In utero di Luca Bonatesta

La Redazione GHoST presenta In utero, il nuovo video targato ClubGHoST & Ipnotica, un video-audio racconto tratto da un’opera originale di Luca Bonatesta e narrato da Massimiliano Ruzzante.

Il video è stato caricato sul nuovo canale You Tube ufficiale del Club GHoST:
https://youtube.com/@clubghost1994
che prossimamente ospiterà altre innumerevoli iniziative.
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Horror Talks Volume 1 di Lorenzo Ricciardi

Horror Talks. Il cinema horror raccontato dai protagonisti. Volume uno: da Non aprite quella porta a Shining

Questo libro è la prima parte di un’opera in quattro volumi sul cinema horror. Presenta un taglio accattivante e coinvolgente, grazie alle molte interviste ai registi, agli interpreti, ai protagonisti che raccontano influenze, aneddoti, curiosità, esperienze inaspettate attorno ai grandi film, ai cult, alle opere che hanno fatto scandalo e influenzato il punto di vista sugli orrori della società. Oltre alle interviste, sono raccolte le schede dei film e i ritratti dei registi, in un quadro completo su uno dei generi cinematografici più amati. Il primo volume di Horror Talks è dedicato agli anni Settanta, da Non aprite quella porta a ShiningRoman PolanskiDardano SacchettiTobe HooperDavid HessJohn CarpenterWes Craven e moltissimi altri protagonisti dell’horror si raccontano in un viaggio completo e affascinante dedicato a una stagione tra le più innovative del genere: autori che Lorenzo Ricciardi ha intervistato di persona in tanti anni di esperienza come saggista e critico. Si tratta di un libro unico e completo, destinato a diventare un punto di riferimento per tutti gli amanti del mistero, agile e utile per una consultazione ripetuta.

Horror Talks è un ambizioso progetto di Lorenzo Ricciardi, amante del cinema horror fin da ragazzo e apprezzato saggista con alle spalle diverse pubblicazioni ed è concepito come una sorta di piccola enciclopedia di 4 volumi. Quello che prendiamo in esame è il primo di questa quadrilogia, un volume di quasi 300 pagine pubblicato a fine 2024 dai tipi di Falsopiano, che inizia esaminando i cosiddetti “capostipiti” del moderno genere horror; a partire da una delle prime pellicole “splatter”, quel seminale Blood feast del 1963, o il demoniaco Rosemary’s baby di PolanskiRicciardi ripercorre nel suo saggio altre pellicole divenute dei classici come La notte dei morti viventi, passando per L’esorcistaNon aprite quella porta e all’iconico slasher Halloween che chiude gli anni settanta, addentrandosi fino ai primi film di quella che sarà la decade più florida e di successo del genere horror: la “golden age” degli anni ottanta.

Il volume oltre all’apparato critico dell’autore con le schede dei film più importanti del periodo preso in esame, raccoglie un impressionante numero di interviste ai protagonisti di quelle pellicole, tra registi, attori (tra cui spicca Sigourney Weaver) e sceneggiatori oltre al mago degli effetti speciali come Tom Savini. Preziose e prestigiose testimonianze queste quasi tutte esclusive di Lorenzo Ricciardi, raccolte nel corso degli anni e che approfondiscono il “dietro le quinte” dei film con curiosi e gustosi aneddoti.

Tra tutti gli intervistati menzioni particolari vanno al “padrino” del genere splatter come Herschell Gordon Lewis con il suo già citato Blood feastRoman Polanski (Rosemary’s baby); il leggendario Wes Craven (L’ultima casa a sinistraLe colline hanno gli occhi) e a mostri sacri quali William Friedkin (L’Esorcista) e Tobe Hooper (Non aprite quella porta), fino ai grandi registi italiani di genere quali Ruggero Deodato (Cannibal Holocaust) e il maestro del thriller/horror Dario Argento con i suoi capolavori Suspiria e Inferno, oltre a omaggi d’eccezione ad altri registi imprescindibili quali Lucio Fulci e George Romero.

Da segnalare inoltre le numerose foto in bianco e nero delle scene dei film trattati. La prefazione è curata da uno dei più importanti e prolifici sceneggiatori italiani di genere come il decano Ernesto Gastaldi.

Consiglio vivamente questo volume per tutti gli amanti del cinema di genere, con la speranza di non dover attendere troppo per la pubblicazione degli altri tre volumi che comprenderanno gli anni 80/90 e il primo ventennio degli anni 2000.

L’AUTORE
Lorenzo Ricciardi è uno scrittore italiano apprezzatissimo per i suoi saggi dedicati all’horror e al thriller. Tra i suoi numerosi libri Stephen King. L’altra metà oscura (2017) e Rob Zombie. Il circo degli orrori (2020). Horror Talks. Volume 1 è la prima parte di un progetto ambizioso e completo sull’horror cinematografico.

Horror Talks. Il cinema horror raccontato dai protagonisti. Volume uno: da Non aprite quella porta a Shining
Autore: Lorenzo Ricciardi
Prefazione: Ernesto Gastald
Editore: Edizioni Falsopiano
Anno: Dicembre 2024
Pagine: 288
ISBN: ‎978-8893042802
Prezzo: 22,00 Euro

A cura di Massimiliano Ruzzante



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ACAB la serie di Michele Alhaique

ACAB: la serie (2024)
Produzione: Cattleya (e Netflix)
Adattamento e Sceneggiatura: Filippo Gravino, Carlo Bonini, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini
Regia: Michele Alhaique
Cast: Adriano Giannini, Marco Giallini, Valentina Bellè, Pierluigi Gigante

Alcuni di noi (me incluso) hanno avuto la fortuna di vedere A.C.A.B. (All Cops Are Bastards) nel 2012. È un grande film che poi fa parte della trilogia della criminalità romana di Sollima. Un prodotto duro, cattivo, che ti fa male dentro e che nonostante tutto è così reale. Ben dodici anni dopo ci ritroviamo con una serie che ne è il seguito e che ci ripropone, in sei episodi, le vicende della celere di Roma.

