Armi, chitarre e zaini (una storia del Sud) di Marco Greco

Armi, chitarre e zaini (una storia del Sud) di Marco Greco è uscito in una nuova edizione a distanza di quattro anni dalla prima (2020), sempre per i tipi di Brundisium.net.
Marco Greco, conduttore radiofonico e giornalista, ci racconta come un antico cantastorie o un bluesman degli anni trenta del 900 munito di chitarra costruita da sé, o folk singer anni sessanta (scegliete voi) la storia di Dario, un ragazzo salentino di diciotto anni.
Il ragazzo vive ad Acquaviva Marittima e si appassiona alla musica.
Fonda una band, Les Guitars & le Guns, ed emigra a Bologna con i suoi compagni di avventure musicali, per realizzare i loro sogni.
Perché a Bologna nei primi anni ottanta si pubblicano riviste, si producono cassette musicali, nascono le piccole etichette discografiche del nuovo rock italiano, la new wave, il dark e altri generi.
Insomma qui vive e fermenta la scena musicale.
Dario e sodali “spaccano”. Concerti e incisione di demo.
Arriva il successo e arriva anche l’amore tra Dario e Anna Rita, corista della band, amore che si consolida finché lei non muore e Dario torna al paesino del Salento che lo ha visto crescere.
Basta con lo spoiler.

Armi, chitarre e zaini (una storia del Sud) è un romanzo sintetico ma intenso.
Dalla forte densità narratologica. Greco applica alla propria opera la lezione della sintesi del giornalismo (ha collaborato con Senzacolonne e Brundisium.net tra gli altri) la passione per la musica (in particolare rock e blues) – è stato speaker radiofonico e lo è tutt’ora (da Radio Giovane a Ciccio Riccio, dove conduce il programma Radiazioni).
Da leggere, come dice Marco Greco nell’introduzione, seguendo le sue indicazioni (citazioni di testi di canzoni o scrittori e poeti presenti nel libro) o ascoltando una personale compilation.
Oppure, aggiungo io, sentendo la musica interiore che nasce spontanea leggendo il romanzo.
(Chi scrive questa recensione, ha usato un netbook mezzo rotto del 2006 ascoltando l’album “The River” di Bruce Springsteen. In condizione Low Fi, insomma. Rock and Roll forever.)
In conclusione Armi, chitarre e zaini (una storia del Sud) è una storia di amore e rigenerazione, in cui il blues si unisce alla musica tradizionale salentina, inneggiante alla vita, alla sua bellezza e ai suoi colori fino al bellissimo e inaspettato finale.
La malinconia e la cupezza di certo blues si fondono miracolosamente con la vitalità della pizzica salentina.
La grinta del rock e le sfumature vocali del jazz. Un romanzo-canzone insomma.
Vengono citati – e si sente che sono stati da ispirazione a Marco Greco nello scrivere – Mahalia JacksonSud Sound SystemVinicio CapossellaTom Waits e tanti altri.
Ringrazio personalmente Marco Greco per avere scritto questo libro e Brundisium.net per aver deciso di pubblicarlo.
Il volume è impreziosito dalle foto, ritraenti luoghi tipici del Salento, di Mattia De Angelis e Camilla D’Orso.
Consigliato a tutti.

L’AUTORE
Marco Greco, nato nel 1958 a San Pietro Vernotico (Brindisi), è uno degli speaker radiofonici storici delle radio locali eregionali. Appassionato di rock, blues e jazz ha trasmesso a Radio Giovane, Tele Radio Brindisi Centrale, Radio Canale 94 e Ciccio Riccio. Ha collaborato con le testate giornalistiche Meridiana, Tutto Brindisi, Senzacolonne e Brundisium.net. Ha presentato inoltre, il concerto jazz “Attenti a quei due”, tre edizioni del Festival del Blues Città di Brindisi, il concerto-evento dell’inaugurazione di Largo Gianni D‘Errico a Brindisi e il “50th Anniversary Concert”della Via del Blues al teatro Abeliano di Bari. È stato consìgliere del C.d.A. della Fondazione Nuovo Teatro Verdi di Brindisi dal 2022 al 2023. Nel 2015 ha pubblicato il libro La Città Emergente (non solo rock) a Brindisi 1980-2015. Dalle radio libere alle nuove leve (Edizioni Brundìsium.- net), nel 2017 Ho Sognato Robert Johnson (Edizioni Brundisium.- net), nel 2020 Armi, Chitarre & Zaini. Una storia del Sud (Edizioni Brundisium.net) e nel 2023 Radio Brindisi on Air. Da Mamma Rai alle Radio Libere con Domenico Saponaro (EdizioniBrundisium.net).

Armi, chitarre e zaini (una storia del Sud)
Autore: Marco Greco
Editore: Brundisium.net
Codice ISBN: 978-88-941438-3-6
Prezzo: 12 €

A cura di Luca Bonatesta



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Richard Matheson – Leggende dello schermo di Cesare Cioni

Se leggere saggi è sempre una esperienza, leggerli su Richard Matheson risulta anche una imprevedibile avventura, comunque vengano affrontati i tanti argomenti che riguardano questo autore a dir poco unico.

