
Dall’omonimo best seller di Roberto Saviano e diretto da Matteo Garrone, Gomorra si è aggiudicato il Grand Prix Speciale della Giuria e il Premio Arcobaleno Latino al Festival di Cannes 2008; il premio come Miglior Film Straniero al Festival di Monaco e il Premio Palmi 2008. Un film dagli incassi strepitosi fin dalla prima settimana d’uscita.
Un film straordinario. Non ci sono altre parole per descriverlo, senza
correre il rischio di essere riduttivi. E’ un prodotto verso il quale
non si possono ricamare giudizi arzigogolati all’infinito visto che
quello di cui si sta parlando è un film votato all’essenzialità della
rappresentazione e del linguaggio. Potrei spendere parole sul taglio
prettamente documentaristico; sull’intento simil-neorealista nel
mantenere il dialetto napoletano nei dialoghi supportati da puntuali
sottotitoli in italiano; potrei celebrare all’infinito la forza con cui
la violenza viene messa in scena ogni singolo minuto della proiezione.
Sono dettagli importanti, ma di fronte allo spessore di questo film (e
del romanzo da cui è stato tratto, ma soprattutto della terrificante
realtà da cui entrambi derivano) non si riesce a gioire più di tanto per
la buona riuscita del lavoro filmico.
Si rimane in silenzio, si sta a guardare con la
(mezza) consapevolezza che queste scene di ordinaria barbarie si
svolgono nel nostro “Bel Paese”, si sta a bocca aperta sgomenti, senza
fiatare di fronte alla facilità estrema con cui la violenza e lo schifo
dilagano ovunque continuando a sfornare proseliti da qualsiasi
schieramento. Gomorra è un film che parla di Camorra, qualsiasi
cosa voi pensiate che significhi questa parola. Stando a guardare
questa pellicola però si riesce a ragionare un po’ di più sulle
dinamiche (talmente fuori dall’ordinario da sembrare surreali) che
reggono i rapporti di terrore nell’ambiente malavitoso. Per una volta
non stiamo ad ascoltare i fatti di mafia distrattamente al TG, ma stiamo
lì, incollati allo schermo senza via di scampo (una sensazione simile
forse a quello che provava Alex in Arancia Meccanica,
all’interno del cinema). La violenza è pura, densa come il miele,
servita su un piatto d’argento senza condimenti d’altro genere; è la
genuinità della violenza quella che vediamo, senza altre dinamiche di
contorno, quasi innocente, come gli occhi di Salvatore quando gli viene
chiesto di collaborare ad un omicidio.
Guardando il film ho subito pensato alle favelas brasiliane e continuo a credere che la vicinanza sia assoluta e insopportabile. Leggete la recensione su City Of God e applicate tutto a Gomorra: è un esercizio assolutamente naturale.
Concludo dicendo che la visione di questo film, per i suoi contenuti di denuncia sociale e politica, dovrebbe essere obbligatoria per tutti. Si eviterebbero moltissimi discorsi a vanvera su chi ha colpa di cosa e perché.
Guardando il film ho subito pensato alle favelas brasiliane e continuo a credere che la vicinanza sia assoluta e insopportabile. Leggete la recensione su City Of God e applicate tutto a Gomorra: è un esercizio assolutamente naturale.
Concludo dicendo che la visione di questo film, per i suoi contenuti di denuncia sociale e politica, dovrebbe essere obbligatoria per tutti. Si eviterebbero moltissimi discorsi a vanvera su chi ha colpa di cosa e perché.
Giudizio: ottimo (e aggiungo, Fondamentale).
a cura di Giorgio Mazzola