Un gruppo di poliziotti è in servizio contro i manifestanti No-TAV. Ci sono caos, urla, esplosioni, violenza, sembra una guerra. Lo è anche per i morti e i feriti quando una bomba viene lanciata tra le fila della polizia ferendo gravemente uno degli agenti. Una squadra della celere di Roma parte alla vendetta e insegue un gruppo di manifestanti nei boschi, malmenandoli brutalmente e mandandone uno in coma.
Questi i primi minuti di ACAB e la premessa di una storia che poi continua narrando le vicende personali degli agenti che si snodano, in una spirale di dolore e violenza, sempre all’ombra di questo iniziale massacro e sul motto, da una parte visto come inno e dall’altro come maledizione: “Celerino: figlio di puttana!”

Io amai il film, penso di averlo visto cinque o sei volte. Ha il pregio di disegnarti bene una realtà della quale siamo più o meno coscienti (ed è quanto mai attuale visto che, mentre scrivo queste parole, la polizia e i manifestanti si affrontano in mezza Italia dopo che i Carabinieri hanno ucciso un ragazzo). Calzi bene quelle scarpe, ma sono scomode. Vieni calato dentro quelli che sembrano dei mostri, gente che ammazza i ragazzi di botte, che nasconde le prove, che fa squadra nel senso più mafioso del termine, eppure non riesci a non empatizzare con loro. Sono dei disgraziati, sono vittime di una società che spesso li odia e non sempre ha ragione, sono guerrieri senza una guerra, ma costretti a comportarsi come tali. Sono mostri creati su misura da una società mostruosa. È quasi impossibile non immedesimarsi in molti di questi soggetti e non provare la rabbia che provano loro, anche se solo guardandoli attraverso uno schermo, e dopo sentire la vergogna quando ti rendi conto quanto escono dagli schemi. Per quanto sia facile vederlo come un film di denuncia politica (o magari alcuni ci vedranno solo un’esaltazione dei loro eroi) in realtà io trovo che parli più di esseri umani, del dramma e magari, quello sì, di uno stato incapace e corrotto che crea mostri e lo fa su entrambi i lati della barricata.
È una serie violentissima, cruda, drammatica, diretta magistralmente (una parte è girata come un film di zombie, pazzesco!). Le scene di combattimento sono realistiche e ben girate, la musica tiene su il passo di ogni scena senza sovrastarle mai e gli interpreti sono veramente nella parte (Ammetto di avere un debole per Marco Giallini). La serie è moderna, irretisce (l’ho vista tutta d’un fiato nonostante le oltre cinque ore), potrebbe avere altri cento episodi e continuerebbe a tenere il ritmo. Non ha un vero inizio, non ha una vera fine e non pesa, dipinge un quadro e lo fa fin troppo bene già così. Potremmo dire che riprende esattamente la formula del vecchio film con personaggi quasi tutti nuovi (si salva giusto Mazinga). C’è sempre il nuovo che è buono, ma viene trascinato nella violenza. Ci sono ancora una banda di uomini distrutti che ha una sola famiglia ed è la squadra. C’è ancora una fine aperta che si spiega da sé e si ricollega facilmente a un possibile nuovo inizio.
Non è una serie facile, non è una serie che tutti potranno capire, ma vi assicuro che è molto bella.

A cura di Marco Molendi



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Disponibile L’innerspace e l’inumano - La “Terza Frontiera”

Esce per la collana Avatar la raccolta di racconti L’innerspace e l’inumano – La “Terza Frontiera” nei sogni, negli incubi, nelle trascendenze, nello spleen distopico, la terza puntata di una ricerca liminale che, nell’esplorazione di Sandro Battisti, contempla un nuovo step di indagine del confine tra umano e inumano.

In rigoroso ordine di lettura, gli autori presenti in questo volume sono: Maddalena MarcariniStefano SpataroMaico MorelliniYanuk LurijameEmiliano MaramonteGiovanni De MatteoLukha B. KremoMarco MilaniElisa FrancoGiulia AbbateFranco RicciardielloRoberto FurlaniCarmine Mangone.

Il volume è disponibile in cartaceo e in ebook su www.kipple.it, nelle librerie e nei principali store online; la copertina è di Ksenja Laginja.

SINOSSI
…questi racconti ci mostrano l’interazione dell’intimo umano con l’inumano e così, amati lettori, trovate voi stessi il punto d’ascensione attraverso i testi che preferite e poi specchiatevi nei loro riflessi, cercando il confine tra umano e inumano, il raccordo tra l’ascesi psichica e quella dimensionale, ascoltando ciò che il disincarnato ha da dirvi quando v’infilate nel buco nero del vostro kernel psichico: sognare è libertà, percepire è costrizione; questi sono i limiti che la nostra condizione incarnata ci pone, attraverso cui potrete muovervi sulla “Terza Frontiera”…

ESTRATTO – Dall’intro di Sandro Battisti
Lo sciamanesimo non è una religione, ma un insieme di pratiche e credenze che gravitano intorno a varie tecniche dell’estasi, cerimonie e rituali che favoriscano il contatto diretto con essenze soprannaturali allo scopo di recare benefici ai singoli e alla comunità di cui lo sciamano fa parte: sempre benefico, è medicine man, diagnostica malattie grazie all’aiuto degli spiriti e sempre grazie al loro ausilio favorisce la guarigione, volando con il corpo astrale in altre dimensioni per recuperare l’anima del malato rubata dalle entità sfavorevoli; oppure, se il malato ha subìto l’intrusione da parte di uno spirito, si adopera per liberarlo dall’intruso, con il soccorso dei suoi spiriti adiutori che spesso hanno forma di animali, o degli antenati. Divina il futuro e accompagna, in qualità di psicopompo, i defunti nell’aldilà mentre propizia magicamente il buon esito della caccia; sovrintende a riti sacrificali.