Cesare Cioni in Richard Matheson – Leggende per lo schermo propone un saggio espositivo in cui analizza le opere e psicanalizza il pensiero e gli atteggiamenti dai quali queste hanno preso vita.
I primi capitoli si concentrano su un ritratto soprattutto interiore, scavano nelle visioni e nei traumi di Matheson così in profondità da farmelo immaginare sdraiato sul lettino dello psicologo, a farsi lacerare l’animo in un furibondo girotondo di accuse di misoginia e inadeguatezza.
Il lettore si trova quindi di fronte a un Matheson che nasconde, nelle sue creazioni, un mal di vivere legato all’incapacità di accettare i cambiamenti sociali dell’epoca, un uomo traumatizzato, paranoico che sembra che non sappia come gestire il fatto di far parte del genere maschile e che riversi questa incapacità in un profondo odio per le donne. Forse un eccesso di zelo introspettivo da parte di Cioni, anche se non privo di logica analitica ma pur sempre e solo deduttiva. Non posso esimermi dal sottolineare questo, perché la prima parte del saggio è permeata da una tale insistenza su queste devianze psicologiche da far pensare che si stia parlando di Norman Bates di Psycho e non di Richard Matheson l’autore.
Superata questa défaillance iniziale, arriva la parte interessante, nonché divertente: il saggio comincia ad analizzare lo stile delle opere e tocca l’apice quando affronta “l’oscuro baratro dell’ignoto” (cit. da pag 131) ovvero: Ai Confini della Realtà e tutto ciò che segue negli anni, anzi, nei decenni successivi.
Tra romanzi, racconti, sceneggiature, film e telefilm, collaborazioni e citazioni, ci addentriamo in un percorso horror, weird e fantascientifico piacevole e carico di spunti.
Durante la lettura, pagina dopo pagina, si percepisce l’enorme lavoro di ricerca fatto da Cesare Cioni, l’ottima capacità organizzativa della quantità di materiale che deve essersi trovato tra le mani e una profonda conoscenza non solo delle opere scritte, ma anche delle loro trasposizioni su grande e piccolo schermo e dei lavori che da esse hanno preso spunto.
Richard Matheson – Leggende per lo schermo è un saggio che consiglio soprattutto a chi già un po’ conosce le opere di Matheson e a chi è alla ricerca di un lavoro di riferimento per studi, anche di un certo livello, su di lui e su tutto ciò che ha creato e ispirato.

Richard Matheson
Leggende per lo schermo
Autore: Cesare Cioni
Editore: Weird Book
Anno: 31 ottobre 2022
Pagine: 264
Prezzo: 26,50 €
ISBN: ‎978-8831373838

A cura di Debora Montanari


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I racconti di Dagon 2: Attraverso angoli alieni di Autori Vari

Ci sono libri che spalancano porte su universi dimenticati, che tracciano mappe di orrori celati oltre i confini della comprensione umana. I racconti di Dagon 2: Attraverso angoli alieni, antologia pubblicata dalla Dagon Press con l’introduzione di Gianfranco de Turris, è uno di questi libri. Un viaggio multiforme e inquietante, che non si limita a rievocare l’ombra di H.P. Lovecraft, ma che intreccia un dialogo corale tra scrittori americani e italiani, accomunati da una visione condivisa dell’orrore cosmico.

De Turris, con il suo consueto acume, sottolinea come questa antologia non sia un semplice tributo, ma una prova concreta dell’universalità della poetica lovecraftiana. Lungi dall’essere una “bizzarria” personale, il nuovo orrore cosmico di Lovecraft si è dimostrato una struttura narrativa robusta, capace di attraversare decenni e confini, e di alimentare nuove forme di inquietudine.

Elwin G. Powers apre la raccolta con Attraverso angoli alieni, un racconto che spinge oltre i limiti l’eredità del creatore dei Miti di Cthulhu. Gli Shoggoth tornano in scena con una potenza primordiale, protagonisti di un crescendo narrativo che culmina in un finale evocativo del “Dagon” lovecraftiano. Powers, alter ego letterario di Robert A.W. Lowndes, non si limita a ripetere i temi lovecraftiani, ma li innova, dimostrando che il canone è uno spazio vivo, aperto alla reinterpretazione. A seguire, il racconto inedito in Italia di Abraham MerrittLo stagno del dio di pietra, colpisce per il suo potere visionario. La misteriosa isola su cui il professor Marston e i suoi compagni fanno naufragio si anima di un’atmosfera tangibile di minaccia e fascinazione. L’idolo dalle ali di pipistrello, al centro della vicenda, anticipa in modo quasi profetico Il richiamo di Cthulhu e non bisogna dimenticare come Lovecraft apprezzasse MerrittMerritt non è un epigono di Lovecraft, ma piuttosto un precursore, capace di evocare suggestioni che sarebbero poi diventate colonne portanti del mito. Con Il vello di Graag di Paul Dennis Lavond – pseudonimo che cela le menti di Frederick PohlHarry Dockweiller e lo stesso Lowndes – ci immergiamo in un racconto classico ispirato ai Miti di Cthulhu. Il racconto cattura con la sua tessitura oscura e simbolica, dimostrando come il mito lovecraftiano possa essere declinato in forme polifoniche senza perdere la sua essenza. Henry Kuttner, nel suo Il divoratore di anime, mostra un lato dunsaniano e lovecraftiano che seduce per la sua atmosfera decadente e onirica. Kuttner non si limita a spaventare: conduce il lettore in un labirinto di immagini simboliche, dove l’orrore si mescola con una bellezza ineffabile. L’abominio supremo di Clark Ashton Smith e Lin Carter è un perfetto esempio di alchimia letteraria. Partendo da un frammento incompiuto di SmithCarter plasma una narrazione che cattura l’essenza dei miti di Lovecraft, portandoli verso nuove vette di orrore e meraviglia. La collaborazione tra i due autori si traduce in un racconto che è tanto un tributo quanto un contributo originale al mito.

