il loro calendario, uno dei più precisi che iniziava nel lontano 3.114 a.C. si interrompe improvvisamente proprio il 21 dicembre del 2012, giorno in cui si conclude la quinta era, anche detta dell’Età dell’Oro. Il fatto che il calendario del popolo precolombiano s’interrompa non significa comunque niente. Sta di fatto che in tanti, sia scienziati che semplici appassionati, ritengono possa verificarsi qualcosa di inaspettato e che segnerà l’uomo tanto da portarlo a cambiare repentinamente il proprio modo di vivere.
Ma cosa potrà mai accadere dunque il 21 dicembre del 2012?
Di seguito elenchiamo le tesi più accreditate:
 
Tempesta solare
Esiste una tesi riguardante l’iperattività del Sole che, guarda caso proprio il 21 dicembre del 2012, dovrebbe provocare un vento solare tanto forte da danneggiare il campo magnetico terrestre, distruggere le infrastrutture tecnologiche di superficie e, a seguito delle forti radiazioni, sterminare l’intera popolazione del mondo. Questa ipotesi non trova però concordi gli scienziati che conoscono tali tempeste magnetiche e sanno bene che, al massimo, potrebbe interferire temporaneamente con le trasmissioni dei satelliti e disturbare le telecomunicazioni cellulari. Nella storia dell’uomo, va poi precisato, tempeste magnetiche di questa portata si verificano regolarmente. Nella storia dell'homo sapiens, da 30.000 anni a questa parte, ci sono stati più di 2.700 di questi cicli e nessuno di essi ha causato estinzioni di massa.
 
Un asteroide annienterà la Terra
Le probabilità che un asteroide colpisca il nostro pianeta esistono, ma ad oggi nessuno sembra disporre di una tecnologia in grado di calcolare dove e soprattutto quando una roccia spaziale ci investirà. I catastrofisti, cavalcando le tantissime scritture in codice lasciate ai posteri da diversi veggenti del passato, ritengono tuttavia che l’impatto avrà luogo esattamente il 12 dicembre del 2012. Il tanto spesso citato asteroide Apophis non centra nulla stavolta, il suo passaggio è in programma per una data non meglio precisata, comunque successiva al 2030. Nulla sembrerebbe poi centrare con la fine del nostro mondo Ercobulus (anche detto Nibiru), “il pianeta X popolato dagli extraterrestri” che tanto in passato avrebbero fatto per l’umanità e che, secondo alcuni, avrebbe dovuto entrare in collisione con il nostro pianeta proprio nel 2012. Ciò che si cerca, e che tanti per questo ritengono inesistente, è un asteroide nuovo, un oggetto di grandi dimensioni che apparirà all’improvviso senza darci il tempo di reagire. La Nasa, sebbene non stia pensando ad una data precisa, sta comunque cercando da tempo un sistema che possa permetterci di distruggere o quantomeno deviare i cosiddetti NEO, rocce che vagano nello spazio e aventi un diametro superiore ai 500 metri. Al momento, sebbene il sistema sia relativamente giovane, si sono potuti rilevare e schedare soltanto alcuni meteoriti. Il problema risulta esser pertanto reale anche se la probabilità che un impatto possa aver luogo proprio in quella fatidica data risulta estremamente bassa: alcuni esperti sostengono non superiori all’1%.
 
Conflitto mondiale
L’umanità rischia un’imminente decimazione e, forse, persino l’anticipata estinzione. Le possibili cause sono principalmente due, e riguardano il modo di interagire fra di noi e con l’ambiente. L’interazione tra gli esseri umani, infatti, è fondata sul presupposto che la soddisfazione dei nostri bisogni dipenda dall’affermazione individuale sugli altri. Questo, nel corso dei secoli, ma ancor più negli ultimi 100 anni, ha provocato una spaccatura irreparabile. La ricchezza oggi è mal distribuita: 9 persone su dieci sono in condizioni di povertà assoluta e impossibilitate ad accedere alle risorse fondamentali, indispensabili per la vita stessa. Per quanto riguarda invece l’ambiente l’uomo lo sfrutta, convinto che la natura ci appartenga e che le risorse siano illimitate. In realtà così non è: l’uomo è una delle tante specie ospitate sulla Terra e il suo agire in maniera sconsiderata ha provocato ormai da tempo il superamento della capacità del pianeta di rigenerare le risorse che utilizziamo.
 
L’esperimento Cern
L’acceleratore di particelle di Ginevra, Il Large Hadron Collider (LHC) è in attesa di esser attivato per la seconda volta e stavolta potrebbe esser l’ultima. Secondo diversi scienziati l’esperimento che dovrebbe permettere ai ricercatori svizzeri di individuare il bosone di Higgs, la cosiddetta "particella di Dio", potrebbe rivelarsi l’ultimo esperimento della storia dell’uomo e l’inizio della fine del mondo. L’esperimento, ha affermato qualche mese fa il professor Otto Rossler, chimico tedesco della prestigiosa Eberhard University, potrebbe generare un buco nero capace di divorare la Terra facendola sparire nel giro di pochi anni. Rossler e compagni hanno presentato un ricorso presso la Corte Europea dei diritti umani al fine di bloccare l’esperimento ma di fronte alle accuse gli scienziati del Cern hanno voluto smentire la pericolosità dell’acceleratore. Parole che dovrebbero tranquillizzare ma che non sembrano riuscire nel loro intento a causa del tam tam di allarmi che si rifanno persino a una profezia di Nostradamus che recita: “Tutti dovrebbero lasciare Ginevra. Saturno si trasforma da oro in ferro. Il raggio opposto al positivo sterminerà ogni cosa”. La probabilità che tale profezia possa avverarsi risulta estremamente bassa: gli esperti sostengono non maggiori del 5%.
 
