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Re-Animator 2 di Brian Yuzna

Il dottor Herbert West riprende gli esperimenti interrotti dopo il massacro alla Miskatonic Medical School. Produce un nuovo siero in grado non solo di ridare vita ai morti, ma addirittura alle singole parti di un cadavere. Per convincere il collega Dan Cain ad aiutarlo, gli prospetta la possibilità di creare una donna con membra rianimate e utilizzando il cuore della defunta fidanzata.  
La particolarità che più colpisce di Bride of Re-Animator/Re-Animator 2, sequel diretto dal produttore del primo film Brian Yuzna nel 1990, non è tanto il fatto che sia girato quasi tutto in interni (in fin dei conti era così anche Re-Animator e come si sa, Stuart Gordon ha una formazione teatrale); la qual cosa risulta con maggiore evidenza nella scena iniziale, ambientata durante una guerra civile in Perù, con l’infuriare del conflitto che avviene fuori campo. Dopotutto, una scelta di questo tipo può anche essere resa necessaria dal budget ridotto. Ciò che lo caratterizza, fin dalla prima inquadratura, e che lo differenzia dal primo capitolo – dominato da tonalità chiare (bianco e verde-azzurro), è l’esatto opposto: la quasi costante presenza fotografica del nero e di colori scuri, tenebrosi. È perlomeno questa la sensazione che si ha dopo averlo visto. Certo, può non sembrare una caratteristica così particolare, trattandosi di un horror. Questa oscurità sembra però voler ricreare le atmosfere caratteristiche di molti orrorifici e fantascientifici del cinema classico – ovvio il riferimento al capolavoro di James Whale Bride of Frankenstein
In questo rifarsi alle pellicole di un glorioso passato – senza eccessivi ammiccamenti cinefili, comunque – può essere accostato, e alcuni effetti speciali lo citano esplicitamente, a uno dei migliori titoli degli anni Ottanta, L’ululato di Joe Dante. La commistione tra un soggetto truculento e necrofilo – nemmeno tanto trasgressivo, in realtà, dal momento che il protagonista Dan Cain tra la fidanzata rianimata e la nuova fiamma (viva) sceglie la seconda - e una certa ingenua leggerezza gotica lo rende unico nel suo genere: se lo si guarda bene, ci si rende conto che Bride of Re-Animator non cerca quasi mai di provocare lo spavento, di creare tensione, suspense, di terrorizzare lo spettatore. Cosa che accade invece in Gordon (e ad esempio in quello che può essere considerato il capolavoro di Yuzna, Society). Dovendosi confrontare con un film a suo modo perfetto, il regista sceglie un atteggiamento ludico/destrutturante, non guerresco; entrambi sono alla base di molto cinema fanta-horror – in generale e degli ultimi trent’anni in particolare. Si vedano La casa 2 di Raimi piuttosto che tutti i film prodotti e/o diretti da Tarantino o Aliens di Cameron, ecc. In Re-Animator 2 prevale, appunto, il giocoso, più ancora che in Re-Animator – d’altra parte anche l’orgia finale di Society cos’è se non un cruento, perverso gioco di società? Un ludico che però non va confuso con gli stilemi narrativi ereditati dai video-game che stanno contraddistinguendo quasi tutta la fantascienza, gli action/avventurosi e generi affini della nostra epoca: citiamo come esempio la serie di Resident Evil, dove gli zombi hanno perso la valenza politica che avevano in Romero – affievolitasi comunque nelle ultime opere del maestro di pari passo con la loro sempre minore carica eversiva e cruenta - per diventare soltanto un bersaglio da abbattere. In Yuzna siamo dalle parti del gioco tra bambini, non particolarmente sanguinoso, tanto che in certi momenti il rapporto tra West e Cain ricorda quello comico/anarcoide di alcune grandi coppie del passato: Laurel e Hardy e ancor di più Jerry Lewis e Dean Martin. Almeno un paio di sequenze vengono da lì. Nella prima, West ridona vita a cinque dita e un occhio, che formano una bizzarra creatura che sfugge al suo controllo e comincia ad aggirarsi per la casa. Proprio in quel momento giunge il tenente Chapman, che sta investigando sui fatti accaduti sei mesi prima alla Miskatonic Medical School, compresa la morte della moglie, poi rianimata e ricoverata in un reparto di alienati (interessante questo parallelo tra i rianimati e i folli). Il poliziotto vuole parlare con West e Cain. La componente umoristica della scena consiste nel fatto che i due sanno dell’esistenza della creatura e ogni tanto la vedono muoversi, addirittura passare dietro il poliziotto seduto sul divano, il quale un paio di volte nota in loro degli strani atteggiamenti ma non si accorge della presenza delle dita che sembrano un curioso animaletto. La conclusione della scena vede il tenente schiacciare senza rendersene conto la creatura con un pesante libro richiuso e sbattuto sul divano.
