Black cat (Il gatto nero), girato da Lucio Fulci nel 1981 e scritto da Biagio Proietti, è ispirato molto liberamente al celebre racconto di Poe. Chissà perché tra gli horror del “periodo d’oro” fulciano è il meno considerato dagli studiosi ma anche dallo stesso Fulci, che in un’intervista rilasciata a Marcello Garofalo (pubblicata su un Nocturno Dossier) lo definiva un film “debole”. Racconta di un parapsicologo che studia le voci dei morti e che per vendicarsi degli abitanti del paese che lo considerano un profanatore di tombe e lo emarginano, ipnotizza un gatto nero e lo spinge a uccidere, tra gli altri, la figlia della donna che lo ha lasciato, la donna stessa e un ubriacone che sparla di lui. Il gatto però sembra posseduto da un’entità diabolica (o dalle anime dei morti?), tanto che Miles non riesce più a controllarlo e temendo che voglia ucciderlo lo sopprime impiccandolo. Ma il gatto resuscita e alla fine, quando Miles cerca di liberarsi della fotografa che ha scoperto le sue responsabilità murandola viva (senza accorgersi che ha murato anche il felino) ne rivela il luogo alla polizia miagolando (finale simile a quello di Sette note in nero). Nonostante la figura del gatto domini la vicenda portando Black cat sui generi mostri e belve feroci, si tratta comunque di un film che potrebbe tranquillamente rientrare nel sottogenere degli assassini o in quello del sovrannaturale, poiché Fulci inserisce nella vicenda spunti che rimandano ai suoi film sui morti viventi. Questa creatività registica, l’atmosfera misteriosa e alcune sequenze ben costruite rendono Black cat un film del terrore di notevole interesse, tra l’altro meno cruento e sanguinoso dei coevi fulciani, più thriller sovrannaturale che gore puro.
a cura di Roberto Frini