Robot auto-replicanti
La fine del mondo sarà causata dall’uomo o meglio, da una delle sue invenzioni: i robot auto-replicanti. Tale invenzione, presentata al mondo nel 2005, al momento non sembra esser così minacciosa da rappresentare un vero e proprio pericolo. Chissà però cosa potrà accadere da qui al 2012. Per il momento i ricercatori della Cornell University, coordinati da Hod Lipson, sognano l’impiego di queste macchine nell’esplorazione spaziale. Tale futuro ci appare oggi inverosimile, eppure la minaccia dei robot auto-replicanti è una di quelle che più di tutte spaventa l’umanità. Secondo gli esperti i terrestri hanno il 50% di possibilità di perire a causa di questi esseri artificiali che, per salvaguardarci dall’estinzione totale, potrebbero decidere di eliminare il 75% della popolazione garantendo così un futuro al 25% superstite.
 
I "Terminator"
Quanto ipotizzato in Terminator, film fantascientifico diretto da James Cameron, potrebbe rivelarsi molto vicino alla realtà. L’uomo, dopo aver creato dei robot dotati di una “intelligenza forte”, finisce col diventare agli occhi delle macchine al pari di un parassita e come tale un essere da sterminare. Prima di descrivere lo scenario previsto dagli esperti precisiamo cosa significa “intelligenza forte”. Nella robotica esistono due forme di capacità intellettive artificiali, quella “debole” e quella “forte”. La prima è identificabile in un normale computer programmato per svolgere un compito e incapace per questo di sfuggire alla sua programmazione di base. La seconda, quella più inquietante, riguarda invece una nuova generazione di macchine dotate di una consapevolezza vera e propria, capaci di pensare proprio come fa l’uomo, percepire il proprio "io" e in grado di migliorarsi, apprendendo dai propri errori.
 
Macchine intelligenti si sostituiranno all’uomo
Nick Bostrom, filosofo svedese piuttosto attivo sulle questioni etiche legate alla possibile creazione di macchine intelligenti, ritiene che l’arrivo di questi robot sia indubbio. “Tali superintelligenze non sarebbero solo un altro sviluppo tecnologico ma la più importante invenzione della storia che porterebbero a un progresso esplosivo in tutti i campi scientifici e tecnologici in quanto i robot condurrebbero ricerche con un’efficienza sovrumana. A causa della loro superiorità intellettuale è tuttavia fondamentale render questi esseri artificiali “amici degli esseri umani”. La Superintelligenza potrebbe essere l’ultima invenzione che gli uomini hanno bisogno di realizzare. I nuovi robot svilupperanno a loro volta intelligenze superiori.
 
La fine della specie umana
William N. Joy, informatico statunitense conosciuto come Bill Joy, il "Thomas Edison di Internet" e colui che si può considerare la vera mente scientifica di Sun Microsystems, teme che la nascita di una specie non biologica super intelligente coinciderà con la fine della specie umana. “Le specie biologiche - ha commentato - quasi mai sopravvivono allo scontro con un competitore superiore. Dieci milioni di anni fa, il sud e il Nord America erano separati da uno sprofondato istmo di Panama. Il Sud America, come oggi l'Australia, era popolata da mammiferi marsupiali, compresi marsupiali equivalenti di ratti, cervi e tigri. Quando l'istmo che connetteva Nord e Sud America sorse, ci sono voluti solamente poche migliaia di anni affinché le specie placentali, con metabolismi, sistemi riproduttivi e nervosi di poco più efficaci, destituissero ed eliminassero quasi tutti i marsupiali del sud. In un mercato completamente libero, robot dotati di intelligenza superiore sicuramente colpirebbero gli umani come i placentali Nord Americani colpirono i marsupiali Sud Americani.
 
Robot militari creati per sterminare gli esseri umani
Alcuni metteranno in evidenza il fatto che l’uomo non è un marsupiale ma un essere intelligente. Anche la scimmia in un certo senso lo è, e gli esseri umani se messi a confronto di un robot super intelligente, non sarebbero altro che primati privi di pelo. Va tenuto poi considerato che sistemi robotici intelligenti vengono tutt’oggi sviluppati anche in ambito militare e l’obiettivo di queste macchine non è quello di salvaguardare gli umani ma “sterminare dei nemici”.
 
Quanto scritto fin qui può aver turbato alcuni lettori, come anche aver fatto sorridere gli scettici convinti che niente e nessuno potrà mai cambiare l’attuale posizione dell’uomo nell’attuale scala evolutiva. I potenziali pericoli per la nostra specie sono tuttavia reali e sebbene alcuni non possano esser evitati, o in parte controllati, altri possono esser allontanati, cambiando magari il nostro modo di porci nei confronti dei nostri simili e della nostra casa, al momento l’unica disponibile, la Terra.
 
Fonti e riferimenti: Tiscali Scienze e Wikipedia