1954. Gli agenti federali Teddy Daniels (Leonardo Di Caprio) e il suo
collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) si recano all'Ashecliff Hospital, un
ospedale psichiatrico per criminali psicopatici situato su Shutter
Island, per indagare sulla scomparsa di Rachel Solando, rinchiusa lì
dentro per aver ucciso i suoi tre bambini affogandoli. I due iniziano le
indagini affiancati dal dottor John Cawley (Ben Kingsley) un uomo
dall’atteggiamento alquanto sospettoso e non proprio disponibilissimo a
collaborare. Nel frattempo l’agente Daniels inizia a fare sogni strani
con protagonista Dolores, la povera moglie morta in un incendio anni
prima, la quale gli riferisce che sia Rachel che Andrew Laeddis (l’uomo
colpevole di aver appiccato il fuoco) sono ancora vivi. Il giorno dopo
questi spiega al collega che la vera ragione per cui si trova lì è
un’altra: anche Laeddis, dopo il trasferimento in quel manicomio
criminale, scomparve nel nulla: è sua ferma intenzione ritrovarlo per
assicurarsi che sia rinchiuso per sempre, soprattutto per la sofferenza
che gli ha causato in vita. Intanto però Daniels inizia a soffrire di
pesanti emicranie e sospetta che le pillole offerte dal dottor Cawley
c’entrino qualcosa. Rachel viene in seguito ritrovata, ma non risponde a
nessuna domanda dell’investigatore, il quale è sempre più sicuro del
fatto che quello a cui sta assistendo sia una messa in scena per fargli
sviare le indagini (soprattutto dopo aver sentito un paziente che diceva
che nel faro poco lontano dall’ospedale venivano fatti esperimenti su
cavie umane). Tutti gli elementi portano al faro, dunque, dove il
terrificante colpo di scena del finale darà una spiegazione a tutte le
incongruenze della storia e agli strani incubi dell’agente Daniels.
Tratto dal romanzo del 2003 L’isola della paura, Shutter Island
vede il ritorno di Scorsese dietro la macchina da presa con
l’inseparabile Thelma Schoonmaker al montaggio. Un ritorno ovviamente
gradito che, come nel caso de L’aviatore (The Aviator,
2004), il regista celebra con un film un po’ fuori dai suoi “soliti
schemi” (affermazioni, le mie, sempre molto generiche, a tratti
monolitiche – la follia è un topos scorsesiano, tanto per dirne uno). Un
thriller con qua e là qualche spruzzatina di horror, un esperimento che
a Scorsese riesce bene, forte soprattutto della sua sempre presente
vocazione a far film in maniera e solida e quasi “artigianale”: e
difatti quello che si ha di fronte è un prodotto quadrato, perfettamente
funzionante e dal ritmo decisamente sostenuto. Tutte caratteristiche
che lo rendono un bel film, ma non eccezionale, non un capolavoro, forse
perché manca una certa scintilla di follia presente invece in altri
suoi precedenti lavori.
Da sottolineare la prova magistrale di Ben Kingsley, in una parte che avrebbe potuto farlo cadere nel tranello del gigionismo e che invece ne ha esaltato le grandi capacità che tutti conosciamo. Una nota dolente per Di Caprio: non a lui direttamente (come sempre fa bene il suo lavoro), ma a Scorsese, dato che, a mio parere, la scelta dell’attore californiano è stata infelice. Il buon Leo è ancora un po’ troppo giovane per ruoli del genere e mi sembra un po’ prematuro doverlo accostare a personaggi come Hank Quinlan (A Touch of Evil, 1958), dato che la stazza di Orson Welles (sia professionale che fisica) è ancora ben distante.
Da sottolineare la prova magistrale di Ben Kingsley, in una parte che avrebbe potuto farlo cadere nel tranello del gigionismo e che invece ne ha esaltato le grandi capacità che tutti conosciamo. Una nota dolente per Di Caprio: non a lui direttamente (come sempre fa bene il suo lavoro), ma a Scorsese, dato che, a mio parere, la scelta dell’attore californiano è stata infelice. Il buon Leo è ancora un po’ troppo giovane per ruoli del genere e mi sembra un po’ prematuro doverlo accostare a personaggi come Hank Quinlan (A Touch of Evil, 1958), dato che la stazza di Orson Welles (sia professionale che fisica) è ancora ben distante.
Voto: molto buono.
Di seguito il trailer ufficiale in italiano:
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