Tra i contributi italiani, spicca Nessun dolore… del compianto Elvezio Sciallis, una figura centrale nel fandom del fantastico italiano. Questo racconto si presenta come un omaggio carico di emozione e profondità, ambientato in una Sanremo gotica che unisce il fascino della Riviera a un’atmosfera densa di mistero. Fra i protagonisti troviamo lo scultore Andrea (probabilmente Andrea Bonazzi, noto scultore e artista lovecraftiano), in una narrazione che intreccia realtà e incubo. Viene citato anche un certo Guarriello come traduttore di un tomo di magia. Sciallis dimostra una maestria unica nel fondere elementi lovecraftiani con una sensibilità tutta italiana, rendendo il racconto un tributo autentico e un contributo indelebile alla letteratura weird. Ma l’apporto italiano non si ferma qui. Marco Marra, con La cosa caduta dal cielo, costruisce un incubo che richiama per atmosfere Il colore venuto dallo spazio, pur mantenendo una sua originale peculiarità. Pietro Rotelli, con Carcosa Beach Party, ci regala una storia che unisce ironia e mistero, citando apertamente Carcosa e Hastur, e intrecciando la leggenda con una vena contemporanea. In La spiaggia di Baleia di Claudio Foti, la popolazione atterrita si confronta con conchiglie titaniche, in un crescendo di tensione che fonde l’elemento naturale con una minaccia sovrannaturale. Paco Sidney Silvestri, invece, con La via del caos, riporta al centro della narrazione il culto di Dagon, intrecciando il mito con un senso di fatalismo implacabile. Un maelstrom di orrore di Andrea Beatrice si distingue per la sua atmosfera onirica e cosmica, che richiama le suggestioni di Clark Ashton Smith. Gli enigmatici Cosmici, creature di potenza insondabile, amplificano il senso di meraviglia e terrore, facendo del racconto una perla visionaria. Flavio Deri, con Ritorno a Innsmouth, ci guida in un viaggio nella mitica città ormai diroccata e fatiscente, tra decadenza e mistero. Da Y’ha-nthlei, una sorta di nuova R’lyeh che emerge dagli abissi, si dipana una narrazione carica di fascino mitologico. Cesare Buttaboni, in Il culto del verme nero, fonde il gotico padano con l’orrore cosmico, in una storia che riecheggia antiche leggende trasfigurate in chiave lovecraftiana. La struttura di Paolo Sista si distingue per la sua vena surreale e patafisica. Dopo aver scavalcato una misteriosa struttura, il protagonista cade in un delirio visionario che esplora concetti vertiginosi come la “Cuspide Apicale della Arborescenza Inversa di Yug Sutol”. Infine, Maria Tauro, con Giochi di magia, ci regala il ritratto di un personaggio femminile complesso e recluso, i cui segreti si rivelano essere di portata cosmica.

ATTRAVERSO ANGOLI ALIENI
I racconti di Dagon 2
Autore: AA.VV.
Editore: Dagon Press
Anno: 15 dicembre 2024
Pagine: 228
Prezzo: 15,60 €
ISBN: 979-8302054043

A cura di Cesare Buttaboni

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Le Statue Stele di Flavio Deri

Manoscritto ritrovato da Alfonso Fioravanti in data 28/11/1905 presso Zignano, in una casa di proprietà di un membro dello staff universitario di Pisa deceduto nel 1827, il cui nome sembra sia stato cancellato dagli annali.

