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I vampiri di Riccardo Freda

Per quasi tutti gli anni Sessanta, e tranne qualche rara eccezione, a dominare il cinema italiano del terrore sono i film gotici, che derivano naturalmente dal genere letterario nato a metà del 1700 con il romanzo di Horace Walpole “Il castello di Otranto”. Il critico Pietro Bianchi, nell’introduzione alla raccolta di storie a fumetti “Le spiacevoli notti di zio Tibia” (Mondadori, 1969), definisce in maniera mirabile il romanzo nero o gotico: «Così detto dallo stile architettonico dei manieri e delle rovine dove spesso si svolgevano gli intrighi più portentosi. Principali motivi della macabra sinfonia: una caverna, un castello, una strega, un’aggressione notturna (…) scheletri in cantina o nei sotterranei, una tempesta che squassa i rami degli alberi del parco (…) i vampiri, le avvelenatrici, le fanciulle innocenti (…) gemili e lamenti di ignota provenienza, donne stupende preda del demonio.» Il cinema del terrore in Italia nasce con il genere gotico e il film che segna l’inizio di questo genere all’interno del cinema italiano è I vampiri, diretto nel 1956 da Riccardo Freda. In un brano della sua autobiografia “Divoratori di celluloide” Riccardo Freda afferma che i vampiri e la leggenda del conte Dracula lo hanno sempre affascinato, così come l’uomo che riesce a mascherare la sua vera natura, i suoi istinti. L’azione del film I vampiri si svolge a Parigi. Nella Senna viene trovato il cadavere di una ragazza completamente dissanguato. Si diffonde la paura per l’assassino, chiamato il vampiro. Mentre la polizia e un giornalista, Pierre, indagano, una ballerina di varietà viene rapita. Un tossicomane, Joseph, incaricato di questi rapimenti, si reca dal dottor Julien Du Grand minacciando di raccontare tutto. Viene ucciso. Scopriamo che il professore sta completando una ricerca che gli permetterà, usando il sangue di giovani donne, di ridare la giovinezza alla cugina, la contessa Marguerite Du Grand, un tempo innamorata del padre di Pierre e ora invaghita di lui. Per farlo, rapiscono una studentessa, Laurette, amica del giornalista. Quando Joseph, tornato in vita grazie agli esperimenti di Du Grand, si reca al commissariato e pur in stato confusionale spiega ciò che gli è accaduto, il commissario cede alle insistenze di Pierre e si reca al castello della contessa, scoprendo la verità. Ispirato alla leggenda della vera contessa ungherese Erzsebeth Bathory, I vampiri, girato in dodici giorni negli studi della Scalera Film, è un horror che oggigiorno può apparire piuttosto tradizionale, lento e asciutto, con gli unici effetti speciali (opera di Mario Bava) del rapido invecchiamento della donna-vampiro. L’aspetto investigativo e la vicenda da romanzo d’appendice prevalgono su quello sovrannaturale e sulla costruzione della suspense. Ma se consideriamo il periodo in cui venne girato, ci renderemo conto di quanto invece I vampiri fosse moderno e innovativo, soprattutto sotto il profilo della ricerca visiva e non solo per quel che riguarda l’horror italiano. Mirabile la ricostruzione scenografica di Parigi realizzata da Beni Montresor (con i fondali dipinti, onirici) e il bellissimo bianco e nero della fotografia di Mario Bava.
   
a cura di Roberto Frini