Nella seconda, Cain ha invitato a cena Francesca, una giovane reporter italiana conosciuta durante l’esperienza nella guerra civile. I due fanno l’amore mentre West, proprio come un bambino alle prese con i suoi giochi e distaccato dal mondo degli adulti, irritato e distratto dai rumori provenienti dalla camera al piano superiore, continua gli esperimenti ridando vita a una gamba e cominciando a baloccarsi con le dita dei piedi che si animano, accarezzandole e suonandole come se si trattasse delle corde di un’arpa. La cosa sembra poi fargli tornare in mente ciò che stanno facendo l’amico e la ragazza e smette – lo sguardo di West che fatica a celare l’invidia e/o la gelosia nei riguardi di Cain è una sottigliezza che non si trova certo in tutti i b-movies horror. Ed è qui che Yuzna rivela quanto la sua operazione horror a cuore aperto sia un gioco di derivazione surrealista, che sta tra le associazioni deliranti di Dalì («la donna spettrale sarà la donna smontabile»), i freaks di Tod Browning e gli incubi punk di Clive Barker. West infatti prosegue il suo lavoro affidandosi all’ispirazione del momento: vede un braccio e decide di innestarlo nella gamba dopodiché versa un abbondante dose di siero e da vita a un’altra folle creatura. La quale appena rianimata prima gli tira un calcio in faccia poi lo afferra alla gola. Solo con grande fatica West riesce a liberarsene, a metterla in un sacco e a murarla in una cripta del cimitero adiacente la casa, da cui nel finale si leveranno tutte le mostruose creature desiderose di vendetta.
Caratterizzando il suo personaggio con alcuni – non sempre lievi - tocchi, Yuzna aggiorna la figura dello scienziato pazzo che crede di poter emulare dio donando la vita e riesce solo a creare deformità, follia, disperazione. Egli certo nasce dalla tradizione letteraria e cinematografica del Mad Scientist (sempre meno praticata dagli autori fantasy contemporanei) ma in realtà è più un deraciné, un disadattato, probabilmente con dei problemi sessuali, un misantropo forse paranoico (un pallino del regista, se si considera come viene definito Billy dalla sorella in Society, uno dei film più paranoici della storia). Tale dimensione demenziale/allucinatoria, soltanto suggerita da Yuzna – ma almeno una scena parrebbe sottolinearla in maniera evidente: quella nel quale West parla con la testa mozzata e conservata del dr. Hill (qui poi il regista raddoppia i punti di vista forse con eccessiva disinvoltura inserendo la soggettiva dalla testa), rimanda a un’interessante dicotomia, anche questa dopotutto di derivazione surrealista. Il pensiero, la razionalità, quindi il cervello, la testa, contrapposto alle membra e agli organi che vuole controllare e dominare; a cominciare dal cuore, che resta solo e privo di vita (ma chi può dirlo?) nell’ultima inquadratura di un film nel quale Yuzna si diverte a modo suo a far trionfare i buoni sentimenti in un microcosmo devastato, dove il cattivo è una testa che addirittura si fa innestare le ali per poter volare e a uscire da sottoterra sono i vivi e non i morti.   
      
a cura di Roberto Frini