(Angelo Tonelli – Negli abissi luminosi)

— Oggi sappiamo che il pensiero si diffonde in quanti di energia, come la luce, e che l’energia è tramutabile in materia.
— State dando corpo all’inconscio collettivo; la gente non riesce più a distinguere tra incubo e realtà, i sogni non sa più nemmeno cosa sono.
— Be’ era proprio questa la finalità del sistema: spegnere i sogni perché non sono governabili, mentre gli incubi sì; sovversione e terrorismo nascono dai primi, anche se magari si convertono nei secondi.

(Valerio Evangelisti – Fuga dall’incubatrice)

Il margine è per eccellenza il luogo del meraviglioso e del fantastico: è il punto d’incrocio tra il noto e l’ignoto, dove s’incontrano forme e luoghi favolosi e il diaframma tra l’umano e il divino si assottiglia. Nel margine, tradizionalmente, gli eroi compiono le loro prove iniziatiche aprendo il varco tra il reale e il fantastico. Il margine non è l’ignoto, ma una porta aperta su esso: è uno spazio e non la sua assenza o fine, è un luogo in cui s’incontrano gli estremi che sono normalmente esclusi dall’esperienza umana, cioè il mostruoso e il divino.

(Giulio Guidorizzi – Il racconto degli dèi)

Simbologie oltre le frontiere antropiche
mostrano istanti privati di creatività surreale.

LA QUARTA
La Terza Frontiera si colloca nel nostro innerspace. Qui l’inumano comunica con l’uomo usando un lessico da interpretare e genera un nuovo limes, il cui orizzonte appare come un vasto arenile prosciugato, un’aspersione di cenere psichica sparsa sopra i nostri cluster cognitivi: lasciandosi attraversare da ciò che umano non è, siamo arrivati al limitare d’ogni intima interazione immaginabile, il buco nero dell’esistenza attira e fa precipitare nell’interiore.
L’innerspace non è soltanto una condizione interiore, è soprattutto l’introiettarsi di dimensioni sconosciute, spesso destabilizzanti, a contatto con l’inconcepibile.
Gli scrittori presenti hanno fornito la loro interpretazione della Terza Frontiera, del limes che stritola o libera, delle chimere eviscerate dalle ossessioni, dei simbolismi arcaici che esplorano un universo simile al nostro, da vivere senza costrizioni, ansie o smanie di possesso.

GLI AUTORI
In rigoroso ordine di lettura (introduzione del curatore Sandro Battisti): Maddalena MarcariniStefano SpataroMaico MorelliniYanuk LurijameEmiliano MaramonteGiovanni De MatteoLukha B. KremoMarco MilaniElisa FrancoGiulia AbbateFranco RicciardielloRoberto FurlaniCarmine Mangone.

LA COLLANA
Avatar è la collana di Kipple Officina Libraria dedicata ai romanzi e grandi capolavori prettamente italiani del Fantastico e della SF, opere contraddistinte dalla cura meticolosa dei testi e dalle ampie visioni autoriali.
Il logo della collana sintetizza perfettamente il circolo del tempo, delle conoscenze, degli eventi nascosti; l’iperbole del Fantastico per spiccare il volo nella fantasia più sfrenata e meravigliosa.

L’innerspace e l’inumano – La “Terza Frontiera” – a cura di Sandro Battisti
Autore: AA. VV.
Copertina: Ksenja Laginja
Editore: Kipple Officina Libraria
Collana: Avatar
Formato cartaceo: Pag. 192 – 15.00€ – ISBN 978-88-32179-95-8
Formato ePub: Pag. 205 – 3.95€ – ISBN 978-88-32179-96-5

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L’intruso di Deon Taylor

L’intruso (Usa, 2019)
Regia: Deon Taylor. Soggetto e Sceneggiatura: David Loughery. Fotografia: Daniel Pearl. Montaggio: Melissa Kent. Musiche: Geoff Zanelli. Case di Produzione: Screen Gems, Hidden Empire Film Group, Primary Wawe Entertainment. Durata: 102’. Paese di Produzione: Stati Uniti d’America, 2019. Lingua Originale: Inglese. Interpreti: Dennis Quad (Charlie Peck), Michael Ealy (Scott Russell), Meagan Good (Annie Russell), Joseph Sikora (Mike), Lili Sepe (Cassidy Peck/Vanessa Smith), Debs  Howard (Reception Clerk).