Parte I – Il Ritrovamento
02/05/1827
Non oso nemmeno esprimere l’entusiasmo che sto provando in questo momento, io umile studente di archeologia portato finalmente in una spedizione sul campo.
Il mio professore è ormai un provetto viaggiatore con decennale esperienza di scavo. È un onore poterlo accompagnare. Sicuramente la mia discendenza da antenati autoctoni della zona ha influito sulla scelta della mia presenza in loco, ma poco importa.
Ho potuto ascoltare una conversazione molto interessante prima della partenza tra il mio professore e il suo collega del dipartimento di Storia in cui accennavano che si tratta di una potenziale scoperta epocale che potrebbe chiarire alcuni punti sulle antiche civiltà eneolitiche.
Oggi siamo partiti con tutta l’attrezzatura per procedere e assistere alle fasi dello scavo e in giornata potremmo già mettere mano ai primi ritrovamenti. Non sto più nella pelle ormai.
Giunti presso Novà, nel comune di Zignano, ci dirigiamo verso il sito del ritrovamento del tutto fortuito e possiamo iniziare ad intravedere la testa delle Statue-Menhir.
È un’opera meravigliosa nel suo complesso, di tipo antropomorfo, doveva essere una raffigurazione molto comune alle popolazioni pre-protostoriche dell’Europa a partire dal III millennio. Secondo gli studi effettuati finora, per secoli queste statue sono state distrutte in quanto considerate lasciti di divinità pagane e non esiste una documentazione certa su quante ne siano state rinvenute fino al XVIII secolo. Oggi tenteremo un’estrazione dopo aver scavato tutt’intorno per evitare in ogni modo di danneggiarla, continuerò il resoconto al termine della giornata.
Dopo una giornata completa dedicata all’escavazione del reperto possiamo affermare quanto segue:
La statua raffigura con tratti stilizzati un essere umano, in questo caso con quelle che sembrano mani conserte verso il centro del corpo, e stringono quello che rappresenta un pugnale sotto di esse, verosimilmente identificando un guerriero. La testa è larga ad arco a forma di U, con un accenno di fori per gli occhi. È stata chiaramente vittima di una forma di iconoclastia perché ha lacuna nel basamento palesemente danneggiato in tempi antichi.
La mia opinione come quella del professore è che la statua-stele sia una sorta di rappresentazione di divinità o di antenati eroicizzati. La zona non è né un insediamento né una necropoli, visto che non ci sono altri ritrovamenti collegabili, ergo potrebbe essere stata un’area ritenuta sacra oppure un punto focale per celebrazioni e a ricordo di qualcosa. Al termine di questa giornata non posso fare a meno di trarre le più fantasiose conclusioni anziché riflessioni di carattere scientifico. L’ora è tarda e devo decisamente riposare le mie stanche membra. È stata una giornata meravigliosa.

Parte II – La Visione
03/05/1827
È stata una notte estremamente anomala e ricca di sogni contornati da stranezze e momenti inquietanti. Difficilmente ricordo un sogno l’indomani, ma stavolta mi è rimasto impresso come lingue ardenti di fiamma invisibile sulla mia pelle e nella mia memoria. Un sogno vissuto in prima persona, e forse è per questo che mi è restato particolarmente impresso.
Ricordo un cielo terso al pari di un cristallo d’un azzurro perfetto, il sole non troppo caldo ma decisamente piacevole al contatto con la pelle. Non indossavo le mie normali vesti ma ero quasi nudo, se non per una pelliccia di animale sulla schiena, mani e piedi ignudi e completamente sporchi di terra, ma nonostante questo non provavo nessun tipo di paura per malattie o quel senso di sporco, era come se fosse perfettamente normale. Dopo aver contemplato la maestosità del cielo mi sono dedicato all’assoluta bellezza dell’ambiente che mi circondava. Colline e pianure completamente verdi che pareva di essere in un Eden. La sensazione che provavo quando respiravo era identica a quella che ti dona il respirare sulla cima di un’alta montagna, ma rimanendo molto al disotto del livello del mare.
Che razza di visione è mai questa? L’impressione di essere a casa è fortissima, ma allo stesso tempo mi pare di non esser qui. Non posso fare altro che incamminarmi e provare a scoprire qualcosa di più su quello che sto vivendo adesso.

