Gomorra di Matteo Garrone


Nella Napoli del degrado e della violenza si articolano quattro vicende che hanno come sfondo il mondo della Camorra. C’è la vicenda di Pasquale, un abile sarto che lavora in nero per l’alta moda, con un datore di lavoro che lo sfrutta, motivo per cui accetterà di insegnare il mestiere ai cinesi di nascosto per 2000 euro a lezione. C’è Franco, un elegante e disinvolto imprenditore che lavora nello smaltimento dei rifiuti tossici, concedendo agli imprenditori del nord Italia appezzamenti di terreno a costi dimezzati in cui scaricare i loro veleni. Poi Marco e Ciro, due delinquenti che compiono furti provocando non pochi fastidi al clan al comando della zona, i Casalesi, rischiando non poco la vita imitando gli atteggiamenti di Al Pacino in Scarface, il loro film preferito. E poi la vicenda che fa da sfondo, da collante a tutti gli episodi di terrificante violenza: lo scontro tra il clan Di Lauro e gli scissionisti, che portano il terrore per le strade con sparatorie e agguati improvvisi. Proprio qui si muove Salvatore, il tredicenne che ambisce a diventare uno di quelli contano nel quartiere, quelli con le macchine importanti e pieni di soldi. E insieme a lui c’è anche Don Ciro, il contabile che porta la semmana alle famiglie dei membri del clan arrestati o addirittura morti, ma che non ce la fa più a sostenere il peso della paura degli ex membri del clan che potrebbero coinvolgere anche lui in qualche rappresaglia.

Dall’omonimo best seller di Roberto Saviano e diretto da Matteo Garrone, Gomorra si è aggiudicato il Grand Prix Speciale della Giuria e il Premio Arcobaleno Latino al Festival di Cannes 2008; il premio come Miglior Film Straniero al Festival di Monaco e il Premio Palmi 2008. Un film dagli incassi strepitosi fin dalla prima settimana d’uscita.
  
Un film straordinario. Non ci sono altre parole per descriverlo, senza correre il rischio di essere riduttivi. E’ un prodotto verso il quale non si possono ricamare giudizi arzigogolati all’infinito visto che quello di cui si sta parlando è un film votato all’essenzialità della rappresentazione e del linguaggio. Potrei spendere parole sul taglio prettamente documentaristico; sull’intento simil-neorealista nel mantenere il dialetto napoletano nei dialoghi supportati da puntuali sottotitoli in italiano; potrei celebrare all’infinito la forza con cui la violenza viene messa in scena ogni singolo minuto della proiezione. Sono dettagli importanti, ma di fronte allo spessore di questo film (e del romanzo da cui è stato tratto, ma soprattutto della terrificante realtà da cui entrambi derivano) non si riesce a gioire più di tanto per la buona riuscita del lavoro filmico. 
  
Si rimane in silenzio, si sta a guardare con la (mezza) consapevolezza che queste scene di ordinaria barbarie si svolgono nel nostro “Bel Paese”, si sta a bocca aperta sgomenti, senza fiatare di fronte alla facilità estrema con cui la violenza e lo schifo dilagano ovunque continuando a sfornare proseliti da qualsiasi schieramento. Gomorra è un film che parla di Camorra, qualsiasi cosa voi pensiate che significhi questa parola. Stando a guardare questa pellicola però si riesce a ragionare un po’ di più sulle dinamiche (talmente fuori dall’ordinario da sembrare surreali) che reggono i rapporti di terrore nell’ambiente malavitoso. Per una volta non stiamo ad ascoltare i fatti di mafia distrattamente al TG, ma stiamo lì, incollati allo schermo senza via di scampo (una sensazione simile forse a quello che provava Alex in Arancia Meccanica, all’interno del cinema). La violenza è pura, densa come il miele, servita su un piatto d’argento senza condimenti d’altro genere; è la genuinità della violenza quella che vediamo, senza altre dinamiche di contorno, quasi innocente, come gli occhi di Salvatore quando gli viene chiesto di collaborare ad un omicidio.
Guardando il film ho subito pensato alle favelas brasiliane e continuo a credere che la vicinanza sia assoluta e insopportabile. Leggete la recensione su City Of God e applicate tutto a Gomorra: è un esercizio assolutamente naturale.

Concludo dicendo che la visione di questo film, per i suoi contenuti di denuncia sociale e politica, dovrebbe essere obbligatoria per tutti. Si eviterebbero moltissimi discorsi a vanvera su chi ha colpa di cosa e perché.

Giudizio: ottimo (e aggiungo, Fondamentale). 

a cura di Giorgio Mazzola