The Intruder (titolo originale) è un film nordamericano dal taglio molto televisivo che ho recuperato su Rai 4, il canale digitale del thriller e del noir, ma che è apprezzabile (senza spese) anche su Rai Play. Scott (Ealy) e Annie (Good) vogliono fare un figlio e non hanno intenzione di vivere in città, per questo comprano una casa della Napa Valley chiamata Foxglove dal suo vecchio proprietario, Charlie Peck (Quaid). Tutto molto ordinario sino a questo punto, ma le stranezze cominciano quando ci accorgiamo che Charlie non ha nessuna intenzione di abbandonare la casa. Inoltre sono troppe le cose che non tornano sul losco figuro che mostra una predilezione per Annie e un’antipatia per Scott. La moglie di Charlie sarebbe morta di cancro, ma le ricerche di Scott fanno scoprire una decesso per presunto suicidio, inoltre pare che la figlia che vive in Florida non voglia avere più niente a che fare con il padre. Basta con la trama, il film presenta un crescendo di tensione e una suspense palpabile che non va sciupata con anticipazioni fuori luogo. Il regista dimostra di saperci fare con i meccanismi del cinema thriller, diffonde indizi a tempo debito, incasella suggestioni horror in una storia nerissima, schizza qua e là un po’ di erotismo, infine gira molto bene una sceneggiatura di David Loughery che non concede tregua allo spettatore. La regia alterna parti oniriche e ricordi a momenti di pura suspense vissuti in diretta, così come le immagini inserite ad arte con personaggi che compaiono e appaiono fanno parte della tensione narrativa. Inutile dire che il montaggio di Melissa Kent è perfetto, 102’ di narrazione sono la misura adatta per il film, mentre la fotografia di Daniel Pearl è soffusa di chiaro scuri evocativi e di luminose panoramiche. Colonna sonora di Geoff Zanelli interessante, in tema con la storia. Interpreti molto ordinari, soprattutto Ealy e Good nei panni dei coniugi che vivono un vero e proprio incubo, mentre Dennis Quad sfoggia la giusta folle espressione tra le pieghe dei sorrisi. Se proprio vogliamo trovare difetti a una pellicola di puro intrattenimento che non aspira alla qualifica di capolavoro, diciamo che la storia sa molto di già visto e di già detto, inoltre il finale è abbastanza scontato. Un buon thriller nordamericano che cita Shining nel momento più alto della follia di Charlie, quando fracassa una porta per dare la caccia ai coniugi. Consigliato per gli amanti del thriller psicologico e dell’horror non soprannaturale.

A cura di Gordiano Lupi



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Le dodici ore di Vic di Francesca Cavallero

[…] Vic riapre gli occhi solo quando la musica si spegne.
Il locale è ancora deserto: può vederlo riflesso nella superficie di uno specchio opaco, intorno allo scarabocchio del suo viso sulla patina di polvere. Ma sentendosi ancora lo sguardo di Gus puntato fra le costole, sospira, strofinandosi le braccia. Il fuoco sta arrivando.
– Ciao e vaffanculo, Gus! – saluta in fretta, guadagnando l’uscita e spalancando la porta di lamiera. I pannelli impeciati e rugosi che
costituiscono il sontuoso ingresso del Reus si richiudono alle sue spalle con un clangore sordo.
Fuori, il sole inchioda raggi nelle pupille e Nitens, la città liberata, respira piano sotto un manto di brina. […]

Le dodici ore di Vic di Francesca Cavallero è edito da Delos Digital per la collana Chew-9 al numero 58, a cura di Lorenzo Fontana e Andrea Tortoreto. In un futuro segnato da guerre interplanetarie e rivolte politiche, Le dodici ore di Vic segue la storia di Victoria “Vic”, una cacciatrice di criminali di guerra nella devastata città di Nitens. Dipendente dal Chew-9, una droga capace di farle rivivere eventi passati attraverso le tracce lasciate sui luoghi del massacro, Vic è una donna segnata dal senso di colpa e dalla dipendenza. Il suo incarico è identificare e smascherare i responsabili del colpo di Stato che ha annientato Nitens, portando alla guerra con Capella IV. Ma quando una serie di sparizioni inizia a minacciare i civili, Vic si trova coinvolta in un’indagine che la costringerà a confrontarsi con i fantasmi del suo passato e con la natura della giustizia in un mondo che sembra aver dimenticato ogni umanità.
Francesca Cavallero firma un romanzo breve di forte impatto, unendo fantascienza distopica e investigazione in un intreccio denso di atmosfera e disperazione. La scrittura è precisa, immersiva e potente, capace di delineare un mondo distrutto dalla guerra con descrizioni vivide e dettagliate.
Il ritmo serrato e la narrazione in prima persona immergono il lettore nella mente di Vic, tra azione, indagini e momenti di cruda introspezione. La protagonista è un personaggio straordinariamente complesso, che affronta la propria missione con una determinazione autodistruttiva.
Le dodici ore di Vic è un’opera potente e ben scritta, che unisce dramma personale e critica sociale in un universo fantascientifico cupo e spietato. Una lettura imperdibile a un costo decisamente irrisorio.

L’AUTRICE:
Francesca Cavallero è nata nel 1982. Cresciuta in Val Bormida, nell’entroterra ligure, ha un dottorato di ricerca in Arti, spettacolo e tecnologie multimediali. Ha vinto il Premio Urania 2018 con il romanzo Le ombre di Morjegrad, pubblicato nella collana Urania Mondadori nel 2019. Nello stesso universo narrativo sono ambientati il suo secondo romanzo (Il sangue delle madri, apparso su Urania Jumbo nel 2022) e tre racconti (Dimenticare gli uragani, pubblicato in calce a Urania Collezione nel 2020; Ninfe Sbranate e Chora, pubblicati su antologie Urania Millemondi, rispettivamente, nel 2020 e nel 2023).

Le dodici ore di Vic
Autore: Francesca Cavallero
Editore: Delos Digital
Pagine: 67
Costo: 2,99 €

A cura di Flavio Deri



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Dentro le pietre di Joseph Payne Brennan