Percorro molti passi in una direzione verso l’ignoto, non comprendendo bene dove io sia. Solo una cosa interrompe il mio cammino, un forte battito di tamburi, un’eco che risuona in questa valle di puro niente ma che riesce a farmi battere il cuore al suo sinistro ritmo.
Arretrare o fuggire? La paura dell’ignoto attanaglia il mio cuore ma la brama di sapere mi spinge sempre e comunque avanti, e adesso voglio sapere cosa sia questo battito, questo ritmo che sa di ancestrale.
Arrivo verso un rialzamento che si affaccia su una valle molto più piccola del panorama attuale che pareva sconfinato. Il rumore di quei tamburi si fa sempre più nitido e cautamente mi affaccio. Vedo qualcosa ma non capisco.
La paura mi attanaglia e, notando un grande sasso, lo prendo e lo spingo con tutte le mie forze sull’orlo della rupe per poterlo usare come nascondiglio in piena luce e poter provare a sbirciare da sopra.
Vedo qualcosa di strano ma che non riesco a metabolizzare, sento qualcosa di oscuro che non riesco a comprendere. Riapro gli occhi e sono nel mio letto grondante sudore e paralizzato come dopo il più nero degli incubi.
Ormai è quasi l’alba e lascio perdere qualsiasi tentativo di addormentarmi, sarebbero tentativi vani. Il cuore batte come lo scalpitare di uno stallone in corsa e le tempie mi pulsano allo stesso ritmo. Attendo in quiete, seduto, che sia il momento di partire alla volta dello scavo ma non posso riportare quanto ho visto nel sogno.
Ormai è nuovamente sera e dopo una breve cena frugale, vista l’assenza di appetito che mi ha accompagnato per tutto il dì, mi limito a ingurgitare quanto mi è necessario per avere forze bastevoli per l’indomani.
La giornata di lavori allo scavo è stata a dir poco bizzarra e quasi blasfema nel suo complesso. Abbiamo ritrovato sotto il suo scarno alcuni frammenti di pietra di grandezza medio piccola, dello stesso materiale ovvero arenaria, che inizialmente non avevano molto da dirci, fino a che non abbiamo iniziato una blanda prova di restauro.
Siamo riusciti ad assemblare i pezzi, restituendo così quasi la completezza al basamento. L’eccitazione era grande, fino a che uno di noi, la persona che aveva assemblato i frammenti, non è stato colto da un ictus improvviso ed adesso è in coma all’ospedale più vicino senza sapere se si riprenderà. Non finisce qui questa successione di eventi bizzarri: per prendere aria mi sono fatto una lunga camminata fino ad arrivare all’apice più alto dove si può vedere il punto dello scavo e ho notato qualcosa che mi ha fatto accapponare la pelle, il masso del mio sogno. Esattamente quel masso che ho spostato per nascondermi. Giuro su Dio e su mia madre, era proprio quello. Dopo un momento di terrore ho realizzato che probabilmente avevo già visto quel masso e l’ho portato con me nei miei sogni.
Certo, deve essere andata così.

Parte III – Negli Eoni
04/05/1827
Giuro che non sto impazzendo.
Non ho idea di come finirà tutto questo ma sono sicuro, come l’onnipotente esiste, che io sono completamente sano di mente. Quello che sto vedendo e che credo di aver scoperto non è frutto dei deliri di un pazzo ma la più antica delle verità.
Come faccio a saperlo? Io sono un uomo di scienza e credo nei fatti ma quello che gli angeli mi stanno mostrando è chiaramente un avvertimento per non cadere preda nelle mani degli Antichi.
Ho fatto un altro sogno così reale da lasciarmi più di un segno, non solo nella mia anima ormai stanca.
La prima cosa che mi lascia una maligna sensazione addosso è che il sogno è ripreso esattamente dove si era interrotto la volta scorsa e quando l’ho realizzato mi si è spalancata una finestra su orrori antichi della memoria dell’uomo. Una voce vessava la mia mente, non era umana e nemmeno la lingua usata apparteneva a un linguaggio conosciuto in antichità, ricordava un gorgoglio blasfemo proveniente da abissi ignoti. Mentre quella cacofonia invadeva il mio apparato uditivo non sono riuscito a trattenere le mani dal coprirmi le orecchie.
Non so nemmeno io quale coraggio mi abbia spinto ad osservare quanto stava avvenendo oltre la pietra che mi nascondeva, so solamente che non potrò fare a meno di ricordare per sempre quell’orrore.
Venti esseri preumani dai tratti scimmieschi e nudi come il Creatore li ha fatti che suonano litanie blasfeme su quei tamburi, mentre uno di loro coperto di pelli sta incidendo sulla pietra quell’essere.

I suonatori sono al centro di questo empio rito e sembrano impossessati dal ritmo prodotto, che non ha nulla di sano. Riesco ad intravedere quasi la follia dai loro piccoli occhi scuri. Lo scultore imbraccia quelli che sembrano rudimentali strumenti in pietra selce, con la bava alla bocca mentre ripete parole di qualche idioma ormai perduto degli Eoni.
Infine l’orrore manifesto: quell’essere alto più di tre metri con un corpo di forma conica e una testa ad arco, dal colore che non riesco a nominare e che non esiste nella ruota cromatica umana. Puro raccapriccio assale la mia mente mentre lo guardo, e pur non avendo occhi visibili sento che mi sta fissando, che sta scrutando dentro di me per condurmi al baratro della follia.
Urlo senza più aria nei polmoni e mi sveglio per terra, non sul letto e ben lontano dalla mia residenza. Sono esattamente dove ero nel mio sogno, a piedi nudi e con le mani sporche di terra.
So che non sono pazzo e che questo è un messaggio di Dio, devo distruggere la stele di quel demonio arrivato dagli abissi.
L’incommensurabile orrore echeggia su questa terra e forse quel simulacro è solo in attesa di essere ricordato dai popoli che l’hanno condannato all’oblio. Non posso e non voglio immaginare cosa potrebbe accadere alle masse se sapessero quello che so io.
Quel maledetto suono di tamburi rimbomba ancora oggi nella mia testa e non comprendo perché solo io sono vittima di tutto questo.
Devo avvertire tutti! Chiunque metterà mani sul mio manoscritto sappia.
Le steli sono empie preghiere votive a creature abissali, ci sbagliavamo su tutto.
Quelle parole sono un eco maledetto di civiltà preumane, distruggetele.
Distruggetele tutte.