« È inconcepibile per me » scrisse il mio amico investigatore psichico Lucius Leffing « che qualunque persona di razionale percezione e sensibilità, possa passare un lungo periodo della sua vita in una specifica abitazione senza lasciare qualcosa di se stesso impregnato, per così dire, dentro le pietre, legno o cemento del posto. »
Come vividamente mi ricordai di questa affermazione, qualche tempo dopo! Ma incominciamo dall’inizio.
Ero stato lontano da New Haven per molti anni e ritornai in uno stato abbastanza depresso fatto di ricordi e di rimpianti.
La mia salute non era buona. La febbre reumatica dell’infanzia aveva alla fine danneggiato il cuore. Inoltre, avevo un disturbo agli occhi. Il nervo ottico era inspiegabilmente infiammato; la luce forte mi faceva soffrire. Nell’oscurità e nella luminosità attenuata, comunque, potevo vedere abbastanza bene, anche se in realtà io sentivo che la mia visione stava diventando anormale.
Dopo aver affittato una stanza in una delle poche aree residenziali rimaste (che non erano ancora state contaminate dal diffuso contagio dell’umana e sociale degenerazione) io incominciai a fare lunghe passeggiate lungo le vie della città. Di solito sceglievo le giornate nuvolose, quando il sole era nascosto; quando il cielo era coperto e la luce grigia, anziché bianca, i miei occhi smettevano di farmi male e io potevo passeggiare in relativa tranquillità.
La città era molto cambiata. Talvolta riuscivo a malapena a capire dove mi trovavo. Interi isolati con piccole casette erano stati spazzati via. Enormi strutture nuove, efficienti ma brutte, sorgevano da tutte le parti. Perplesso, io frequentemente mi rifugiavo nel non ancora distrutto parco comunale, il Bosco come era chiamato qui. Comprendevo comunque che questo ultimo rifugio alberato era sotto assedio; vari interessi erano in moto per coprire quell’oasi di verde col cemento, allo scopo di creare un immenso parcheggio a pagamento.

Un pomeriggio di tardo ottobre quando il cielo minacciava la pioggia uscii per una passeggiata. La mancanza del sole riposava i miei occhi; l’aria fredda in qualche modo mi calmava. Per circa un’ora camminai senza meta. Per un improvviso capriccio decisi di visitare una parte della città che avevo fino ad allora trascurato. Ero vissuto in questo quartiere quando ero bambino, oltre 40 anni fa. Anche se avevo solo 3 anni quando la mia famiglia si trasferì, avevo ricordi vividi di quella casa ed i suoi dintorni.
La casa era a due piani, rossa di mattoni, costruita solidamente, localizzata al numero 1248 di State Street. Quando vivevo là, un grande olmo stava di fronte alla costruzione. Sul retro c’era un ampio terreno incolto che si stendeva fino alla via adiacente, ed era un campo da gioco ideale.
In seguito l’olmo era stato abbattuto, il terreno quasi interamente riempito di case popolari e l’intero quartiere si era avviato verso il declino.
Mentre mi avvicinavo a quella vecchia area, ero spaventato da ciò che vedevo. Alcune case erano state abbattute; altre erano vuote, mostrando vetri rotti, porte fracassate e verande crollate. In un isolato ogni casa era vuota e parzialmente in rovina. Ero stupefatto e sconcertato. Non avevo visto una desolazione simile fin dai tempi della guerra.
Sotto questo grigio cielo di ottobre, con la nebbiolina che stava per arrivare, vedevo uno dei più squallidi scenari che si potessero immaginare. Provavo un’intensa oppressione spirituale, e mentre seguitavo a camminare lungo quelle vie stranamente deserte, il mio scoramento aumentava.
Finalmente incontrai un passante già tutto intabarrato in un giaccone invernale. Mi guardò sospettosamente quando gli chiesi perché lì c’erano così tante case fracassate e vuote.
« Perché qui deve passare la nuova superstrada 91 » lo sconosciuto mi rispose affrettando il passo.
Anche se adesso avevo appreso che c’era una razionale spiegazione per tutta quella desolazione, non mi sentivo affatto meglio. Ero fermamente convinto che sarebbe bastata una semplice modifica al tracciato della nuova superstrada per farla passare attraverso terreni piatti e paludosi, distanti appena poche miglia da lì. Il costo di questa deviazione sarebbe stato solo una frazione di quello da sostenere per la demolizione di tutti quegli edifici.

Mi aspettavo che la casa della mia prima giovinezza fosse già stata abbattuta. Provai quindi una leggera esultanza nello scoprire che essa stava ancora là. Ho detto leggera perché naturalmente sapevo che era condannata a sparire. Già le finestre erano rotte, la porta scardinata e parte della siepe antistante era stata abbattuta dal passaggio di camion e ruspe.
Mentre la guardavo ricordavo chiaramente episodi di oltre 40 anni prima e riflettevo sulla precarietà in cui vivono gli abitanti delle piccole città. Per scelta, o più probabilmente per necessità, questi cittadini si spostano da una casa all’altra. Non hanno stabilità, non hanno continuità. Quando qualcuno visita il proprio vecchio quartiere può scoprire che quella sua precedente abitazione è scomparsa. Il luogo può essere stato occupato da un progetto di urbanizzazione per villini a schiera, o da un blocco di garage oppure da un grande posteggio a pagamento.
La casa, gli alberi, il cortile, perfino il marciapiede e la strada possono essere stati rasi al suolo e cancellati. Chi ritorna poi in quei posti prova una sensazione di sconfitta, un senso di sbigottimento, di caos. Un uomo incomincia allora a sentire che sta perdendo la propria identità oppure che, veramente egli ormai non possiede più un’identità. Così egli si sente sperduto nel tempo, senza passato né futuro. Non c’è più nulla dove egli possa ritornare, niente di permanente dove possa continuare a vivere nell’incerto futuro. Isolato, intristito, alla deriva, questo individuo sperimenterà pertanto una solitudine dello spirito che nulla può calmare. Migliaia di abitanti delle moderne città si sentono sradicati, affannati in cerca di un focolare, di una abitazione che condivida il sapore del tempo, di un posto caldo e continuativo sulla terra che li unisca con il proprio passato e con un futuro nel quale è ancora possibile di avere la speranza.
Con questi pensieri deprimenti nella testa io stavo davanti alla perduta casa di mattoni rossi della mia infanzia. Provai l’impulso di entrare, ma supposi che non era sicuro, e molto probabilmente era anche proibito.