In una nota a piè di pagina dopo quest’ultimo scritto si legge uno sbiadito
“Ho fallito, stanno per venire a prendermi.” accompagnato da alcune tracce di sangue a piccole chiazze, come schizzi di un getto.
Dopo la lettura del manoscritto Alfonso Fioravanti ha affermato di aver sognato terre prive di civiltà in ere preumane. Ha dichiarato di aver visto un volto che lo fissava in ogni superficie riflettente, dalla testa ad arco come una grande U, e di aver sentito un rumore di tamburi proveniente dallo spazio profondo. Caduto in depressione ha lasciato la vita universitaria ma è stato ricoverato all’ospedale psichiatrico di Volterra – per un raptus di follia – nel 1905, il giorno in cui un contadino che stava dissodando un pianoro per ridurlo a coltura nella zona di Pontevecchio, nel comune di Fivizzano in località Bocciari, ha per puro caso portato alla luce nove statue stele.
In data odierna i reperti riportati alla luce sono circa ottantadue, di cui la maggioranza esposta a Pontremoli, nel Museo delle “statue stele lunigianesi” allestito nel Castello del Piagnaro.

L’AUTORE
Flavio Deri è nato il 18/10/1988 a Pontedera (PI). È diventato membro del Culto Lovecraftiano nel 2003, quando ha acquistato il suo primo libro del Sognatore di Providence. Iscritto alla H.P. Lovecraft Historical Society e supporter dell’Horror Writers Association, ha sempre desiderato dedicarsi alla scrittura andando oltre la creazione di campagne di gioco di ruolo da tavolo o dal vivo. Durante la pandemia, ha partecipato a concorsi letterari per antologie, e nel 2022 ha pubblicato il suo primo libro intitolato Appunti di un Sussurro, sempre con ambientazione Lovecraftiana, oltre a rientrare in pubblicazioni come Terrorea – De Rerum Natura della Horti di Giano, nella collana Universo di Lovecraft della Esescifi, nell’antologia Chimerica della PAV Edizioni. Per la Colomò Edizioni compare nell’antologia Strani Aeoni nn. 2 e 3Grimorial’Amaro in Bocca e ha curato la raccolta L’Orrido VerdeL’Ombra dietro la Miskatonic è il suo racconto lungo con la Delos Digital, si possono trovare altri suoi racconti su due numeri del progetto Racconti dal Profondo. Finalista in concorsi letterari come il TOHorror FestivalTerni Horror Festival e del Premio Esecranda.
Fiero membro del Gruppo Telegram Lovecraft Italia. Appassionato del genere Horror, ha dedicato la sua libreria personale a Lovecraft, con oltre cento volumi tra racconti, saggi, biografie, graphic novel e romanzi ispirati ai Miti.
Dal 2024 collabora con Planet Ghost con recensioni di libri e fumetti.



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Terraluna di Daniele Picciuti

Mi è stato gentilmente fatto dono di questo romanzo cyberpunk di quasi 300 pagine. Il cyberpunk è quel genere di fantascienza urban, sporca, distopica le cui narrazioni spesso ruotano attorno a indagini poliziesche. Terraluna non centra completamente il genere perché calca molto sul fantascientifico, ma non è certo una colpa, anzi arricchisce il suo arazzo.

Il racconto è corale e narra le vicende di Valerie, un’attivista per i diritti delle razze aliene, Fumiaki, un investigatore della polizia più macchina che uomo, Marco, un contrabbandiere, Sylvie, una dipendente di una compagnia assicurativa, e tutta una serie di comprimari. Per motivi non facilmente ricollegabili così ad occhio, i quattro si ritrovano ad avere a che fare con una serie di terrificanti quanto misteriosi omicidi su Terraluna. Questa città, questo mondo, è il nostro satellite trasformato in città-formicaio dopo l’esodo dalla morente Terra e dove la razza umana vive e ancora ha rapporti con tutto l’universo che ha scoperto, importando persone, merci e culture. Ovviamente l’omicidio non è mai solo fine a sé stesso, e le vite dei protagonisti finiranno sempre più intrecciate mano a mano che si scopre cosa ha portato a queste morti e a cosa fanno da preludio nello sconvolgere una società già terribilmente complicata di suo. Il libro ha un finale aperto, ma semplicemente perché “l’universo non finisce con la storia”.