Scendeva l’oscurità. La nebbiolina si ispessiva e io ancora indugiavo in quel luogo.
Mi allontanai da quella casa da demolire nella quale avevo abitato a lungo e vagai per strade desolate, sbirciando attraverso finestre rotte e porte scardinate che non sarebbero più state aperte da una mano amica.
In alcune finestre, tendine marcite e annerite, che nella confusione dell’affrettato trasloco erano rimaste lì, fluttuavano nel freddo vento di Ottobre. Strani pezzi di mobili, piatti e altri ornamenti stavano sparsi sul pavimento. Intere vite erano trascorse in alcune di quelle case. Ora queste vecchie dimore erano diventate solo rifugi vuoti, in attesa della totale e finale distruzione.
L’intera area sembrava deserta, silenziosa, prosciugata da ogni forma di vita. Perfino il solito rumore della città arrivava lì stranamente attutito e lontano.
Vagai senza speranza oppresso dalla desolazione che mi circondava, però desiderando accanitamente di rimanere ancora lì.
La nebbia si ispessì, l’oscurità si fece totale e io non me ne andai via.
Malgrado l’oscurità potevo vedere abbastanza bene.
Questa anormale abilità la attribuii alla mia allergia alla luce forte. Sentivo che questa condizione era dovuta alla infiammazione del mio nervo ottico, della quale ho già parlato.
Attraversai un viale, stranamente luccicante per i pezzi di vetri rotti di alcune finestre, e mi fermai per osservare una casa, grottescamente inclinata, col tetto crollato. Era una piccola abitazione bianca, costruita con economia e nonostante ciò vidi che il proprietario, una volta, la aveva accudita teneramente. Aveva un colore luminoso; la piccola cassetta per le lettere era lucidata; e un vecchio giardino ormai incolto e tutto calpestato circondava il luogo. Così assorto nei miei pensieri guardavo questa casa desolata attraverso la nebbia sempre più fitta; fu allora che vidi una faccia alla finestra del pianterreno. Era il viso di un vecchio, bianco, sofferente, pieno di una inesprimibile desolazione.

Lo guardai stupefatto. Il mio primo pensiero fu che fosse un vagabondo penetrato nella casa abbandonata con lo scopo di trascorrere la notte. L’umidità, probabilmente gli accentuava i reumatismi.
La faccia sconosciuta continuava a guardarmi; andai via, sentendomi a disagio, e rabbrividii, incolpando la nebbia fredda.
Avevo attraversato un gruppo di case quando vidi una donna. Enormemente grassa, stava seduta su una sedia di vimini nella veranda semidistrutta di una casa a due piani. Portava occhiali con lenti spesse che parevano riflettere un chiarore proveniente da sorgenti nascoste. Non c’era la luna, sicuramente, e non vedevo luci artificiali nei paraggi.
Ero stupito, ma supposi che alcune persone abitassero ancora illegalmente nelle vecchie case di quel quartiere, in attesa di trasferirsi nelle loro nuove residenze in costruzione. Provai l’impulso di affrettare il passo, di tirare dritto senza guardarmi più intorno. Invece, testardamente e contro il mio buon senso, non lo feci.
Anzi, feci una sosta, mi schiarii la voce e dissi: « Buonasera ».
La donna grassa non mi rispose; non diede segno di avermi sentito. Probabilmente, pensai, oltre ad avere la vista corta era anche un poco sorda.
Avanzai di qualche passo nel vialetto e ripetei ad alta voce: « Buonasera ».
Allora sbattei le palpebre sbalordito. La sedia di vimini era vuota! Mi fermai di colpo e la guardai. Prima, per un istante, avevo abbassato gli occhi sul marciapiede per essere sicuro di non inciampare sui detriti; in quei pochi secondi probabilmente la donna si era alzata ed era rientrata in casa.
Ero meravigliato. La donna era grassa, però si era spostata con una stupefacente rapidità. Mi voltai, e tornai sul marciapiede allontanandomi.
Supposi che la donna fosse consapevole di stare lì abusivamente ed era rientrata in fretta in casa per evitare discussioni con uno sconosciuto.
Mentre mi allontanavo mi voltai indietro. Rividi ancora lo scintillio dei suoi occhiali; la donna grassa adesso stava di nuovo sulla sedia di vimini. Qualcosa, più che la nebbia turbinante mi fece rabbrividire. Raggelato, affrettai il passo.

Era tardi, mi dissi, sarebbe stato meglio lasciare in fretta quelle sconnesse strade nebbiose e tornare a casa per farmi una buona tazza calda di the.
Camminavo rapidamente, ma non potevo fare a meno di guardare le case in rovina, mentre ci passavo davanti.
Improvvisamente mi fermai. Il cuore mi batteva forte. Una fredda ondata di paura mi formicolava sulla pelle. Con occhi e bocca spalancata guardavo attraverso quel tenue muro di nebbia e sentivo che il raziocinio e la sanità mentale mi stavano abbandonando.
Quasi metà di quelle case diroccate e abbandonate adesso erano tutte chiaramente occupate. Vidi pallide facce tristi sbirciare da una dozzina di differenti finestre. Oscure, nebbiose figure sedevano dentro alcuni porticati. Un vecchio, contorto dai dolori reumatici, lavorava fiaccamente in un minuscolo giardino. Una donna di mezza età, pallida come la morte, ma con una espressione di rabbia sconsolata stampata sulla faccia, si guardava intorno standosene vicino ad un cancello rotto.
Peggiore di queste erano altre visioni. Vidi una sedia a dondolo muoversi dentro ad un portico, anche se non c’era nessuno seduto. Scorsi una mano simile a un artiglio aggrappata ai mattoni di un edificio. Nell’orto di una casa mezza distrutta notai ciò che sembrava essere una testa di donna, senza corpo, con un grande cappello di paglia, che si muoveva lentamente nell’intrico di una trascurata aiuola di fiori.
Sentivo la morsa della vicina pazzia. Non provavo più nessun desiderio di restare a guardare. La fuga immediata e imperativa diventò il mio unico scopo.
Corsi forsennatamente attraverso tutte quelle vie abbandonate e non abbandonate pieno di paura come se fossi inseguito da un cane. Corsi finché il mio cuore resse e poi un forte senso di vertigine mi prese.
Arrivato comunque lontano da quel posto maledetto con tutte quelle bianche facce mostruose, la nebbia appiccicosa e uno strano grande silenzio, io crollai sulla soglia di una casa.
Alcune ore dopo raggiunsi l’albergo e sprofondai nel letto. Per giorni rimasi in stanza ammalato. Il mio cuore era affaticato dallo sforzo e inoltre manifestavo i segni di una pleurite. Mentre giacevo a letto, meditai sulla mia spettrale esperienza nelle vie del mio vecchio quartiere, fra quelle case silenziose.