Io sono molto cattivo coi libri che leggo, questo perché mi vizio solo con i grandi autori. Quindi, per non fare l’antipatico, parto dai numerosi pregi di questo scritto. Intanto l’ambientazione viene delineata benissimo e introdotta nei vari dialoghi e situazioni con abilità. C’è una cura particolare per vari dettagli di come funziona il mondo di Terraluna e tutto è sensato e acuto risultando così in una piena immersione del lettore. Allo stesso modo ci sono delle idee originali, soprattutto nel “grande mistero” del narrato che possono colpire i più e lasciarli stupiti dello svolgersi degli eventi. L’azione si legge bene e non è confusa, nemmeno quando la gente si spara (e di solito le sparatorie sono un macello da scrivere come si deve).
Il testo è impaginato molto bene, con ogni capitolo con una costola che dà l’effetto della città sullo sfondo. Inoltre è corredato da immagini, molte, che rappresentano i vari protagonisti. Queste immagini sono di qualità notevole e non so dire se siano disegnate o fatte con una AI (nel caso del sì è un malus, ma non sono capace di dirlo). Senz’altro invece mi sarei risparmiato di inserire altre immagini di landscape che risultano generiche e paiono solo riempitive.
Il narrato è quasi totalmente in prima persona, cosa che non mi piace per niente. Inoltre ogni capitolo ha come titolo il nome di uno dei personaggi (e talvolta di alcuni comprimari) e diventa tutto dal punto di vista di quella persona. A qualcuno può anche piacere e ne ammetto l’originalità, ma io l’ho trovato confusionario e rende anche più difficile affiatarsi davvero con un personaggio.
Proprio questi personaggi sono tanti e interessanti, ma con luci e ombre narrative. Intanto sono molto “umani” nel senso più brutto del termine. Ovvero che sono tutti un po’ stronzi chi per un motivo chi per l’altro (personalmente mi è piaciuto più che altro lo sbirro) e sono tutti arrapati. Non è strano, anche per le strade sono tutti arrapati, ma i libri di solito hanno più classe. Non è strano lo stesso perché si narra di una società decadente e comunque esistono libri drasticamente osceni mentre questo non lo è… risulta solo un po’ immaturo. Che siano tutti molto belli ci sta, che quasi tutti facciano un pensierino sul fare sesso con quasi tutti gli altri (e un paio di volte accada) sembra semplicemente eccessivo. C’era bisogno di così tanti commenti a tema?
Infine e questo è un parere mio, ma la recensione è la mia, sembra che l’autore (che è un autore di successo e io non sono nessuno, lo so) ad un certo punto avesse cambiato idea. Nel senso proprio che la trama cambia direzione in un modo abbastanza netto (ed è un bene perché l’inizio è abbastanza banale) e i personaggi pure ne vengono stravolti, non in modo incoerente, ma alcuni divengono ininfluenti, altri importantissimi, non c’è un vero motivo di questo cambiamento. È come se fosse passato del tempo, l’autore avesse cambiato idea e tutto quanto avesse preso un brutto scossone.
Il finale è ok, leggermente alienante (ma ci sono anche degli alieni quindi… va bene?) e non ha una chiusura così chiara. Si suddivide in epiloghi per ogni personaggio, ma queste “fini” si pestano i piedi a vicenda nullificandosi quasi tutte tra di loro.
In definitiva ci sono libri assai peggiori in giro e questo almeno si legge bene e ha dei tratti originali. Non lo avrei letto di mia sponte e non lo rifarò, ma se vi piace il cyberpunk e non vi fate troppi problemi su come ragionano i personaggi (e sulla scrittura in prima persona) vi piacerà.

Terraluna
Autore: Daniele Picciuti
Editore: Nero Press
Anno: 2024
Edizione cartonata e illustrata
Pagine: 240
Prezzo: 19,90 € – Ebook: 6,99 €
ISBN: 9791281435247

L’AUTORE
Daniele Picciuti è romano, classe 1974, vincitore e finalista di numerosi concorsi letterari, ha all’attivo varie pubblicazioni in ebook (per Nero Press Edizioni e Delos Digital) e in antologie multiautore, tra cui I clown bianchi per Clown Bianco Edizioni, 2017. Opere principali pubblicate: I Racconti del Sangue e dell’Acqua, edito da Nero Press Edizioni in formato illustrato; il romanzo thriller L’inconsistenza del diavolo (Golem Edizioni, 2017); il romanzo per ragazzi Eddie e Melo. Il segreto dei Roccafiore (Plesio Editore, 2018), storia fantasy dal taglio investigativo; il romannzo horror Dove arrivano le ombre (Nero Press Edizioni, 2021). A questa pagina trovate invece le sue pubblicazioni in self, tra cui la saga piratesca a tinte horror Cursed Sails e i romanzi bizzarro fantasy Nero Elfico (vincitore del Premio Cittadella 2016) e Giallo Nanico, tutti confezionati con una cura editoriale di qualità: Illupoelafenice.it

A cura di Marco Molendi



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La casetta degli orrori di Richard Friedman

La casetta degli orrori (Usa, 1987)

Regia: Richard Friedman. Genere: orrore, commedia. Paese di produzione: Stati Uniti d’America. Titolo originale: Doom Asylum. Anno: 1987. Durata: 77′. Interpreti: Patty Mullen (Judy LaRue / Kiki LaRue), Ruth Collins (Tina), Kristin Davis (Jane), William Hay (Mike), Kenny L. Price (Dennis), Harrison White (Darnell), Dawn Alvan (Godiva), Farin (Rapunzel).