Mi convinsi che i miei occhi infiammati e ultrasensibili mi avevano ingannato, che solo la nebbia vagante e la mia immaginazione erano state la causa di tutto.
Ma, settimane dopo, quando raccontai la mia avventura all’amico investigatore psichico Lucius Leffing, lui scosse la testa dopo la mia spiegazione.
« Sono fermamente convinto, » mi disse « che né i tuoi occhi infiammati né la tua immaginazione, abbiano evocato i fantasmi che hai descritto. Come ti scrissi recentemente è inconcepibile che una persona di razionale percezione e sensibilità possa passare un lungo periodo della vita in una abitazione, senza lasciare qualcosa di sé impregnata, per così dire, dentro le pietre, nel legno o nel cemento di quella costruzione. Ciò che hai visto erano i residui psichici delle povere anime scomparse che, da generazioni, hanno trascorso la vita in quelle case che ora stanno per demolire. I loro resti psichici sono rimasti attaccati a quelle abitazioni e, come tu mi hai raccontato, alcuni di essi sono ormai così consumati e sbiaditi da apparire ancora solo come dei semplici frammenti… frammenti di povere anime sperdute e senza pace! »

NOTE
Racconti rari dell’orrore riscoperti da Sergio Bissoli. “Dentro le pietre” di Joseph Payne Brennan, titolo originale: “In the Very Stones”, pubblicato nel 1973 in “Stories of Darkness and Dread”, edito da Arkham House, tradotto da Sergio Bissoli e pubblicato per la prima volta su Planet Ghost.


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Night of the Killer Bears di Kanphong Banjongphinij

Night of the Killer Bears (Thailandia, 2022)
Regia: Kanphong Banjongphinij. Produttore: Lee Thongkham. Fotografia: Wade Muller. Musiche: Bruno Brugnano. Genere: Commedia, Horror. Durata: 95′. Paese di Origine: Thailandia, 2022. Titolo originale: The World of Killing People. Interpreti: Sananthachat Thanapatpisal (Aim), Pattadon Jan-Ngern (Win), Khemanit Jamikorn (Som), Tao Sattaphong Phiangphor (Note), Panisara Rikulsurakan (Nan), Akalavut Mankalasut (Chang).

Aim, con il fidanzato Win e gli amici Tony, Nan e Chang prenota in un anonimo e sperduto resort per trascorrere un week-end di relax e divertimento. Dopo aver fatto il check-in con un poco accogliente receptionist, i ragazzi prendono possesso delle camere ma i loro rapporti cominciano ad avere una brutta piega quando Chang tira in ballo il suo amico Ken morto tempo fa per una sfida di tuffi in mare evitabile. Ma questo è solo l’inizio dell’interruzione della loro armonia… dei strani killer, infatti, con indosso maschere da orsi di peluche faranno la loro comparsa con l’intenzione di uccidere i ragazzi. Per quale motivo si trovano lì? Che siano collegati in qualche modo alla tragedia di cui parlava Chang?

“Ted incontra Terrifier”, è questo lo slogan con cui si presenta allo spettatore questo slasher/home invasion thailandese del 2022 diretto da Kanphong Banjongphinij. Il film parte con tutte le buone intenzioni di questo mondo per poi cadere nella banalità tipica dei film con protagonisti giovani ragazzi con tutti i loro annessi stereotipi, scendendo nella commedia con il personaggio Tony (il solito ragazzo dalla battuta pronta, che prende tutto alla leggera, fissato con le donne e con tanta voglia di non fare nulla dalla mattina alla sera) e da qualche musichetta di sottofondo buttata lì a caso. Il film comincia a prendere la giusta piega quando appaiono gli “orsi assassini” (come citati nel titolo dai toni Romeriani) i quali fanno venire in mente i killer mascherati da animali di You’re Next di Adam Wigard del 2011, ma paragonarlo a Terrifier mi sembra un’eresia per ben due motivi; il primo è che la quantità di splatter non si avvicina minimamente al film di Damien Leone; il secondo sono gli effetti speciali per i quali si è ricorso all’utilizzo della CGI che seppur ben fatta salta facilmente all’occhio dello spettatore. La traballante sceneggiatura fatta di alti e bassi però include degli interessanti twist nella trama che riguarda non solo gli assassini ma anche i protagonisti. Il cast è composto da attori che ben si adattano al tipo di prodotto, chiamati a svolgere il compitino con dialoghi essenziali e non troppo impegnativi. Finale abbastanza prevedibile, visto lo svolgersi degli eventi.

Un film che verrà ricordato per quello che avrebbe potuto essere, ovvero un film ricco di suspence, frenetico e con effetti speciali di livello. Un leggero sapore di amaro pervade lo spettatore una volta arrivato ai titoli di coda ma ammetto che c’è di molto peggio in circolazione.

A cura di Marco Scognamiglio



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Gli scrittori dei Racconti di Dracula – Puntata 6

La Redazione GHoST presenta il nuovo video targato ClubGHoST & Ipnotica sugli scrittori dei Racconti di Dracula. Si tratta della sesta puntata, dedicata a Paul Carter (Gualberto Titta), di un programma di Max Ferrara e Sergio Bissoli.

Il video è stato caricato sul nuovo canale You Tube ufficiale del Club GHoST:
https://youtube.com/@clubghost1994
che prossimamente ospiterà altre innumerevoli iniziative.
Per non perdere tutte le novità a riguardo quindi vi invitiamo a iscrivervi al canale attivando la campanella per le notifiche.




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Denti da latte – Solo Ossa di Luca Ruocco

[…] Anche i gusti alimentari dei due Mostri che stiamo mettendo a paragone potrebbero essere definiti simili… Ma col Morto Vivente mancano del tutto eleganza, romanticismo e arguzia… E poi quella carne marcia e quell’andatura lenta e dinoccolata. Putrefazione continua, i denti sempre sporchi di pezzetti di cervello di altri esseri viventi. No, decisamente non ci siamo! […]

Denti da Latte – Solo ossa di Luca Ruocco ed edito da Bakemono Lab. Illustrato da Stefano Tambellini è il proseguo di Denti da latte – una storia di vampiri cattivi cattivi!
In questo testo la prefazione è di Claudio Chiaverotti, sceneggiatore Bonelliano, nello staff di Tiziano sclavi. La sua penna è su diversi numeri di Dylan DogSturmtruppenZona X e Martin Mystére oltre a essere creatore di Brendon e Morgan Lost.
L’autore riflette sul proprio rapporto con l’horror, che definisce controverso, essendosi avvicinato al genere solo in età adulta. Nonostante ciò, riconosce il fascino esercitato dall’horror su di lui nel tempo.
Il romanzo Solo Ossa viene descritto come un horror nel senso più etimologico del termine, ovvero caratterizzato da elementi soprannaturali e spaventosi, ma non necessariamente splatter. Al centro della storia ci sono temi tipici del romanzo di formazione: la difficoltà di crescere, le amicizie adolescenziali, la diversità e i turbamenti interiori. La peculiarità sta nel fatto che questi elementi vengono affrontati attraverso la prospettiva di un gruppo di vampiri.
Chiaverotti paragona il romanzo a un racconto fantastico o a un film di Tim Burton e lo accosta alla sua esperienza nel cortometraggio I vampiri sognano le fate d’inverno? in cui esplorava il tema della perdita dell’identità vampirica. In Solo Ossa, invece, la narrazione ruota attorno a un gruppo di vampiri in cerca della memoria storica di un giovane della loro specie.

Passando all’opera:
Solo Ossa segue le vicende di Vali, un giovane vampiro che si distingue per la sua natura atipica: non beve sangue, non si trasforma in pipistrello e non teme la luce del giorno. È il figlio di Bela, un vampiro aristocratico, e vive in un mondo popolato da creature della notte, frequentando la scuola per vampiri Nido del Chirottero.
La storia prende una piega particolare quando, durante una delle “pescate vampiriche” in un cimitero – una pratica con cui i vampiri cercano di salvare i loro simili sepolti dagli umani – Vali e suo padre Bela scoprono un antico vampiro ridotto a sole ossa. Questo vampiro è stato imprigionato in una bara per quattrocento anni, ma, nonostante l’assenza di carne e tessuti, è ancora “vivo” nella sua condizione di non-morto.
Portato nel castello di Bela, il vampiro scheletrico viene nutrito con sangue B+, ma non mostra segni di ripresa. Sembra avere perso ogni ricordo della sua identità e del suo passato, inclusa la sua capacità di assumere una forma fisica completa.
Ancora una volta, l’autore riesce a creare una storia che non solo si adatta a un pubblico giovane, ma si rivela anche una lettura piacevole per i lettori più esperti. Solo Ossa mescola horror, ironia e riflessione in un racconto di formazione dall’estetica gotica e burtoniana. Un libro capace di affascinare diverse fasce d’età, particolarmente consigliato agli amanti di storie come Coraline di Neil Gaiman, Il Circo della Notte di Erin Morgenstern e i racconti di Ray Bradbury.

L’AUTORE:
Luca Ruocco è autore, sceneggiatore e critico cinematografico. Guarda solo film coi mostri. Nel 2010 fonda InGenereCinema.com, Gazzetta del Cinema e della Cultura Horror, del Fantastico, del Bizzarro e dello Straordinario, che tutt’ora dirige. Nel 2016 scrive e dirige Dylan Dog – 30 anni di incubi, il primo documentario ufficiale sul fumetto di Tiziano Sclavi, prodotto da Studio Universal con Sergio Bonelli Editore. Dal 2012 è uno degli organizzatori del Fantafestival, il più longevo festival italiano dedicato al cinema di genere fantastico e dal 2020 è parte del comitato editoriale di Heroes International Film Festival. Tra il 2019 e il 2023 ha creato e sceneggiato il format a episodi Il Giro dell’Horror, docuserie dedicata all’horror made in Italy. Nel 2022 ha pubblicato per Bakemono Lab il suo primo romanzo horror per ragazzi, Denti da Latte – Una storia di Vampiri cattivi cattivi! e nel 2024 Denti da latte – Solo Ossa.
Insieme a Ivan Talarico nel 1999 crea la produzione indipendente DoppioSenso Unico.

Denti da latte – Solo Ossa
Autore: Luca Ruocco
Editore: Bakemomo Lab Edizioni
Pagine: 139
ISBN: 9788894826845
Costo: 14,00 €



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