Mitch e Judy sono una coppia di amanti che durante una fuga d’amore in auto, a causa di una distrazione al volante da parte di lui, finiscono fuori strada perdendo la vita. Durante l’autopsia Mitch si risveglia e realizzando che la sua Judy non è più in vita uccide due dottori. Nell’arco di dieci anni l’ospedale dove fu portato Mitch è diventato un luogo abbandonato, e un gruppo di cinque amici si recano lì per fare un pic-nic, dove incontreranno un trio di ragazze punk molto aggressive che erano lì per fare le prove per il loro concerto. Ma Mitch è ancora in quei corridoi in preda a sanguinosi istinti omicidi e metterà a dura prova gli istinti di sopravvivenza dei malcapitati ragazzi.

Doom Asylum (questo il titolo originale) è un film diretto da Richard Friedman (Scared Stiff, Diario di un Fantasma, Dark Wolf, Born) del 1987 di genere horror-comedy ma anche etichettato come trash. Infatti presenta tutte le caratteristiche tipiche di questo aspetto, ovvero protagonisti idioti ed iper-stereotipati, che fanno cose idiote, prendono decisioni idiote che si ritorceranno automaticamente su di loro (praticamente la morte se la vanno a cercare) e pronunciano battute banali e scontate (con un discutibile doppiaggio) ed effetti splatter casarecci. In aggiunta a tutto ciò troviamo un villain il quale, nella scena dell’autopsia, si risveglia (sottoforma di zombi o altro mostro non identificato) e spinto da istinti omicidi (non avendo metabolizzato la perdita della sua adorata Judy) compie una vera e propria strage con l’uso di strumenti chirurgici, facendo di quel luogo (ospedale o manicomio non si capisce molto) la sua fissa dimora, vagando per quei corridoi con un camice insanguinato e tanto di valigetta da dottore (nella quale tiene i suoi strumenti per uccidere) e pronunciando battute ad effetto al termine di ogni omicidio dando così quel tocco comedy al film. L’ambientazione del manicomio abbandonato e fatiscente che fa da cornice alla vicenda ben si presta allo svolgersi degli eventi, nel suo essere labirintico pone lo spettatore sempre sul “chi va là” in quanto l’assassino può sbucare in qualsiasi momento e da qualsiasi parte. Il cast con la loro scarsità di interpretazione contribuisce ad arricchire la componente trash del film, tra cui si segnala la prima apparizione della star di Sex and The City Kristin Davis (che interpreta Jane, una componente dei ragazzi che fanno il pic-nic). C’è anche spazio per un momento di serietà nel finale ma sempre con una discutibile interpretazione, giusto così per non distaccarsi troppo dalla qualità del film

Un prodotto scalcinato come le mattonelle dei corridoi del luogo dove è ambientato, senza alcuna logica nelle azioni e nella sceneggiatura quasi da sembrare un prodotto Troma, ma con un unico intento, quello di far divertire lo spettatore… e in questo ci riesce alla perfezione. Un trashone che per i fan del genere è un appuntamento da non perdere!

A cura di Marco Scognamiglio



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Disponobile Sharkology di Nicola Bassano

La Redazione GHoST presenta Sharkology, l’interessante saggio di Nicola Bassano dedicato al cinema degli squali edito da Weird Book.

Gli occhi inespressivi e privi di emozione, il movimento rapido e costante, l’innato comportamento predatorio: lo squalo è il protagonista perfetto di uno degli incubi più celebri e duraturi del cinema contemporaneo. Campione di voracità e perfidia, ha catturato l’immaginario di intere generazioni, scatenando, dagli anni ’70 in poi, una frenesia di sequel e ispirazioni che hanno consacrato la nascita di un sottogenere unico e affascinante. Con Sharkology. Guida completa al cinema degli squali, lo storico del cinema Nicola Bassano ci guida alla scoperta della sharksploitation, l’universo cinematografico dedicato a questa creatura letale, dalle sue origini fino al 2024. L’autore passa in rassegna ben 138 film, partendo dai primi esperimenti degli anni ’30 fino ad arrivare alle produzioni più recenti, segnando come spartiacque l’uscita de Lo squalo di Steven Spielberg nel 1975, film che ha cambiato per sempre il modo di vedere il mare e il cinema. In questo viaggio, Bassano non si limita a elencare i film, ma analizza in profondità i tópoi, le regole e le peculiarità che hanno reso questo sottogenere così coinvolgente e amato. A completare l’opera, una serie di interviste inedite a registi e produttori che a distanza di cinquant’anni dall’uscita di Jaws, continuano ad aggiornare e modernizzare un filone ancora capace di esplorare temi e concetti di grande attualità. Sharkology è la prima guida esaustiva pubblicata in Italia interamente dedicata al fenomeno sharksploitation.

SCHEDA TECNICA
Titolo: Sharkology – Guida completa al cinema degli squali
Autore: Nicola Bassano
Editore: Weird Book
Collana: Insomnia
Genere: Saggio
Pagine: 240
Prezzo: 25,90 €
Formato: 15 x 22 cm
ISBN: 979-12-81603-24-0


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